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Privata dimora: furto in hotel dismesso è aggravato

La Corte di Cassazione ha stabilito che un furto commesso all’interno di un hotel non più in attività si qualifica come reato aggravato ai sensi dell’art. 624-bis c.p. La struttura, sebbene dismessa e non aperta al pubblico, non era considerata ‘abbandonata’ data la presenza di arredi, impianti funzionanti e sistemi di sorveglianza. Secondo la Corte, la qualifica di privata dimora non viene meno solo per la temporanea inattività, poiché la sua destinazione intrinseca è quella di ospitare atti della vita privata, e il proprietario manteneva un legame con essa, esercitando il suo diritto di escludere terzi.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Furto in hotel dismesso: quando si configura l’aggravante della privata dimora?

La nozione di privata dimora è un concetto cardine nel diritto penale, soprattutto quando si tratta di reati contro il patrimonio come il furto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 8346/2025) ha offerto un importante chiarimento: un hotel, anche se chiuso al pubblico e non operativo, può ancora essere considerato una privata dimora ai fini dell’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 624-bis del codice penale. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale che valorizza la destinazione funzionale e intrinseca di un luogo, piuttosto che il suo utilizzo attuale.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un individuo condannato in primo e secondo grado per furto e violazione di domicilio, commessi all’interno di una struttura alberghiera. La difesa dell’imputato aveva costruito il proprio ricorso su un punto specifico: l’hotel era da tempo non più destinato alla sua funzione recettiva, non ospitava clienti né vi lavorava personale. Poco dopo il furto, la società proprietaria era stata dichiarata fallita. Secondo la tesi difensiva, non si poteva quindi parlare di un luogo di privata dimora, ma di un semplice edificio dismesso, rendendo inapplicabile la specifica e più grave fattispecie di reato.

L’analisi della Cassazione sulla Privata Dimora

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, fornendo una motivazione dettagliata e ricca di riferimenti giurisprudenziali. I giudici hanno sottolineato che la questione centrale non è se il luogo sia attualmente utilizzato, ma se abbia perso la sua connotazione di spazio destinato alla vita privata.

La Corte ha richiamato la distinzione fondamentale tra un luogo disabitato e un luogo abbandonato. Un immobile può essere disabitato e persino in cattivo stato di manutenzione, ma non per questo essere considerato “abbandonato”. L’abbandono implica una rottura completa del legame tra il proprietario e il bene. Nel caso di specie, la presenza all’interno dell’hotel di arredi, elettrodomestici funzionanti e, soprattutto, di un sistema di videosorveglianza attivo, dimostrava inequivocabilmente che i proprietari non avevano reciso il loro legame con la struttura e intendevano ancora proteggerla.

Le Motivazioni della Decisione

Il fulcro del ragionamento della Cassazione risiede nella natura stessa di una struttura alberghiera. Un hotel, per sua ontologia e funzione, è un luogo deputato a ospitare atti della vita privata delle persone (riposo, svago, etc.), anche se in modo transitorio. Questa sua caratteristica intrinseca non svanisce semplicemente perché l’attività commerciale è sospesa.

La Corte ha ribadito che la nozione di privata dimora è più ampia di quella di “abitazione” e serve a tutelare la riservatezza e l’intimità della persona, garantite dall’art. 14 della Costituzione. Richiamando le sentenze delle Sezioni Unite, ha ricordato i tre indici per qualificare un luogo come privata dimora:

1. Utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata in modo riservato.
2. Durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, caratterizzato da una certa stabilità.
3. Non accessibilità del luogo da parte di terzi senza il consenso del titolare (il cosiddetto ius excludendi alios).

Nel caso specifico, l’intervento immediato del titolare sul luogo del furto e l’allarme dato sono state viste come una chiara manifestazione del suo ius excludendi, confermando che la proprietà non era affatto considerata “terra di nessuno”. La struttura, benché in disuso, conservava la sua essenza di luogo destinato alla sfera privata.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione rafforza un principio di diritto di notevole importanza pratica: la protezione accordata alla privata dimora non dipende dall’uso contingente che se ne fa, ma dalla sua destinazione funzionale e dal persistente legame del titolare con essa. Un edificio temporaneamente inutilizzato, come un hotel chiuso o una casa di villeggiatura, rimane un luogo tutelato se non vi è una chiara volontà del proprietario di abbandonarlo. Questa decisione rappresenta una garanzia per i proprietari di immobili e un monito per chiunque pensi che un luogo apparentemente vuoto sia privo di tutela legale.

Un hotel chiuso al pubblico può essere considerato “privata dimora” ai fini del reato di furto aggravato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, un hotel, anche se temporaneamente non operativo, mantiene la sua natura intrinseca di luogo destinato allo svolgimento di atti della vita privata. Se non è completamente abbandonato dal proprietario (come dimostrato dalla presenza di arredi o sistemi di sicurezza), il furto al suo interno è aggravato.

Qual è la differenza tra un luogo “disabitato” e un luogo “abbandonato” secondo la giurisprudenza?
Un luogo “disabitato” è semplicemente non utilizzato al momento, pur mantenendo un legame con il proprietario che vi conserva beni o manifesta interesse. Un luogo “abbandonato”, invece, è quello su cui il proprietario ha perso ogni interesse e legame, di fatto rinunciando alla sua protezione. Solo quest’ultimo perde la qualifica di privata dimora.

Cosa dimostra che un proprietario non ha abbandonato un immobile in disuso?
La presenza di beni di valore, arredi, elettrodomestici funzionanti o sistemi di sicurezza attivi (come la videosorveglianza) sono elementi che dimostrano il persistente legame del proprietario con l’immobile. Anche l’immediato intervento a seguito di un’intrusione è una chiara manifestazione del diritto di escludere terzi (ius excludendi alios).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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