Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34940 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34940 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/03/2025 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le conclusioni della difesa in data 27/09/2025 che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catania, con sentenza in data 27 marzo 2025, confermava la pronuncia del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania che aveva condannato NOME NOME alle pene di legge in quanto ritenuto colpevole dei delitti di concorso in tentata rapina aggravata e lesioni personali aggravate.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, deducendo, con distinti motivi qui riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. per avere
il giudice di appello proceduto al giudizio nonostante l’imputato fosse detenuto per altra causa e non fosse stato tradotto con conseguente nullità della udienza;
violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. per carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione quanto al giudizio di equivalenza tra le concesse circostanze attenuanti generiche e la contestata aggravante.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso non è fondato e deve, pertanto, essere respinto.
1.1. Ed invero, nel caso di specie, si è proceduto con le forme del rito abbreviato in appello essendo la decisione di primo grado stata emessa dal giudice dell’udienza preliminare di Catania a seguito di richiesta ex art. 442 cod. proc. pen. formulata dall’imputato; orbene, la trattazione e lo svolgimento del rito abbreviato in appello trova una sua specifica disciplina nel combinato disposto degli artt. 598bis e 599 cod. proc. pen. come riformulati dal d.lgs. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia. La prima di dette norme stabilisce quale modalità ordinaria di trattazione dei procedimenti in appello la camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, stabilendo poi, al comma 2, che l’appellante e il suo difensore possono chiedere, ricevuto l’avviso di udienza, di partecipare alla stessa; in tal caso la Corte, come previsto dalla seconda parte del citato art. 598bis , comma 2, cod. proc. pen., dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione delle parti e indica se l’appello sarà deciso a seguito dell’udienza pubblica o in camera di consiglio.
1.2. Il successivo art. 599 cod. proc. pen. regola proprio la trattazione degli appelli che devono essere trattati in camera di consiglio con la partecipazione delle parti stabilendo espressamente che detta disciplina si applichi proprio all’appello avverso le sentenze emesse in primo grado ex art. 442 cod. proc. pen.; orbene, ai sensi del comma 2 del citato art. 599 cod. proc. pen., in tali casi: ‘l’udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell’imputato che ha manifestato la volontà di compa rire’.
Ne deriva, pertanto, affermare che, nei casi di detenzione per altra causa, ove si proceda ad appello avverso sentenza emessa all’esito di rito abbreviato di primo grado, non basta che il difensore abbia richiesto l’udienza partecipata perché debba disporsi la traduzione dovendo l’imputato stesso avere ritualmente manifestato la volontà di comparire.
1.3. Il principio risulta affermato, pur nel vigore della precedente disciplina, dalla sentenza delle Sezioni Unite secondo cui nel giudizio camerale d’appello l’imputato, detenuto o comunque soggetto a misure limitative della libertà
personale, ha diritto di richiedere al giudice competente l’autorizzazione a recarsi in udienza o di essere ivi accompagnato o tradotto e, in difetto di quest’ultima o in caso di rigetto della medesima da parte del giudice competente, a fronte della tempestiva richiesta dell’imputato di presenziarvi, v’è l’obbligo del giudice d’appello procedente, a pena di nullità assoluta, di disporne la traduzione, essendo inibita la celebrazione del giudizio in sua assenza (Sez. U, n. 35399 del 24/06/2010, F., Rv. 247837 – 01).
1.4. Va poi ricordato che, in relazione all’applicazione del regime particolare della trattazione partecipata in pendenza di pandemia, sostanzialmente ripresa in sede di c.d. Riforma Cartabia, è stato proprio affermato come in tema di impugnazioni, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica, l’istanza di trattazione orale formulata dal difensore nel procedimento d’appello avverso la sentenza emessa in primo grado in sede di giudizio abbreviato, determina la conversione del rito emergenziale “cartolare” in rito camerale ordinario, ma non anche l’obbligo di traduzione dell’imputato detenuto che non abbia espresso la volontà di partecipare all’udienza (Sez. 5, n. 3356 del 14/11/2024, dep. 2025, T., Rv. 287413 – 01).
Il principio risulta anticipato da altra decisione di legittimità secondo cui nel giudizio camerale di appello avverso la sentenza pronunciata in esito a giudizio abbreviato, la presenza dell’imputato non è necessaria e, pertanto, è onere dello stesso, ove detenuto (nella specie, per altra causa), comunicare il proprio legittimo impedimento e la volontà di comparire all’udienza, onde, in mancanza di tale comunicazione, il giudice non è tenuto a disporre la traduzione o a rinviare l’udienza (Sez. 2, n. 27245 del 02/05/2019, COGNOME, Rv. 276658 – 01). In motivazione, detta ultima pronuncia precisa che: ‘ Il codice di rito, dunque, in considerazione del particolare giudizio adottato, impone a carico dell’imputato detenuto un vero e proprio onere di comunicare la propria volontà di partecipare all’udienza camerale d’appello. Onere che, peraltro, per far sorgere il diritto a partecipare, deve essere adempiuto con tempestività, ossia con una comunicazione trasmessa in modo tale da permettere la traduzione dell’imputato per l’udienza ‘ .
L’applicazione dei sopra esposti principi al caso in esame comporta dichiarare l’infondatezza del motivo posto che né dalla rappresentazione del motivo di ricorso né dalla analisi degli atti che questa Corte è legittimata ad effettuare nelle ipotesi di ec cezioni di nullità, risulta che mai l’imputato personalmente od a mezzo del suo difensore abbia manifestato la volontà di comparire all’udienza chiedendo specificamente di essere tradotto.
Non può, pertanto, ritenersi che l’assenza si stata illegittimamente dichiarata avendo invece il giudice di appello fatto applicazione del principio dettato dall’art. 598ter , comma 1, cod. proc. pen. secondo cui, in caso di regolarità delle notificazioni, l’imputato appellante non presente all’udienza di cui all’art. 599 cod. proc. pen. è sempre giudicato in assenza ed essendo la richiesta del difensore di udienza partecipata finalizzata ad assicurare il contraddittorio orale e non anche a determinare l’ob bligo di traduzione in capo al giudice che procede.
Il secondo motivo appare manifestamente infondato posto che il giudice di appello per motivare il giudizio di bilanciamento ha fatto riferimento a circostanze di fatto non censurabili nella presente sede di legittimità. Al proposito, basta infatti ricordare che in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, non incorre nel vizio di motivazione il giudice di appello che, nel confermare il giudizio di equivalenza fra le circostanze operato dal giudice di primo grado, dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi, apprezzati in modo logico e coerente rispetto a quelli concorrenti di segno opposto (Sez. 1, n. 17494 del 18/12/2019, dep. 2020, Defilippi, Rv. 279181 – 02).
Alla declaratoria di infondatezza consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 9 ottobre 2025
IL CONSIGLIERE AVV_NOTAIO NOME COGNOME
IL PRESIDENTE NOME COGNOME