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Prescrizione reati edilizi: la motivazione è d’obbligo

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per reati edilizi a causa di un grave difetto di motivazione. Il giudice di merito non aveva spiegato perché, per opere realizzate nello stesso contesto, la prescrizione fosse stata dichiarata solo per alcune e non per altre. Questa decisione sottolinea l’obbligo per i giudici di fornire una giustificazione logica e coerente per le proprie decisioni, specialmente in materia di prescrizione reati edilizi.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Prescrizione Reati Edilizi: Perché una Motivazione Illogica Annulla la Sentenza

La corretta applicazione della prescrizione reati edilizi è un tema cruciale nel diritto penale dell’urbanistica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5167/2024) ha ribadito un principio fondamentale: il giudice deve sempre fornire una motivazione logica e coerente, specialmente quando giunge a conclusioni diverse per situazioni apparentemente identiche. In caso contrario, la sentenza è viziata e deve essere annullata. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti del Caso: Opere Diverse, Destini Giudiziari Diversi

Il Tribunale di Benevento aveva processato tre persone per la realizzazione di diverse opere edilizie senza le dovute autorizzazioni. Nello specifico, si trattava di una tettoia, un porticato e un muro di contenimento.

La decisione del Tribunale fu frammentata:
1. Condanna: Per la sola tettoia, gli imputati venivano condannati per la violazione delle norme antisismiche (artt. 93-95 d.P.R. 380/2001) a una pena di 2.000 euro di ammenda ciascuno.
2. Proscioglimento parziale: Per la stessa tettoia, veniva dichiarato il non doversi procedere per la violazione urbanistica (art. 44 d.P.R. 380/2001) grazie al rilascio di un permesso di costruire in sanatoria.
3. Prescrizione: Per il porticato e il muro, il giudice dichiarava l’estinzione di tutti i reati contestati per intervenuta prescrizione.

La difesa degli imputati ha impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una palese contraddizione nella motivazione del giudice.

Il Ricorso in Cassazione e il Difetto di Motivazione

Il punto centrale del ricorso era semplice ma decisivo: perché il Tribunale ha ritenuto prescritti i reati per il porticato e il muro, ma non per la tettoia? Secondo la difesa, una relazione tecnica agli atti datava l’esecuzione di tutte le opere tra il 2005 e il 2006. Se tale datazione era valida per dichiarare la prescrizione di alcune opere, avrebbe dovuto esserlo anche per la tettoia, accertata nello stesso luogo e nello stesso momento.

Il Tribunale, invece, non aveva speso una sola parola per giustificare questa disparità di trattamento, omettendo di indicare quali elementi lo avessero portato a ritenere che la tettoia fosse stata ultimata in un’epoca successiva e quindi non ancora coperta dalla prescrizione.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Prescrizione Reati Edilizi

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno censurato duramente la sentenza del Tribunale per il suo difetto di motivazione.

Il principio affermato è chiaro: non è possibile giungere a due conclusioni diverse per opere accertate nella stessa data e nello stesso luogo senza fornire un’adeguata giustificazione. Il giudice avrebbe dovuto spiegare perché la tettoia avrebbe avuto un’epoca di ultimazione differente e posteriore rispetto agli altri manufatti.

La Corte ha inoltre ricordato che le violazioni della normativa antisismica sono reati permanenti. La loro consumazione si protrae nel tempo e cessa solo quando il responsabile termina l’intervento, presenta la relativa denuncia o ottiene l’autorizzazione. Per calcolare correttamente i termini della prescrizione, è quindi fondamentale stabilire con certezza il momento in cui l’attività illecita è terminata. Non avendo il Tribunale fornito alcun elemento istruttorio a sostegno di una datazione differita per la tettoia, la sua decisione appariva arbitraria e immotivata.

Conclusioni

La sentenza è stata annullata con rinvio al Tribunale di Benevento, che dovrà procedere a un nuovo giudizio attenendosi ai principi espressi dalla Cassazione. Questo caso insegna una lezione fondamentale: nel processo penale, e in particolare in materia di prescrizione reati edilizi, ogni decisione deve essere supportata da un percorso logico-giuridico trasparente e verificabile. L’assenza o la contraddittorietà della motivazione costituisce un vizio grave che invalida la sentenza, garantendo che nessuna condanna possa basarsi su conclusioni arbitrarie o non adeguatamente spiegate.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna?
La condanna è stata annullata per un grave difetto di motivazione. Il Tribunale non ha spiegato perché ha dichiarato la prescrizione per alcune opere edilizie (muro e porticato) e non per un’altra (tettoia), pur essendo state realizzate nello stesso contesto e periodo secondo la documentazione.

È possibile che per opere diverse realizzate sullo stesso immobile la prescrizione decorra in momenti diversi?
Sì, è possibile, ma solo se il giudice fornisce una motivazione specifica e basata su elementi concreti (es. prove testimoniali, documenti) che dimostrino che le opere sono state ultimate in epoche differenti. In assenza di tale motivazione, la decisione è illegittima.

Cosa significa che le violazioni della normativa antisismica sono ‘reati permanenti’?
Significa che il reato non si esaurisce in un singolo momento, ma la sua commissione continua nel tempo fino a quando non cessa la condotta illegale. Questo avviene, ad esempio, quando i lavori vengono terminati, quando viene presentata la necessaria documentazione agli uffici competenti, o quando si ottiene un’autorizzazione in sanatoria. Il termine per la prescrizione inizia a decorrere solo da quel momento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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