Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 26935 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 26935 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Pubblico Ministero presso il Tribunale di Reggio Calabria nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a Reggio Calabria il 26/09/1981
avverso il provvedimento del Tribunale del Riesame di Reggio Calabria in data 11/03/2025 udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria con la quale il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale del riesame di Reggio Calabria con il provvedimento impugnato ha annullato il decreto di sequestro emesso dal Gip del locale Tribunale in data 13/02/2025 con il quale era stato disposto · nei confronti, tra l’altro, di COGNOME NOME “il sequestro preventivo 718.426,25 (ammontare complessivo dato dalla soma di euro 406.306,96 – importo contribuenti – ed euro 3212.119,29 – importo associazione)” in relazione al contestato di all’art. 640, commi 1 e 2 n. 1, cod. pen. ( capo 80 dell’imputazione provvisoria).
In particolare, il Collegio della cautela reale ha osservato che il G.i.p. aveva disp sequestro preventivo di somme di denaro ipotizzando che l’indagato, in concorso con COGNOME
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NOME, COGNOME NOME, questi ultimi partecipi dell’associazione per delinquere di cu capo A), quale contribuente con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, mediante artifici e raggiri consistiti nell’inserimento nelle dichiarazioni fiscali mod. 7 l’indicazione di elementi fittizi e inveritieri avesse indotto in errore l’Agenzia delle En ordine alla sussistenza di crediti di imposta, così ottenendo rimborsi non dovuti.
Il Tribunale della cautela, esclusa la sussistenza di elementi ulteriori, nemmeno rinvenu nell’editto accusatorio che potessero far ipotizzare l’utilizzo di artifici o raggiri a rispetto a quelli concretizzatisi nel contenuto delle dichiarazioni infedeli, in applicazio principio di specialità di cui all’art. 15 cod. pen., come affermato dalle Sez. U. con la se 1235 del 28/10/2010, Rv. 248865, secondo cui “E’ configurabile un rapporto di specialità tra l fattispecie penali tributarie in materia di frode fiscale (artt. 2 ed 8, D.Lgs. 10 marzo 20 74) ed il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640, comma secondo, n. 1, pen.), in quanto qualsiasi condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il pro disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normativa speciale, salvo che dal condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale, quale l’otten di pubbliche erogazioni”, ha annullato il provvedimento di sequestro perché ha escluso la configurabilità della truffa, ritenendo altresì che il delitto di dichiarazione infedele di c 4 D.Igs. 74/2000, non fosse punibile per il mancato superamento della soglia di punibilità (eur 100.000,00 di imposta evasa) atteso che i rimborsi percèpiti dal contribuente negli anni 2017,
2018, 2019 ammontavano ad importi mai superiori ai 4.000 euro l’anno.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Reggio Calabria deducendo, con il primo motivo:
violazione di legge in relazione agli artt. 640 comma 2, cod. pen., 3 e 4 d.lgs. 74/20 avendo il Tribunale omesso di considerare tutte le condotte ulteriori e diverse rispetto a mera dichiarazione infedele, idonee ad integrare gli artifizi o raggiri di cui all’art. 640 co e trascurato di considerare il profitto complessivamente conseguito dall’associazione esorbitante rispetto quello derivante dalla singola evasione fiscale.
vizio di motivazione riguardo alla ritenuta assenza del periculum in mora.
Ad avviso del P.M., vertendosi in tema di sequestro finalizzato alla confisca, la motivazione d provvedimento del Gip, lungi dall’essere assente o meramente apparente, era specifica ed esaustiva ponendo l’accento sulla sistematicità e ripetizione delle frodi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 provvedimento del Tribunale del riesame appare immune da censure e pertanto il ricorso va rigettato.
2.Deve premettersi che l’art. 4 del D.Igs. n. 74 del 2000 (rubricato “dichiarazione infedel sanziona la condotta di chi, fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, al fine di ev imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relati
dette imposte, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passi inesistenti, quando, congiuntamente: a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila; b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è super al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, comunque, è superiore a euro due milioni.
Premesso ancora, che la norma è stata modificata a seguito del D.Igs. 158/2015 che ha incrementato le pene e sostituito al termine (elementi) “passivi”, il termine “inesistenti” da ampliare l’ambito applicativo della norma, evidenzia il Collegio come il P.M. impugnante non ponga in dubbio l’astratta configurabilità, rispetto alle singole condotte, della fattisp dichiarazione infedele ex art. 4 del d.lgs. n. 74 del 2000, né metta in discussione l’avven applicazione del principio di specialità affermato dalle Sez. U. nella sent. 1235/2010, R 248865, quanto piuttosto ritenga configurabile la truffa in ragione delle “ulteriori e di condotte” rispetto alla falsa dichiarazione, condotte consistite nella creazione di falsi pro operatori accreditati presso diversi CAF; nella creazione di false sedi di CAF; nella ripartizi di compiti di procacciamento di contribuenti; nella raccolta illecita di dati identif credenziali di accesso e PIN, nella raccolta di dati anagrafici e fiscali; nell’inserimento mole significativa di dichiarazioni, nella fraudolenta indicazione di codici IBAN, oltre im della somma complessivamente percepita dall’associazione.
Orbene, premesso che le Sez. U. di questa Corte nella sentenza n. 1235/2010 hanno ravvisato la sussistenza di un rapporto di specialità tra la frode fiscale e la truffa aggravata ai danni Stato precisando che la condotta di cui alla frode fiscale è una specie del genere “artifiz osserva il Collegio che in forza del principio affermato dal Supremo consesso va esclusa tout court la configurabilità di un concorso tra i reati (la truffa e i delitti di natura fiscal Digs. 74/2000), dovendosi ribadire che “qualsiasi condotta fraudolenta diretta alla evasion fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normat speciale salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’eva fiscale”.
In ossequio a tali principi e con motivazione aderente ai dati processuali il Tribunale ha qui rilevato che tale evenienza e cioè la sussistenza di un profitto ulteriore e diverso risp all’evasione fiscale, non è riscontrabile nel caso di specie, costituendo il rimborso di impost profitto fiscale della condotta evasiva.
Ed invero, l’operazione che pretende di condurre l’impugnante e cioè la valorizzazione di elementi ulteriori rispetto alla condotta di dichiarazione infedele, quali la natura organizz professionale delle attività di falsa rappresentazione dei dati immessi nelle dichiarazioni fi ad opera di soggetti professionalmente dediti a tale attività, non costituiscono elemen integrativi degli artifici e raggiri posti in essere nell’ambito del rapporto tra il privato e delle Entrate tali da aver determinato l’ente ad effettuare la disposizione patrimoni costituente l’ingiusto profitto. Infatti, l’indicazione, in dichiarazione, di elementi ines
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determinato, in sé, l’attribuzione al contribuente di un rimborso non dovuto, mentre tutte altre condotte indicate nel ricorso (dal procacciamento dei clienti alla creazione di pr inesistenti) si pongono al di fuori del reato fiscale e possono concorrere, al più, a dimost l’esistenza di una struttura organizzata rilevante ai fini della integrazione del deli associazione per delinquere.
Vi è da chiedersi, poi, se il rapporto di genere a specie richiamato dal Tribunale in ossequio dictum delle Sezioni Unite, sia configurabile rispetto alla dichiarazione infedele di cui all’ D.Igs. 74/2000, posto che come sottolineato dal P.G. nella sua requisitoria scritta, la sentenz del Supremo Consesso ha riguardato il rapporto esistente tra le fattispecie penali tributarie materia di frode fiscale di cui agli artt. 2 ed 8 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 e la truffa.
Ritiene il Collegio che i principi espressi dalle Sez. Unite siano esportabili anche al cas esame poiché la pronuncia citata valorizza argomenti di carattere sistematico, teleologico e sostanzialistico che rilevano non solo con riferimento alle fattispecie specificamente analizza ma, in via generale, nel rapporto tra la fattispecie di truffa e le fattispecie facenti pa sistema penale tributario.
Osservano le Sez. Unite che ipotizzare il concorso di reati (tra i reati natura tributaria truffa), comprometterebbe la ratio stessa del sistema penale tributario avendo il legislatore scelto di incentrare il disvalore della fattispecie sulla dichiarazione infedele, escludend esempio la rilevanza delle condotte preparatorie e prodromiche, come dimostrato dalla previsione di disposizioni ad hoc che espressamente derogano alla disciplina generale sul tentativo e sul concorso di persone nel reato ( artt. 6 e 9 D.Igs. 74/2000).
Inoltre, sottolineano le Sez. U., ipotizzare un concorso di reati potrebbe determinare un lesione del principio, rilevante anche a livello comunitario, del ne bis in idem.
In tal senso ricordano che l’art. 7 della Convenzione relativa alla tutela degli interessi fina della Comunità europea del 26 luglio 1995 prevede che “Gli Stati membri applicano, nel loro diritto penale interno, il principio ne bis in idem, in virtù del quale la persona che sia stata giudicata con provvedimento definitivo in uno Stato membro non può essere perseguita in un altro Stato membro per gli stessi fatti”.
Tale disposto, mentre evidenzia la duplicità della lesione degli interessi finanziari dei si Stati e della U.E., conferma che la tutela dei suddetti interessi deve essere attuata mediant un sistema sanzionatorio che è esaustivo degli interventi repressivi, non solo all’interno confini nazionali, ma anche nella dimensione comunitaria. Dal che discende che vi è una generale specialità delle previsioni penali tributarie in materia di frode fiscale, le q quanto disciplinano condotte tipiche e si riferiscono ad un determinato settore di interven della repressione penale, esauriscono la connessa pretesa punitiva dello Stato (e della Unione Europea). Il principio del ne bis in idem copre infatti la frode fiscale in materia di IVA (che è lesiva anche degli interessi della UE , atteso che tra le fonti di approvvigionamento del bilan europeo, rientra una quota dell’imposta sul valore aggiunto) ma non “coprirebbe” la truffa
aggravata che quindi potrebbe essere contestata anche a chi è già stato condannato in un altro
Stato per frode fiscale ai danni dell’UE.
Conclusivamente deve ribadirsi che il sistema sanzionatorio in materia fiscale ha una spiccata specialità che lo caratterizza come un sistema chiuso e autosufficiente, all’interno del quale
esauriscono tutti i profili degli interventi repressivi, dettando tutte le sanzioni penali nece a reprimere condotte lesive o potenzialmente lesive dell’interesse erariale alla corret
percezione delle entrate fiscali.
Diverso discorso deve farsi con riferimento alle ipotesi in cui dalla condotta di frode fis derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale, quale l’ottenime
pubbliche erogazioni. In tali ipotesi è possibile il concorso fra il delitto di frode fiscale di truffa (in tal senso, già Sez. U, n. 27 del 2000, cit.; nonché: Sez. 2, n. 40266
23/11/2006, COGNOME, Rv. 235593; Sez. 2, n. 42089 del 08/10/2009, COGNOME, n.m; Sez. 3, n.
14866 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246968),Infatti, l’ulteriore evento di danno che il soggett agente si rappresenta non inerisce al rapporto fiscale, con la conseguenza che se l’attività
frodatoria sia diretta non solo a fini di evasione fiscale, ma anche a finalità ulterior sussiste alcun problema di rapporto di specialità tra norme, perché una stessa condotta viene
utilizzata per finalità diverse e viola diverse disposizioni di legge e non si esaurisce nell’a del quadro sanzionatorio delineato dalle norme fiscali, con la conseguenza della concorrente punibilità di più finalità diverse compresenti nell’azione criminosa.
Nel caso di specie, come risulta dalla stessa ordinanza impugnata, nessuna finalità e nessun vantaggio o danno extratributario risultano realizzati o perseguiti, pertanto il ricors rigettato.
3.La valenza assorbente di tali considerazioni, inerenti al fumus del reato, rende superflua la disamina del secondo motivo di ricorso riguardante il periculum in mora.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Roma, 11 luglio 2025
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Il consigliere estensore NOME COGNOME
Il presidente
NOME COGNOME