Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15769 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15769 Anno 2025 Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Osserva, pertanto, la difesa del ricorrente che il Giudice non avrebbe recepito gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità ormai concorde nel ritenere di configurare la clausola Data Udienza: 15/04/2025
di specialità di cui all’art. 721 cod. proc. pen. come introduttiva di una condizione di procedibilità la cui mancanza ostacola l’esercizio dell’azione penale consentendo unicamente il compimento degli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova ai sensi dell’art. 346 cod. proc. pen., oltre che la possibilità di procedere, quando vi Ł pericolo nel ritardo all’assunzione delle prove nei casi e nelle forme di cui all’art. 392 cod. proc. pen.
A ciò si aggiunge – prosegue la difesa del ricorrente – che non sarebbe applicabile nel caso in esame la deroga prevista dal combinato disposto dei paragrafi 2 e 3, lett. c), dell’art. 27 della Decisione Quadro 2002/584/GAI che prevede che il principio di specialità non si applica quando «il procedimento penale non dà luogo all’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale».
Chiede, pertanto, la difesa del ricorrente l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non Ł fondato.
Occorre, innanzitutto, richiamare il contenuto dell’art. 721 cod. proc. pen. che testualmente stabilisce nei suoi primi quattro commi:
«1. La persona estradata non può essere sottoposta a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentiva, nØ assoggettata ad altra misura restrittiva della libertà personale per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l’estradizione Ł stata concessa.
Quando le convenzioni internazionali o le condizioni poste prevedono che un fatto anteriore alla consegna non possa essere giudicato, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo se l’azione penale Ł stata esercitata, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere.
Avverso l’ordinanza di cui al comma 2 possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
La sospensione del processo non impedisce il compimento degli atti urgenti, l’assunzione delle prove non rinviabili, nonchØ di quelle che possono determinare il proscioglimento per fatti anteriori alla consegna».
Vi Ł poi un quinto comma del medesimo articolo di legge che indica alcune situazioni nelle quali il principio di specialità non opera (lo Stato estero ha consentito all’estensione, oppure l’estradato ha espresso il proprio consenso con le modalità indicate nell’articolo 717, commi 2 e 2bis o, ancora, quando l’estradato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione oppure se, dopo averlo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno).
Occorre peraltro osservare che nel caso in esame ci si trova in presenza di una procedura di consegna in esecuzione di un mandato di arresto europeo in relazione al quale – trattandosi nella specie di ‘procedura attiva di consegna’ – si rende applicabile il disposto dell’art. 32 della l. 22 aprile 2005, n. 69 che richiama i limiti del principio di specialità, con le eccezioni previste, per la procedura
‘passiva’ di consegna di cui all’art. 26 della medesima legge il quale, a sua volta, al primo comma stabilisce testualmente che «La consegna Ł sempre subordinata alla condizione che, per un fatto anteriore alla stessa e diverso da quello per il quale Ł stata concessa, la persona non venga sottoposta a un procedimento penale, nØ privata della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, nØ altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della libertà personale».
Il citato art. 26 prevede, poi, alcune eccezioni al principio di specialità – che ricalcano solo in parte quelle sopra indicate nel comma 5 dell’art. 721 cod. proc. pen. – tra le quali vale la pena richiamare in questa sede le condizioni indicate alle lettere b) e c) della norma de qua che indicano rispettivamente il caso in cui «il reato non Ł punibile con una pena o con una misura di sicurezza privative della libertà personale» e quello in cui «il procedimento penale non consente l’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale».
In sostanza, potrebbe apparire che le disposizioni di cui ai citati articoli 26 e 32 della l. n. 69/2005 (oltretutto da ritenersi speciali rispetto all’art. 721 cod. proc. pen.) precludono, senza un consenso ad hoc , non soltanto il diritto di punire o di privare della libertà personale, ma anche quello di assoggettare la persona consegnata al processo («La consegna Ł sempre subordinata alla condizione che, per un fatto anteriore alla stessa e diverso da quello per il quale Ł stata concessa, la persona non venga sottoposta a un procedimento penale, nØ privata della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, nØ altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della libertà personale»), ma come si vedrà non Ł così.
4. Così delineato il quadro normativo nel quale si deve muovere la presente decisione, deve, infatti, evidenziarsi che il G.u.p., nell’ordinanza impugnata, ha richiamato una pronuncia di questa Corte di legittimità che ha stabilito il seguente principio «In tema di mandato di arresto europeo, il principio di specialità attenuata di cui agli artt. 26, comma 2, lett. c), e 32 della legge 22 aprile 2005, n. 69, nell’interpretazione offertane dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, non osta a che l’Autorità giudiziaria italiana proceda, nei confronti della persona consegnata, per reati diversi da quelli per i quali la consegna Ł avvenuta e commessi anteriormente ad essi, a condizione che, in assenza del consenso dello Stato di esecuzione, la persona consegnata non sia sottoposta a misure restrittive della libertà personale sia durante il procedimento che in esito ad esso» (Sez. 3, n. 44660 del 13/06/2022, COGNOME, Rv. 283833).
Detto principio aveva già trovato applicazione in precedenti decisioni di questa Corte di legittimità nelle quali si era evidenziato che «In tema di mandato di arresto europeo, il principio di specialità, dettato dall’art. 32 della l. 22 aprile 2005, n. 69, non osta a che l’autorità giudiziaria italiana proceda nei confronti della persona consegnata a seguito di mandato d’arresto europeo (sia “processuale” che “esecutivo”) per reati diversi da quelli per i quali la stessa Ł stata consegnata e commessi anteriormente alla sua consegna. Tuttavia, in assenza del consenso dello Stato di esecuzione, deve ritenersi preclusa la possibilità di sottoporre la persona consegnata a misure restrittive della libertà personale, sia durante il procedimento che in esito allo stesso» (Sez. 2, n. 14880 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263292, in fattispecie nella quale il ricorrente, consegnato dall’autorità giudiziaria slovena in seguito a MAE per l’esecuzione in Italia della pena inflittagli per una serie di reati, veniva sottoposto a procedimento e tratto a giudizio in stato di libertà per il diverso delitto di ricettazione; in senso conforme, anche Sez. 2, n. 14738 del 19/01/2017, COGNOME, Rv. 269430; Sez. 1, n. 18778 del 27/03/2013, Reccia, Rv. 256013; Sez. 6, n. 39240 del 23/09/2011, COGNOME, Rv. 251366).
Nelle decisioni sopra richiamate si Ł evidenziato, in tema di «principio di specialità» nella disciplina del mandato di arresto europeo, che la Decisione Quadro 2002/584/GAI del Consiglio
dell’Unione europea del 13 giugno 2002, pur ribadendo in via generale la regola già contenuta nella Convenzione europea di estradizione del 1957, secondo cui la persona consegnata non può essere sottoposta a un procedimento penale, condannata o altrimenti privata della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna diversi da quello per cui Ł stata consegnata, ha previsto una serie di importanti eccezioni innovative rispetto alla previgente normativa pattizia. La Decisione Quadro ha invero adottato un criterio di «specialità attenuata», ragionevolmente giustificato da un «elevato grado di fiducia tra gli Stati membri», derivante dalla omogeneità di sistemi giuridici e dalla garanzia equivalente dei diritti fondamentali, circoscrivendo l’incidenza del suddetto principio alle sole situazioni in cui viene in gioco la privazione della libertà personale della persona consegnata, così da impedirne la coercizione personale – ma non il perseguimento penale – per altri reati, commessi anteriormente alla consegna e diversi da quelli che l’hanno giustificata.
E’ infatti espressamente consentito allo Stato di emissione di procedere penalmente nei confronti della persona consegnata qualora si tratti di reati «diversi ed anteriori» per i quali, indipendentemente dal tipo di pena, la procedura non comporti l’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale dell’interessato (art. 27, par. 2, lett. c, della Decisione Quadro: il principio di specialità non si applica quando «il procedimento penale non dà luogo all’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale»).
Per chiarire quale sia la effettiva portata della norma europea Ł, poi, intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia del primo dicembre 2008, ric. COGNOME (G.U.U.E. serie C 44 del 21 febbraio 2009), che ha stabilito che Ł consentito allo Stato di emissione, senza l’assenso dello Stato di esecuzione, «incriminare e condannare» la persona consegnata per un reato diverso da quello che ha determinato la sua consegna e per il quale Ł prevista una pena o una misura privative della libertà, a condizione che la persona – in base alla legge o anche solo «per valutazione» dell’autorità giudiziaria – non sia ristretta nØ durante tale procedimento, nØ in conseguenza di questo.
In altri termini, secondo la Corte di giustizia, la persona consegnata può essere legittimamente sottoposta a procedimento penale per «fatti anteriori e diversi», purchØ non sia privata della libertà personale, dovendo diversamente lo Stato di emissione – in assenza di altre eccezioni al principio di specialità – attivare la prescritta procedura per ottenere l’assenso dallo Stato di esecuzione.
Ciò naturalmente non esclude, come ha utilmente precisato la Corte di giustizia nella citata sentenza, che la persona sia contemporaneamente sottoposta ad una misura restrittiva della libertà, prima che venga ottenuto l’assenso, qualora tale restrizione sia legalmente giustificata dai reati contenuti nel mandato di arresto europeo.
La decisione della Corte di Giustizia e il diritto dell’Unione, interpretati dalla Corte in maniera autoritativa con effetto diretto per tutti gli Stati membri e le rispettive giurisdizioni, incidono sul sistema normativo nazionale, comportando, in capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai giudici nazionali, un obbligo di «interpretazione conforme» del diritto nazionale (Corte di Giustizia, 16/06/2005, ric. COGNOME, in G.U.U.E. serie C 193 del 6 agosto 2005, pag. 3). Ne deriva che il giudice, nell’applicare il diritto nazionale, deve interpretarlo in modo conforme alle decisioni quadro adottate nell’ambito del titolo VI del Trattato UE, ovviamente entro i limiti stabiliti dai principi generali del diritto e sempre che attraverso tale metodo esegetico non si pervenga ad una interpretazione contra legem del diritto nazionale.
Pertanto, il giudice italiano, nell’applicazione del diritto nazionale, deve ricercare – nei limiti sopra evidenziati – una interpretazione «conforme» alla lettera ed allo scopo della Decisione Quadro, che Ł quello di creare un sistema semplificato di consegna delle persone condannate o imputate, eliminando le complessità ed i potenziali ritardi inerenti alla disciplina dell’estradizione (Corte cost. n. 143 del 1008).
Orbene, esaminando la normativa nazionale, deve constatarsi che l’ipotesi in esame di eccezione al principio di specialità, prevista dalla Decisione Quadro, Ł stata recepita nella legge 22 aprile 2005, 69, che a tal riguardo stabilisce che il principio di specialità non si applica quando «il procedimento penale non consente l’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale» (artt. 26, comma 2, lett. c, e 32).
AncorchØ la norma nazionale sia formulata in modo parzialmente diverso dalla disposizione contenuta nella Decisione Quadro, la ratio della norma coincide perfettamente con la nuova disciplina del principio di specialità introdotta dalla stessa, escludendone l’applicazione quando la persona consegnata sia sottoposta a procedimento penale per fatti anteriori e diversi senza la privazione della libertà personale, sia essa inibita dal titolo del reato, dalla valutazione dell’autorità giudiziaria ovvero dallo stesso divieto contenuto nel primo comma dell’art. 26 della legge (il divieto appunto di assoggettare la persona consegnata a qualsiasi misura privativa della libertà personale).
D’altra parte, il legislatore nazionale ha da tempo regolato il principio di specialità nell’estradizione individuando una tutela minima ed inderogabile della persona consegnata applicabile in assenza di piø pregnanti obblighi internazionali – costituita dal divieto dell’applicazione nei suoi confronti di qualsiasi misura di coercizione personale per un reato diverso ed anteriore alla sua consegna (art. 721 cod. proc. pen.). E’ infatti legittimo, secondo il codice di rito, procedere penalmente nel contraddittorio dell’imputato, purchØ quest’ultimo non venga sottoposto a misure restrittive della libertà personale.
Alla luce delle argomentazioni sopra indicate risultano del tutto inconferenti i richiami giurisprudenziali contenuti nel ricorso dato che fanno riferimento a decisioni assunte in epoca anteriore all’entrata in vigore della l. n. 69/2005.
In conclusione, tenuto conto che a seguito della intervenuta revoca della misura cautelare personale in relazione ai fatti-reato commessi anteriormente alla consegna in esecuzione del MAE, nei confronti dell’Allinoro si procede par tali fatti in stato di libertà, correttamente risulta avere operato il G.u.p. allorquando, con l’ordinanza impugnata innanzi a questa Corte di legittimità, ha deciso di non accogliere la richiesta di sospensione del processo.
Per tali ragioni si impone il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15/04/2025.
Il Consigliere estensore
NOME
Il Presidente NOME COGNOME