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Prescrizione estradizione: la parola allo Stato estero

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero contro la sentenza che concedeva la sua estradizione verso uno Stato estero. Il ricorrente sosteneva l’intervenuta prescrizione dei reati. La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale in materia di prescrizione estradizione: la verifica del decorso del termine spetta unicamente all’autorità giudiziaria dello Stato richiedente. Le dichiarazioni ufficiali fornite da quest’ultimo sulla non avvenuta prescrizione non possono essere sindacate dal giudice dello Stato richiesto.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Prescrizione Estradizione: La Cassazione Afferma la Competenza dello Stato Richiedente

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine nella cooperazione giudiziaria internazionale, stabilendo che la valutazione sulla prescrizione estradizione spetta unicamente allo Stato che richiede la consegna della persona. Questa decisione chiarisce i limiti del sindacato del giudice italiano di fronte a richieste di estradizione, rafforzando la fiducia tra sistemi giudiziari diversi.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla richiesta di estradizione formulata da uno Stato estero nei confronti di un cittadino straniero, accusato di gravi reati tra cui associazione per delinquere finalizzata ad attività di racket, frode bancaria e furto d’identità aggravato. La Corte d’appello italiana aveva dato parere favorevole all’estradizione, ritenendo sussistenti tutti i requisiti, inclusa la doppia incriminabilità (ovvero, i fatti sono reato in entrambi gli Stati) e l’assenza di pene contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento italiano.

Contro questa decisione, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la propria argomentazione principale sull’asserita intervenuta prescrizione dei reati secondo la legge dello Stato richiedente.

La Questione della Prescrizione Estradizione e il Ricorso

Il punto centrale del ricorso verteva sul calcolo del termine di prescrizione. La difesa sosteneva che la Corte d’appello avesse erroneamente accettato la tesi dello Stato estero, senza disporre di un’adeguata documentazione probatoria, come gli atti di accusa originali e quelli “sostitutivi”. Secondo il ricorrente, vi era stata una violazione delle norme statunitensi sulla prescrizione, in quanto non era stato adeguatamente dimostrato come i primi atti di accusa avessero effettivamente sospeso il decorso del tempo.

Inoltre, la difesa ha sollevato dubbi sulla legittimità della secretazione (il cosiddetto sealing) degli atti di accusa, sostenendo che tale procedura può sospendere la prescrizione solo se giustificata da un legittimo fine processuale, condizione che, a loro dire, non si era verificata nel caso specifico.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla Prescrizione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo infondato. I giudici supremi hanno ribadito un orientamento consolidato, basato sulle prassi internazionali e sui trattati in materia. Il principio chiave è che non spetta allo Stato richiesto (l’Italia) stabilire autonomamente se il reato si sia prescritto secondo le leggi dello Stato richiedente.

La motivazione è chiara: una tale verifica implicherebbe complesse valutazioni giuridiche che solo l’autorità giudiziaria dello Stato estero, che conosce e applica quotidianamente il proprio ordinamento, può effettuare correttamente. Lo Stato richiedente ha l’onere di fornire indicazioni ufficiali e formali sulla questione. Una volta fornite, queste dichiarazioni non possono essere messe in discussione o riesaminate dal giudice dello Stato richiesto.

Nel caso di specie, lo Stato estero aveva prodotto una “dichiarazione giurata” che attestava formalmente come il deposito del primo rinvio a giudizio avesse interrotto la prescrizione e come i successivi “rinvii a giudizio sostitutivi” avessero mantenuto sospeso il termine. La Corte ha ritenuto tale attestazione sufficiente e non sindacabile, considerando le obiezioni della difesa come meramente esplorative e oppositive, ma prive di fondamento giuridico nel contesto della procedura di estradizione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida il principio di fiducia e cooperazione reciproca su cui si fonda il sistema dell’estradizione. Stabilisce in modo netto che il ruolo del giudice dello Stato richiesto è quello di verificare la sussistenza dei requisiti formali previsti dai trattati e dalla legge interna, senza invadere la sfera di competenza giurisdizionale dello Stato richiedente. In materia di prescrizione estradizione, la parola dello Stato estero, se formalmente attestata, è decisiva. Ciò garantisce una maggiore fluidità e certezza nelle procedure di cooperazione giudiziaria internazionale, evitando che i tribunali nazionali si trasformino in sedi di revisione delle leggi e delle procedure di altri Paesi.

A chi spetta verificare il decorso della prescrizione in un procedimento di estradizione?
Secondo la Corte di Cassazione, la verifica della maturazione del periodo prescrizionale secondo l’ordinamento dello Stato richiedente spetta esclusivamente all’autorità di tale Stato.

Che valore hanno le dichiarazioni dello Stato richiedente sulla prescrizione?
Le indicazioni fornite dallo Stato richiedente sulla non avvenuta prescrizione, avendo carattere ufficiale e formale, non possono essere oggetto di ulteriore accertamento o sindacato da parte dello Stato richiesto.

Il giudice italiano può contestare le modalità con cui lo Stato estero ha interrotto o sospeso la prescrizione?
No. Il giudice italiano non può entrare nel merito delle complesse valutazioni giuridiche relative alle norme sulla prescrizione dello Stato richiedente, come quelle sull’efficacia interruttiva di un rinvio a giudizio o sulla legittimità della secretazione degli atti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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