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Prescrizione dichiarazione fraudolenta: la guida

La Corte di Cassazione si pronuncia sulla prescrizione della dichiarazione fraudolenta. Un amministratore, condannato per l’uso di fatture false relative all’anno d’imposta 2013, ha presentato ricorso sostenendo l’avvenuta prescrizione del reato. L’imputato argomentava che il termine dovesse decorrere dalla data di presentazione della dichiarazione IVA (febbraio 2014) e non da quella successiva della dichiarazione dei redditi. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e chiarendo indirettamente i criteri di calcolo per la consumazione del reato.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Prescrizione Dichiarazione Fraudolenta: Quando Inizia a Decorrere?

La corretta individuazione del momento in cui un reato si considera consumato è fondamentale per calcolare la prescrizione della dichiarazione fraudolenta. Questo tema, di cruciale importanza nel diritto penale tributario, determina la possibilità per lo Stato di perseguire e punire una condotta illecita. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 15733/2025) offre spunti essenziali per comprendere come la giurisprudenza affronta la questione, in particolare quando sono coinvolte diverse dichiarazioni fiscali.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda l’amministratore di una società a responsabilità limitata, condannato in appello per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 74/2000. La Corte d’Appello aveva già dichiarato la prescrizione per una parte delle accuse, relative all’anno di imposta 2012. Tuttavia, aveva confermato la responsabilità penale per l’utilizzo di cinque fatture false, emesse da un’altra ditta, nelle dichiarazioni fiscali relative all’anno d’imposta 2013.

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandosi su un unico motivo: l’erronea applicazione della legge in merito al calcolo della prescrizione. Secondo la difesa, anche il reato residuo si sarebbe dovuto considerare estinto. L’argomentazione chiave si fondava sul momento consumativo del reato. Poiché le fatture false erano state inserite nella dichiarazione IVA presentata il 28 febbraio 2014, la prescrizione avrebbe dovuto iniziare a decorrere da quella data, e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi (IRES), avvenuta mesi dopo. Se fosse stata accolta questa tesi, il reato sarebbe risultato prescritto al momento della decisione della Corte d’Appello.

La Decisione della Corte sulla prescrizione dichiarazione fraudolenta

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Sebbene la motivazione completa non sia interamente esplicitata nel testo, la decisione finale implica la correttezza del calcolo effettuato dalla Corte d’Appello. Il reato, al momento della sentenza di secondo grado, non era ancora prescritto.

La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità, ha implicitamente confermato che il tentativo di anticipare il dies a quo (il giorno di inizio del decorso della prescrizione) alla data della prima dichiarazione utile (quella IVA) non era fondato. La condanna dell’imputato è quindi diventata definitiva, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni

Il reato di dichiarazione fraudolenta è un reato di natura istantanea; si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione fiscale contenente dati falsi viene presentata all’amministrazione finanziaria. Il punto nodale sollevato dal ricorrente era quale, tra le diverse dichiarazioni annuali (IVA e IRES), dovesse essere considerata quella rilevante ai fini della consumazione del reato e, di conseguenza, dell’inizio della prescrizione.

La decisione di inammissibilità della Corte di Cassazione suggerisce che l’argomentazione del ricorrente era priva della necessaria solidità giuridica per essere esaminata nel merito. La giurisprudenza consolidata tende a considerare il reato consumato con la presentazione della dichiarazione annuale rilevante ai fini delle imposte evase. L’aver inserito i dati falsi in più dichiarazioni non consente necessariamente di scegliere la data più favorevole all’imputato per il calcolo della prescrizione. La Corte d’Appello aveva evidentemente ritenuto corretta una data di decorrenza successiva (probabilmente quella della dichiarazione dei redditi), un calcolo che la Cassazione non ha ritenuto di dover censurare, bollando il motivo di ricorso come manifestamente infondato.

Le Conclusioni

La sentenza in commento ribadisce un principio fondamentale: la determinazione del momento consumativo nei reati tributari è un’operazione che richiede un’analisi rigorosa e non può essere piegata a interpretazioni di comodo. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Certezza del Diritto: La decisione rafforza la prevedibilità del calcolo dei termini di prescrizione, evitando che strategie difensive basate sull’anticipazione del dies a quo a una qualsiasi delle dichiarazioni presentate possano facilmente trovare accoglimento.
2. Onere della Prova: Spetta a chi invoca la prescrizione fornire un’argomentazione giuridicamente inattaccabile. Un ricorso basato su motivi ‘manifestamente infondati’ non solo non porta all’annullamento della condanna, ma comporta anche ulteriori sanzioni economiche.
3. Rilevanza della Dichiarazione: Il momento consumativo del reato si lega alla presentazione della dichiarazione in cui l’evasione d’imposta si concretizza. La scelta tra dichiarazione IVA o dei redditi dipende dalla natura delle imposte evase e dalle specifiche contestazioni.

Quando si consuma il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false?
Il reato si considera consumato, essendo di natura istantanea, al momento della presentazione della dichiarazione annuale (IVA o dei redditi) all’amministrazione finanziaria.

È possibile far decorrere la prescrizione dalla data di presentazione della dichiarazione IVA anche se i dati falsi sono presenti anche nella successiva dichiarazione dei redditi?
Nel caso specifico, l’imputato ha avanzato questa tesi per sostenere l’avvenuta prescrizione, ma la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile, confermando la decisione della corte inferiore che non aveva ritenuto il reato prescritto.

Cosa comporta una dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Corte di Cassazione?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. In questo caso, ha portato alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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