Prescrizione Reati Ambientali: Quando il Tempo Salva dalla Condanna
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del diritto penale: il decorso del tempo può estinguere un reato, anche quando la colpevolezza dell’imputato appare fondata. Il caso in esame riguarda un imprenditore condannato per gestione illecita di rifiuti, la cui sentenza è stata annullata proprio per l’intervenuta prescrizione reati ambientali. Analizziamo insieme i dettagli di questa vicenda e le sue implicazioni.
I Fatti del Caso e la Condanna Iniziale
La vicenda giudiziaria ha origine da una sentenza del Tribunale di Benevento del 12 aprile 2018. Il legale rappresentante di un’impresa di costruzioni era stato condannato alla pena di 6.000 euro di ammenda per il reato previsto dall’art. 256 del D.Lgs. 152/2006. L’accusa era quella di aver svolto attività di gestione di rifiuti in assenza della necessaria autorizzazione. L’impresa, infatti, possedeva unicamente un’autorizzazione per le emissioni in atmosfera, non sufficiente a coprire l’attività contestata.
Le indagini, condotte dai Carabinieri e dall’Arpac (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale), avevano accertato che l’azienda, in un cantiere a Telese Terme, gestiva rifiuti senza il titolo abilitativo richiesto dalla legge. Il fatto era stato commesso il 29 ottobre 2013.
Il Ricorso in Cassazione: le Doglianze della Difesa
Contro la sentenza di condanna, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione. Le argomentazioni difensive miravano a contestare la valutazione delle prove effettuata dal giudice di primo grado, sollecitando una diversa lettura degli elementi raccolti durante le indagini. In sostanza, si chiedeva alla Suprema Corte di riesaminare il merito della vicenda.
La Cassazione, tuttavia, ha prontamente respinto tali censure, ribadendo la propria funzione di giudice di legittimità. La Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella del giudice di merito, ma può solo verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia logica e se la legge sia stata applicata correttamente. Nel caso specifico, il percorso argomentativo del Tribunale è stato ritenuto coerente e non manifestamente illogico, basato com’era su verbali di sopralluogo e accertamenti tecnici.
Il Ruolo Decisivo della Prescrizione Reati Ambientali
Nonostante l’infondatezza delle censure sulla colpevolezza, la Corte ha dovuto prendere atto di un fattore determinante: la prescrizione reati ambientali. Il reato contravvenzionale contestato, commesso il 29 ottobre 2013, prevedeva un termine di prescrizione massimo di 5 anni.
Al calcolo di questo termine, bisogna aggiungere i periodi di sospensione del processo. In questo caso, sono stati accertati 574 giorni di sospensione. Sommando questo periodo al termine iniziale, la data ultima per l’estinzione del reato è stata individuata nel 24 maggio 2020. Poiché la decisione della Cassazione è intervenuta in un momento successivo (maggio 2025), il reato era già estinto da tempo.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di un principio inderogabile del nostro ordinamento. Anche se le argomentazioni della difesa sulla responsabilità penale sono state giudicate inammissibili e infondate, il giudice ha l’obbligo di rilevare d’ufficio la presenza di cause di estinzione del reato, come la prescrizione. La maturazione del termine prescrizionale, avvenuta molto prima della data dell’udienza in Cassazione, ha imposto l’annullamento della sentenza di condanna. La Corte ha quindi stabilito che, essendo il reato estinto, il processo non poteva più proseguire e la sentenza impugnata doveva essere cancellata.
Le Conclusioni
La sentenza evidenzia come, nel processo penale, l’accertamento della verità materiale debba sempre fare i conti con le garanzie procedurali, tra cui la ragionevole durata del processo e la prescrizione. In questo caso, pur confermando la correttezza sostanziale della condanna di primo grado per gestione illecita di rifiuti, la lunghezza dei tempi processuali ha portato all’estinzione del reato. La decisione finale è stata quindi un annullamento senza rinvio, che chiude definitivamente la vicenda giudiziaria per l’imputato, non per la sua innocenza, ma per il decorso del tempo.
Cosa succede se un reato si prescrive durante un processo?
Il giudice, in qualsiasi stato e grado del procedimento, deve dichiarare il reato estinto per prescrizione. Di conseguenza, se è già stata emessa una sentenza di condanna non definitiva, questa viene annullata senza rinvio, come accaduto nel caso esaminato.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un caso?
No, il giudizio della Corte di Cassazione è un giudizio di legittimità. Ciò significa che la Corte non può effettuare una nuova valutazione delle prove, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata.
L’imputato in questo caso è stato dichiarato innocente?
No. La Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le contestazioni sulla sua colpevolezza. La sentenza di condanna è stata annullata non perché l’imputato sia stato ritenuto innocente, ma esclusivamente perché il reato si è estinto a causa del decorso del tempo previsto dalla legge (prescrizione).
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35729 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 7 Num. 35729 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TELESE TERME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2018 del TRIBUNALE di BENEVENTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza del Tribunale di Benevento del 12 aprile 2018, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di euro 6.000 di ammenda, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 256, comma 1, lett. a) e comm 2, del d. Igs. 152 del 2006; fatto commesso in Telese Terme il 29 ottobre 2013.
Letta la memoria presentata dall’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia dell’imputato, i quale, oltre a rimarcare l’ammissibilità del ricorso, ha chiesto la riunione dell’odierno fasc processuale a quello ancora da fissare, essendo accaduto che un difensore del ricorrente, avverso la sentenza del 12 aprile 2018, aveva proposto appello, poi convertito in ricorso per cassazione, mentre l’altro difensore subentrato aveva correttamente proposto ricorso per cassazione.
Evidenziato che la richiesta difensiva della riunione è superata dall’avvenuta trattazione unita delle due distinte impugnazioni, peraltro tra loro in larga parte sovrapponibili.
Osservato che le censure in punto di responsabilità non risultano meritevoli di accoglimento, in quanto volte a sollecitare una differente lettura delle fonti dimostrative disponibili, opera questa che tuttavia esula dal perimetro del giudizio dì legittimità (cfr. Sez. 6, n. 546 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601), a fronte del percorso argomentativo non manifestamente illogico della sentenza impugnata, nella quale il giudice monocratico ha compiuto un’adeguata disamina degli elementi probatori acquisiti, richiamando in particolare sia gli accertamen compiuti nell’ottobre 2013 dai Carabinieri della Stazione di Telese Terme, sia i verbali sopralluogo dell’RAGIONE_SOCIALE di Benevento, sia la nota del Comune di Telese Terme del 30 gennaio 2017; da tali elementi è dunque emerso che la ditta RAGIONE_SOCIALE, di cui NOME COGNOME era legale rappresentante, svolgeva attività di gestione dei rifiuti in assenza della prescr autorizzazione, essendo l’impresa titolare della sola autorizzazione all’emissione in atmosfera.
Considerato che anche la statuizione sulla confisca dell’area e dei rifiuti è immune da censure, essendo stata rimarcata in maniera sintetica ma pertinente la natura illecita dell’attività svo
Ribadita l’infondatezza, tuttavia non manifesta, delle doglianze sollevate, deve prendersi at che nel frattempo è maturata la prescrizione del reato contravvenzionale contestato, risalendo la sua commissione al 29 ottobre 2013, per cui, pur tenendo conto dei 574 giorni di sospensione, il termine prescrizionale massimo (pari a 5 anni) risulta maturato il 24 maggio 2020, ossia molto prima dell’odierna decisione.
Ritenuto pertanto che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, per essere il reato ascritto a COGNOME estinto per prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il reato è estinto per prescrizione. Così deciso in Roma il 30 maggio 2025.