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Prestanome e omessa dichiarazione: la responsabilità

Un amministratore di due società, condannato per omessa dichiarazione fiscale, ricorre in Cassazione sostenendo di essere un semplice prestanome ignaro. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, confermando che l’accettazione della carica comporta la responsabilità penale, anche a titolo di dolo eventuale, per i reati omissivi.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Responsabilità del Prestanome: Analisi di un’Ordinanza della Cassazione

Accettare il ruolo di amministratore di una società è una decisione che comporta oneri e responsabilità precise. Ma cosa succede quando questo ruolo è puramente formale e la gestione effettiva è nelle mani di altri? La figura del prestanome è al centro di una recente ordinanza della Corte di Cassazione, che chiarisce i contorni della responsabilità penale per il reato di omessa dichiarazione.

I fatti del caso: l’amministratore formale e le dichiarazioni omesse

Il caso riguarda un soggetto nominato amministratore di diritto di due società cooperative. Successivamente, veniva condannato sia in primo grado che in appello per il reato di omessa dichiarazione dei redditi e dell’IVA per l’anno 2014, in concorso con l’amministratore di fatto.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. Carenza dell’elemento soggettivo: Sosteneva di non essere mai stato consapevole di rivestire la carica di amministratore, essendo il suo un ruolo puramente formale, senza alcuna partecipazione effettiva alla gestione aziendale.
2. Mancanza di strumenti: Affermava di non possedere le competenze tecniche e culturali per contribuire alla condotta illecita, di fatto realizzata da terzi.
In sostanza, l’imputato si dipingeva come un semplice prestanome, ignaro degli obblighi fiscali che gravavano sulle società.

La decisione della Corte: la piena responsabilità del prestanome

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno stabilito che le argomentazioni del ricorrente riguardavano una rivalutazione dei fatti e delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva già correttamente ritenuto non credibile la tesi difensiva, sottolineando che chi accetta la carica di amministratore, anche se solo formalmente, non può ignorare gli obblighi di legge che ne derivano.

Le motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio giuridico consolidato: la responsabilità penale per omessa dichiarazione ricade direttamente sul legale rappresentante, in quanto soggetto obbligato ‘ex lege’ alla presentazione delle dichiarazioni fiscali. La semplice accettazione della carica, anche senza un coinvolgimento diretto nella gestione, attribuisce al soggetto precisi doveri di vigilanza e controllo. Il mancato rispetto di tali doveri configura una responsabilità penale. Questa può essere a titolo di dolo generico, se vi è la consapevolezza che dall’omissione possono derivare le conseguenze tipiche del reato, oppure a titolo di dolo eventuale. Quest’ultima ipotesi si verifica quando l’amministratore, pur non volendo direttamente l’evasione fiscale, accetta consapevolmente il rischio che l’amministratore di fatto ometta gli adempimenti fiscali. L’accettazione della carica di prestanome, quindi, equivale ad accettare il rischio delle condotte illecite altrui.

Conclusioni: Implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza ribadisce un messaggio molto chiaro: non esistono scorciatoie o scappatoie per chi accetta di fare da prestanome. La legge non ammette ignoranza sugli obblighi fondamentali connessi alla carica di amministratore, primo fra tutti quello di garantire la corretta presentazione delle dichiarazioni fiscali. La decisione sottolinea che la responsabilità penale non richiede una partecipazione attiva alla gestione quotidiana della società. È sufficiente aver accettato formalmente l’incarico per assumersi i doveri di controllo e, di conseguenza, la responsabilità per la loro violazione. Chiunque accetti un ruolo di amministratore, anche se con la promessa di un impegno nullo, deve essere consapevole di esporsi a gravi conseguenze penali in caso di illeciti fiscali commessi dalla società.

L’amministratore di una società che funge solo da prestanome è responsabile per l’omessa dichiarazione fiscale?
Sì. Secondo la Corte, il legale rappresentante di un ente, anche se funge da mero ‘prestanome’ e non ha l’effettiva gestione, risponde come autore principale del reato di omessa dichiarazione perché è direttamente obbligato dalla legge a presentare le dichiarazioni fiscali.

Per essere condannati, è necessario che l’amministratore prestanome abbia partecipato attivamente alla gestione della società?
No. La semplice accettazione della carica attribuisce doveri di vigilanza e controllo. Il mancato rispetto di questi doveri è sufficiente per configurare la responsabilità penale, senza che sia necessaria una partecipazione effettiva alla gestione societaria.

Cosa si intende per dolo eventuale nel caso di un amministratore prestanome?
Si ha dolo eventuale quando l’amministratore, pur non volendo direttamente l’omissione della dichiarazione, accetta il rischio che questa si verifichi come conseguenza della condotta dell’effettivo gestore. La semplice accettazione del ruolo di prestanome implica l’accettazione di tale rischio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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