LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Principio di specialità: truffa e reati tributari

La Corte di Cassazione, applicando il principio di specialità, ha confermato l’annullamento di un sequestro preventivo, stabilendo che una condotta fraudolenta finalizzata a ottenere rimborsi fiscali non dovuti integra il solo reato tributario di dichiarazione infedele e non anche la truffa aggravata. Quest’ultima è configurabile solo se dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto al mero vantaggio fiscale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Principio di Specialità: Quando la Frode Fiscale non è Truffa

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26936/2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale che si pone al confine tra diritto penale comune e diritto penale tributario: il rapporto tra il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato e le specifiche fattispecie di frode fiscale. La pronuncia ribadisce con forza il principio di specialità, secondo cui la norma specifica prevale su quella generale, delineando un confine netto tra le due ipotesi di reato.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un’indagine su un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi fiscali. Un contribuente, agendo in concorso con altri, veniva accusato di aver ottenuto indebiti rimborsi fiscali inserendo dati fittizi e non veritieri nelle proprie dichiarazioni dei redditi (mod. 730). Sulla base di tali accuse, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva disposto un sequestro preventivo per un importo di oltre 700.000 euro, qualificando il fatto come truffa aggravata ai danni dello Stato.

Tuttavia, il Tribunale del Riesame, in accoglimento del ricorso dell’indagato, annullava il provvedimento di sequestro. Secondo il Tribunale, la condotta contestata rientrava non nel reato di truffa, ma in quello specifico di ‘dichiarazione infedele’ previsto dall’art. 4 del D.Lgs. 74/2000. Poiché, nel caso di specie, non erano state superate le soglie di punibilità previste da tale norma, il reato non era configurabile e, di conseguenza, il sequestro illegittimo. Contro questa decisione, il Pubblico Ministero proponeva ricorso in Cassazione.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e il Principio di Specialità

Il Pubblico Ministero sosteneva che il Tribunale del Riesame avesse errato nel non considerare la complessità dell’attività fraudolenta posta in essere. Secondo l’accusa, la condotta non si limitava alla mera presentazione di una dichiarazione infedele, ma era supportata da una serie di ‘artifici e raggiri’ ulteriori, come la creazione di falsi profili di operatori CAF, la raccolta illecita di dati e la gestione organizzata delle frodi. Tali elementi, ad avviso della Procura, sarebbero stati idonei a integrare il più grave reato di truffa.

Il cuore della questione giuridica risiede, quindi, nell’applicazione del principio di specialità (art. 15 c.p.). Questo principio stabilisce che, quando uno stesso fatto è previsto come reato da una norma generale (la truffa) e da una norma speciale (il reato tributario), si applica solo quest’ultima. La difesa dell’indagato e il Tribunale del Riesame si sono basati su un’importante sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 1235/2010), che aveva già chiarito questo rapporto.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando integralmente la decisione del Tribunale del Riesame. Le motivazioni della Suprema Corte sono un’importante lezione sulla corretta interpretazione del rapporto tra norme penali.

I giudici hanno innanzitutto ribadito che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, ‘qualsiasi condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normativa speciale’. Il concorso tra il reato tributario e la truffa è ammissibile solo a una condizione precisa: che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale.

Nel caso analizzato, il profitto conseguito dall’indagato era il rimborso d’imposta non dovuto. Questo, chiarisce la Corte, non è un ‘profitto ulteriore e diverso’, ma costituisce ‘il profitto fiscale della condotta evasiva’. In altre parole, è l’obiettivo tipico e diretto del reato tributario, non un vantaggio extra che possa giustificare una seconda accusa per truffa.

La Corte ha inoltre specificato che anche le complesse attività organizzative descritte dal PM (creazione di profili falsi, raccolta di dati, etc.) non cambiano la natura del reato. Tali azioni sono considerate semplici condotte preparatorie o strumentali alla presentazione della dichiarazione infedele. Esse si pongono ‘al di fuori del reato fiscale’ e, pur potendo dimostrare l’esistenza di un’associazione per delinquere, non trasformano il reato tributario in una truffa.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza, offrendo certezza giuridica a contribuenti e professionisti. Viene tracciata una linea di demarcazione chiara: l’utilizzo di inganni per evadere le tasse o ottenere rimborsi indebiti rientra nel perimetro dei reati tributari. Per poter contestare anche la truffa aggravata, l’accusa deve dimostrare che l’agente ha ottenuto un vantaggio patrimoniale che va oltre il mero risparmio d’imposta o l’indebito rimborso. In assenza di questo ‘quid pluris’, si applica solo la normativa speciale tributaria, con le relative soglie di punibilità e il conseguente regime sanzionatorio.

Quando una frode fiscale può essere considerata anche truffa aggravata ai danni dello Stato?
Secondo la sentenza, ciò avviene solo quando la condotta fraudolenta produce un profitto che è ‘ulteriore e diverso’ rispetto al mero vantaggio fiscale (risparmio d’imposta o rimborso indebito). Il rimborso stesso è considerato il profitto tipico del reato tributario.

Il principio di specialità tra reati tributari e truffa si applica anche al reato di dichiarazione infedele (art. 4 D.Lgs. 74/2000)?
Sì. La Corte chiarisce che i principi affermati dalle Sezioni Unite nel 2010 hanno portata generale e si applicano a tutto il sistema penale tributario, inclusa la fattispecie di dichiarazione infedele, e non solo ai reati commessi tramite l’uso di fatture false.

Un’organizzazione complessa creata per commettere frodi fiscali è sufficiente per configurare il reato di truffa oltre a quello tributario?
No. La sentenza spiega che tali attività organizzate, come la creazione di falsi profili CAF o la raccolta illecita di dati, sono considerate condotte preparatorie e strumentali al reato tributario. Esse vengono assorbite da quest’ultimo e non integrano, di per sé, un autonomo reato di truffa, pur potendo essere rilevanti per il diverso reato di associazione per delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati