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Presenza del minore: la Cassazione chiarisce.

La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per violenza domestica, chiarendo l’applicazione dell’aggravante per la presenza del minore. Secondo la Corte, questa circostanza si applica anche quando il reato è commesso davanti a un bambino molto piccolo, incapace di comprendere razionalmente l’accaduto. È sufficiente la mera percezione sensoriale (visiva o uditiva) dell’atto, poiché la legge mira a proteggere lo sviluppo psicologico del minore sin dai primi istanti di vita.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Presenza del Minore: Violenza Domestica, l’Aggravante si Applica Anche se il Bambino è Molto Piccolo

Quando un reato viene commesso in un contesto familiare, la legge prevede tutele rafforzate per le vittime più vulnerabili. Una di queste è l’aggravante per la presenza del minore durante la commissione del fatto. Ma cosa significa esattamente ‘presenza’? È necessario che il bambino sia consapevole di ciò che sta accadendo? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 46236/2024) offre un chiarimento fondamentale, stabilendo che la semplice percezione sensoriale è sufficiente, indipendentemente dall’età e dalla capacità di comprensione del minore.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un uomo condannato in appello per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale ai danni della moglie convivente. I reati si erano verificati in un arco temporale durante il quale era nata la figlia della coppia. L’ultimo episodio contestato, in particolare, era avvenuto alla presenza della bambina, che all’epoca aveva poco più di un anno.

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione contestando proprio l’applicazione dell’aggravante legata alla presenza della minore. La tesi difensiva sosteneva che, data la tenerissima età, la bambina non possedeva il livello di maturità psico-fisica necessario per comprendere la portata lesiva degli atti commessi dal padre. Di conseguenza, secondo il ricorrente, non poteva configurarsi l’aggravante.

L’Aggravante della Presenza del Minore: L’Analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo un’interpretazione chiara e rigorosa del concetto di ‘presenza’ contenuto nell’art. 61 n. 11-quinquies del codice penale. I giudici hanno smontato l’argomentazione difensiva, basando la loro decisione su principi di interpretazione letterale, sistematica e teleologica della norma.

Percezione vs. Comprensione

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra ‘percezione’ e ‘comprensione’. La Corte ha affermato che il termine ‘presenza’ deve essere ancorato alla nozione di percezione sensoriale. Ciò significa che, per l’applicazione dell’aggravante, è sufficiente che il minore abbia percepito l’evento criminoso attraverso i propri sensi, come la vista o l’udito. Non è invece richiesta una comprensione razionale del significato e della gravità dell’atto.

La Corte sottolinea come questa interpretazione sia coerente con altri ambiti del diritto penale. Ad esempio, nel reato di corruzione di minorenni o nel delitto di ingiuria (oggi abrogato), la ‘presenza’ della persona offesa era legata alla sua possibilità di percepire l’atto o l’offesa, non alla sua elaborazione intellettuale.

La Tutela dello Sviluppo Psico-Fisico come Scopo della Norma

La decisione della Cassazione si fonda sulla ratio legis, ovvero lo scopo per cui il legislatore ha introdotto questa aggravante. L’obiettivo non è solo punire più severamente chi commette un reato davanti a un bambino, ma soprattutto proteggere l’armonia e la serenità dello sviluppo psico-fisico del minore sin dai primissimi istanti di vita.

Secondo i più recenti studi psicologici, citati implicitamente dalla Corte, la sfera emotiva e cognitiva di un individuo si plasma fin dai primi mesi. Un bambino, anche piccolissimo, è dotato di un sistema sensoriale funzionante ed è esposto a un flusso di stimoli esterni che ne condizionano la crescita. L’esposizione a eventi traumatici, come scene di violenza, può determinare alterazioni psicologiche, sociali ed affettive, gettando le basi per una personalità fragile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato il rigetto del ricorso affermando che la volontà del legislatore è quella di anticipare la tutela del minore, proteggendolo da qualsiasi turbamento emotivo. Qualsiasi interpretazione che richiedesse un certo livello di maturità per l’applicazione dell’aggravante sarebbe in contrasto con questo scopo. La legge non pone limiti di età, e il termine ‘minore’ va inteso in senso ampio, includendo anche i neonati.

I giudici hanno chiarito che il concetto di ‘presenza’ rimanda a una partecipazione fisica e sensoriale all’evento, non a un’elaborazione razionale. È proprio il mancato raggiungimento della piena maturità cognitiva e volitiva che rende il minore un soggetto particolarmente vulnerabile agli stimoli esterni negativi. Pertanto, la semplice circostanza che il minore abbia visto o sentito il fatto delittuoso è sufficiente a determinare l’applicabilità dell’aggravante, in quanto l’agente deve essere consapevole (o poterlo essere) che il bambino sta percependo la scena.

Conclusioni: L’Impatto della Sentenza

La sentenza consolida un principio di massima tutela per i minori testimoni di violenza assistita. Viene stabilito in modo inequivocabile che la protezione legale non dipende dall’età o dalla capacità del bambino di ‘capire’, ma dalla sua semplice esposizione sensoriale all’evento criminoso. Questa decisione rafforza gli strumenti a disposizione della magistratura per punire più severamente reati che, oltre a ledere la vittima diretta, minano le fondamenta dello sviluppo sano dei membri più piccoli e indifesi della famiglia. L’impatto di un atto violento, conclude la Corte, non si misura solo sulla vittima principale, ma anche sulle fragili fondamenta della personalità di un bambino, che iniziano a costruirsi sin dalla nascita.

Per applicare l’aggravante della presenza del minore è necessario che il bambino sia abbastanza grande da capire la violenza a cui assiste?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che non è necessaria la capacità di comprensione razionale da parte del minore. È sufficiente che il minore percepisca l’evento delittuoso con i propri sensi (vista o udito), indipendentemente dalla sua età o dal suo livello di maturità.

Qual è lo scopo principale dell’aggravante prevista per i reati commessi in presenza di un minore?
Lo scopo è tutelare l’armonia e la serenità dello sviluppo psico-fisico del minore. La legge intende proteggere il bambino fin dalla sua nascita da eventi traumatici che possono compromettere la formazione della sua personalità, anche se gli effetti non sono immediatamente evidenti.

Un reato commesso in una stanza diversa da quella in cui si trova il minore può comunque far scattare l’aggravante?
Sì, se il minore ha la possibilità di percepire l’evento. La sentenza richiama un precedente in cui l’aggravante è stata ritenuta applicabile anche se il minore si trovava in una stanza attigua, ma aveva comunque percepito il delitto. La ‘presenza’ è intesa come percezione sensoriale, non necessariamente come presenza fisica nella stessa scena del crimine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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