Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7017 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7017 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALMI il 30/08/1958
avverso l’ordinanza del 18/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
j172 1. Con ordinanza del 18 giugno 2024 il Tribunale di sorvegliann -Sassari ha respinto l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il decreto con cui il Magistrato di sorveglianza, in data 16 novembre 2023, aveva respinto l’istanza di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, relativa al procedimento penale n. 1649/2023 s.i.u.s..
Il Tribunale ha ritenuto che il ricorrente, pur essendone onerato, non aveva fornito elementi di prova idonei a vincere la presunzione di superamento del reddito di cui all’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge e vizio della motivazione.
Ad avviso del ricorrente la motivazione con la quale è stata rigettata l’opposizione, fondata sulla insufficienza della documentazione prodotta a dimostrare lo stato di non abbienza, e quindi a superare la presunzione relativa prevista dall’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, deve ritenersi apparente.
Il provvedimento, infatti, non si confronta con i decreti di ammissione emessi dalle altre autorità giudiziarie, fondati su altrettante informative della Guardia di Finanza.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge e vizio della motivazione.
Richiamata la produzione documentale offerta all’autorità giudiziaria, il ricorrente osserva che il ritenerla insufficiente significa che il condannato per reato associativo, sia di fatto, ed in perpetuo, escluso dal riconoscimento del beneficio.
In altre parole, l’interpretazione offerta pone a carico del richiedente una vera e propria probatio diabolica, ripristinando nei fatti la presunzione assoluta censurata dal giudice delle leggi.
Inoltre, il Tribunale ha tralasciato la circostanza che il predetto è stato ammesso al beneficio da altre autorità giudiziarie.
Né si comprende quale altra documentazione doveva essere depositata per poter vincere la presunzione relativa di abbienza (così, p. 5 ricorso).
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
Il ricorso è inammissibile, poiché proposto per motivi non consentiti.
4.1. Va preliminarmente osservato che, ai sensi dell’art. 99, comma 4, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che decide sull’opposizione avverso il rigetto della istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato può essere proposto solo per violazione di legge e non per vizio della motivazione, a meno di suo assoluto difetto (Sez. 4, n. 1873 del 13/12/2023, COGNOME non mass.; conf. Sez. 4, n. 22637 del 21/03/2017, COGNOME, Rv. 270000 – 01; Sez. 4, n. 16908 del 07/02/2012, COGNOME, Rv. 252372 – 01).
Diversamente deve dirsi per l’illogicità manifesta, la quale può essere denunciata nel giudizio di legittimità soltanto attraverso lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 2 del 28/01/2004, COGNOME).
Dunque, ove il ricorso per cassazione sia limitato alla sola violazione di legge, va esclusa la sindacabilità del vizio di manifesta illogicità, mentre è possibile denunciare il vizio di motivazione apparente, ovvero la violazione dell’art. 125, comma, 3 cod. proc. pen., che impone l’obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, COGNOME, Rv. 224611 – 01; conf. Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, COGNOME, Rv. 261590 01).
Quest’ultimo vizio è ravvisabile allorché la motivazione sia completamente priva dei requisiti minimi di coerenza e di completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, oppure le linee argomentative siano talmente scoordinate e prive dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692).
4.2. Come noto, la presunzione di superamento del reddito – prevista dall’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per soggetti già 91 condannati per reati in relazione ai quali si ritiene, alla luce consolidate di massime di esperienza, che l’autore abbia beneficiato di redditi illeciti – ha natura relativa e non assoluta, con la conseguenza che, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 2010, è ammessa la prova contraria.
Tuttavia, l’introduzione, costituzionalmente obbligata, della prova contraria non elimina dall’ordinamento la presunzione prevista dal legislatore, per effetto
della quale si realizza un’inversione dell’onere di documentare la ricorrenza del requisito reddituale per l’accesso al patrocinio.
Spetta quindi al richiedente dimostrare la sussistenza dello stato di non abbienza, non già con una semplice autocertificazione ma con l’adeguata allegazione di concreti elementi di fatto, dai quali possa desumersi in modo chiaro ed univoco la propria effettiva situazione economica, che il giudice deve rigorosamente vagliare (Sez. 4, n. 10680 del 20/02/2024, Turiano, non mass.; Sez. 4, n. 40481 del 27/09/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 21230 del 14/03/2012, Villano, Rv. 252962 – 01).
Non è dunque chiaro in cosa sia consistita la denunciata violazione del predetto art. 76 (p. 3 ricorso): il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha ritenuto di applicare l’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, essendo peraltro incontestato che il Gallico abbia riportato condanna definitiva per uno dei reati per i quali vige la presunzione.
A fronte di ciò, il Tribunale ha sostenuto che le allegazioni del ricorrente per dimostrare la condizione di non abbienza risultavano neutre, poiché relative soltanto a somme legittimamente percepite (certificazione unica, attestazione ISEE, cedolini, accertamenti Guardia di Finanza), mentre invece nulla consentivano di dedurre circa l’assenza di elementi reddituali di provenienza illecita.
Del tutto correttamente, infine, il Tribunale ha escluso che la prova contraria potesse provenire da provvedimenti di ammissione resi da altre autorità giudiziarie, ai quali l’ordinamento non riconosce una efficacia vincolante in un diverso procedimento, come pure evidenzia l’ordinanza impugnata.
Anche il fatto che il ricorrente abbia patito il regime di restrizione per lungo tempo, anche nel regime differenziato di cui all’art. 41-bis ord. pen., non è circostanza idonea, di per sé, a ritenere superata la presunzione di cui al predetto art. 76 (cfr., da ultimo, Sez. 4, n. 10679 del 20/02/2024, Turiano, non mass.).
Deve dunque concludersi evidenziando che il ricorrente oppone alla motivazione del provvedimento impugnato un diverso giudizio sulla idoneità di tali documenti a superare la presunzione.
Quanto alla sostanziale insuperabilità della presunzione legale, ancorché di carattere relativo (p. 5 ricorso), si osserva che la prova contraria può essere fornita con ogni mezzo, e il suo oggetto, inoltre, non può prescindere dalla constatazione per cui la presunzione di superamento è legata alla produzione di redditi illeciti derivante dalla intraneità al sodalizio.
4.3. Nemmeno può sostenersi il carattere apparente della motivazione.
L’apparato argomentativo, come visto, non è carente o affidato a formule di stile, ed il suo raffronto con altri elementi prospettati dal ricorrente, r nella valutazione di merito sottratta, per espressa previsione normativa, al vagli di questa Corte.
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
5.1. L’applicazione di principi di diritto consolidati e la non particola complessità delle questioni consigliano la redazione della motivazione in forma semplificata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 8 gennaio 2025