Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 8346 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 8346 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 24/11/1997
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1, E’ impugnata la sentenza della Corte di appello di Messina, che ha confermato la decisione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con la quale NOME COGNOME è stato dichiarato colpevole dei reati di furto all’interno di una struttura alberghiera (art. 624 bi – 61 n. 5 cod. pen.) e di violazione di domicilio (art. 614 co. 1 e 4 cod. pen. ), e condannato alla pena di giustizia.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, avvocato NOME COGNOME che si affida a un unico motivo, enunciato nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen., con il quale denuncia erronea applicazione dell’art. 624-bis cod. pen. e vizi della motivazione in riferimento alla nozione di privata dimora e al principio di non occasionalità del compimento di atti della vita privata nel luogo in cui viene consumato il furto. In particolare, il furto era avvenuto all’interno d un hotel che risultava da tempo non più destinato alla funzione tipica recettiva, come acclarato nel processo ed emergente dalla stessa sentenza impugnata. Poiché il furto è avvenuto in un luogo da tempo non aperto al pubblico, che neppure occasionalmente ospitava clienti, né alcuno vi svolgeva attività lavorativa, non può ritenersi che il delitto si stato perpetrato in un luogo di privata dimora, neppure nel senso di luogo di lavoro, secondo la nozione fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità. Si sottolinea come a distanza di breve tempo dal furto, la società proprietaria della struttura è stata dichiarata fallita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
1.Gli elementi delineati dalla giurisprudenza costituzionale come caratterizzanti il “domicilio” e ritenuti indefettibili per garantire la copertura costituzionale dell’art. 14 Cost (ovvero che si tratti di un luogo in cui sia inibito l’accesso ad estranei e sia tale da garantir la riservatezza ovvero la impossibilità di essere “percepito” come tale dall’esterno anche senza necessità di una intrusione fisica) sono stati evidenziati già nella sentenza delle Sezioni Unite n. 26795 del 28/03/2006, Prisco, Rv. 234269, secondo cui per « luogo di privata dimora», deve intendersi quello adibito ad esercizio di attività che ognuno ha il diritto di svolgere liberamente e legittimamente, senza turbativa da parte di estranei, precisando che il concetto di domicilio individua un particolare rapporto con il luogo in cui si svolge la vita privata, in modo da sottrarre la persona da ingerenze esterne, indipendentemente dalla sua presenza. Questo non implica, peraltro, che tutti i locali dai quali il possessore abbia diritto di escludere le persone a lui non gradite possano considerarsi luoghi di privata dimora, in quanto lo ius excludendi alios rilevante ex art. 614 cod. pen., non è fine a sè stesso, ma serve a tutelare il diritto alla riservatezza, nello svolgimento di alcune manifestazioni della vita privata della persona, che l’art. 14 Cost. garantisce, proclamando l’inviolabilità del domicilio, cosicchè, « il concetto di domicilio non
può essere esteso fino a farlo coincidere con un qualunque ambiente che tende a garantire intimità e riservatezza» ( Sez. Un. COGNOME, cit.; conf. Sez. 6, n. 49286 del 07/07/2015, COGNOME, Rv. 265703; Sez. 6, n. 1707 del 10/11/2011, dep. 2012, Trapani, Rv. 251563; Sez. 1, n. 24161 del 13/05/2010, Accomando, Rv. 247942; Sez. 1 n. 30566 del 07/03/2019, COGNOME, Rv. 276603).
2.In un successivo approdo, le Sezioni Unite hanno esaminato specificamente la questione della applicabilità della nozione di privata dimora di cui all’art. 624 bis cod. pen. ai luoghi di lavoro, ed hanno affermato che «Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 624 bis cod. pen., rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico né accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività lavorativa o professionale» (Sez. Un. , n. 31345 del 23/03/2017, COGNOME, Rv. 270076; conf. la successiva giurisprudenza, cfr, tra le altre, Sez. 5 n. 17954 del 18/02/2020 Rv. 279207). Le Sezioni Unite hanno adottato una logica interpretativa restrittiva della nozione di privata dimora, constatando una sua visibile, passata dilatazione ermeneutica nella giurisprudenza di legittimità, a volte evidentemente stridente con il principio di maggior offensività che deve sempre guidare il giudice chiamato a valutare una fattispecie dalle connotazioni di maggior severità sanzionatoria rispetto all’ipotesi di furto “base”. Muovendo dalla lettera del testo normativo, il Supremo Consesso ha delimitato il campo applicativo della previsione dell’art.624-bis cod. pen., includendovi i luoghi che siano stati adibiti «in modo apprezzabile sotto il profilo cronologico allo svolgimento di atti della vita privata, non limitati questi ultimi soltanto a quelli della vi familiare e intima (propri dell’abitazione)», nonché i luoghi che, ancorché non destinati alio svolgimento della vita familiare o domestica, abbiano, comunque, le caratteristiche dell’abitazione. Secondo tale ultima pronuncia, gli indici ai quali ancorare la classificazione di un luogo come di privata dimora sono tre: «a) utilizzazione de/luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attività professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilità e non da mera occasionalità; c) non accessibilità del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. Successivamente a tale arresto, la giurisprudenza di legittimità si è posta il problema dell’attuale configurabilità del reato in relazione a edifici che versino in condizioni di cattiv stato di manutenzione, per l’impossibilità o la mancanza di volontà dei proprietari di occuparsene. Sui tema, già Sez. 4, n. 1782 del 18/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275073 ha ritenuto integri la nozione di privata dimora, secondo le indicazioni delle Sezioni Unite, l’immobile che, seppure non abitato ed in cattivo stato di manutenzione, tuttavia non sia abbandonato, facendo leva soprattutto sul carattere di stabilità del rapporto che leghi il iuogo fisico con la vita privata del titolare del diritto e sul fatto che la dimora abbia un
concreta connotazione che la riconduca alla personalità del titolare. Nella specie, sintomo di tale connotazione è stata ritenuta proprio la circostanza che nell’abitazione in cattivo stato di manutenzione fossero custoditi comunque ancora mobili di valore. Altre, successive pronunce, hanno ripreso la distinzione, ai fini della nozione di privata dimora, tra luogo disabitato e in cattivo stato di manutenzione e luogo abbandonato(Sez. 4 n. 1782 del 18/12/2018 (dep.2019 )Rv. 275073;conf.Sez. 4 n. 27 678 del 23/06/2022 Rv. 283421; RV. 282976); Sez. 5 n. 15639 del 23/03/2022, Rv. 282976).
4.Tornando al caso in scrutinio, e a mente delle indicate coordinate, va, in primo luogo, osservato che una struttura alberghiera, in particolare le camere destinate ad accogliere gli ospiti, e le relative pertinenze, sono, funzionalmente e ontologicamente, luoghi dove un individuo compie atti della propria vita privata, del tipo di quelli enucleati in sentenza, in via riservata e con la possibilità di esercitare un incondizionato ius excludendi alios.
4.1. Nel caso di specie, la Corte di appello, ha rilevato che la struttura alberghiera, pur in disuso, nel senso che non era aperta alla clientela, non era, tuttavia, abbandonata, come reso evidente dalla presenza di arredi ed elettrodomestici funzionanti nella struttura e nelle camere dell’hotel e di sistemi di videosorveglianza attivi, qualificando il luogo nel quale si era introdotto il ricorrente ai sensi dell’art. 624 bis cod. pen., coerentemente con i ricordati precedenti di questa Corte, espressamente richiamati nella sentenza, che distinguono, ai fini della nozione di privata dimora, tra luogo disabitato e in cattivo stato di manutenzione e luogo
abbandonato(Sez. 4 n. 1782 del 18/12/2018 (dep.2019 )Rv. 275073;conf.Sez. 4 n. 27 678 del 23/06/2022 Rv. 283421; RV. 282976); Sez. 5 n. 15639 del 23/03/2022, Rv. 282976).
4.2. La valutazione della Corte di appello è, dunque, corretta, in quanto conforme a un indirizzo più volte ribadito da questa Corte.
4.3. Può aggiungersi, alla luce degli indicatori enunciati dalle Sezioni Unite ‘COGNOME‘, che una struttura alberghiera – a prescindere dall’attualità dell’uso secondo la funzione propria – è un luogo che ha una intrinseca, ontologica, destinazione abitativa, caratteristica che connota, ex sé, il luogo come privata dimora, che è nozione, va ricordato, più ampia di quella di abitazione, riferendosi, come detto, al luogo in cui la persona compia, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata. Nell’ipotesi in esame, il ricorrente si è impossessato di arredi anche costituenti la dotazione indispensabile dì una struttura alberghiera (televisori), ed è indubbio l’interesse al legame stabile dei proprietari con la struttura ricettiva, in una pertinenza della quale, peraltro, il titolare si trovava all’atto de commissione del furto, benché apparentemente quasi abbandonata, così come è ravvisabile la rivendicazione del corrispondente, tradizionale elemento di fattispecie costituito dallo ius exciudendi alios, come dimostrato dall’intervento immediato sul luogo, del titolare, al momento della commissione del reato e dall’immediato allarme dato.
4.3. A prescindere, quindi, dalla circostanza che si sia al cospetto di un luogo abbandonato
che è accertamento in fatto, non sempre verificabile dallo stesso giudice di merito – ciò a cui occorre dare rilievo, ai fini in esame, è il dato oggettivo delle caratteristiche intrinseche o della destinazione data al bene. Nel caso di specie, per quanto osservato, la struttura de qua era intrinsecamente e funzionalmente destinata allo svolgimento di atti della vita privata.
5.AI rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 09 gennaio 2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME