Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32490 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32490 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME CARMINE RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a Diamballo (Senegal) il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 22/10/2024 del Tribunale di La Spezia udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO che insiste per l’accoglimento del ricorso e chiede l’annullamento con o senza rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di La Spezia, quale giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza del 29 aprile 2025, ha dichiarato non luogo a provvedere in merito all’istanza con la quale NOME COGNOME ha chiesto ex art. 673 cod. proc. pen. la revoca della sentenza di condanna n. 5563 emessa dalla Pretura Circondariale di Milano in data 4 ottobre 1996, passata in giudicato il 6 marzo 1997, in riferimento al capo b), il delitto reato di ricettazione di videocassette prive di contrassegno SIAE.
Il ricorrente, con la sentenza in precedenza indicata, divenuta irrevocabile il 6 marzo 1997, Ł stato condannato per i reati di cui ai capi a), reato ex art. 2 l. 121 del 1987 per avere detenuto 80 videocassette relative a opere cinematografiche prive di timbro SIAE, e b), per la ricettazione, qualificata ai sensi dell’art. 648, comma secondo, cod. pen., delle medesime videocassette.
In data 3 dicembre 2024 la difesa dell’attuale ricorrente ha proposto istanza ex art. 673 cod. proc. pen. con la quale ha chiesto la revoca della sentenza di condanna per la sopravvenuta abolitio criminis dei due reati a fronte dell’applicazione dei principi contenuti nella sentenza C-20/05, COGNOME, emessa dalla Corte di Giustizia Europea con riferimento all’interpretazione della direttiva 83/189/CEE del Consiglio d’Europa, così come poi tali principi sono stati applicati dalla successiva giurisprudenza di legittimità (tra le varie Sez. 3, n. 13816 del 12/02/2008, Valentino, Rv. 239952 – 01 con specifico riferimento all’applicabilità a supporti diversi dai CD).
Il giudice dell’esecuzione, con provvedimento del 3 febbraio 2025, ha accolto l’istanza quanto al reato di cui al capo a) e, ritenuto che nel caso di specie la sopravvenuta
incompatibilità della normativa nazionale con quella comunitaria non incidesse sul nesso c.d. di ‘presupposizione’ e che, pertanto, la rilevanza del fatto come ricettazione doveva essere effettuata con esclusivo riferimento al momento della condotta incriminata, cioŁ della ricezione dei prodotti, ha respinto l’istanza relativa al reato di cui all’art. 648, comma secondo, cod. pen. Sotto altro profilo, d’altro canto, il giudice dell’esecuzione, come richiesto in via subordinata, ha dichiarato l’estinzione del medesimo reato ai sensi dell’art. 167 cod. pen., in virtø del decorso del tempo.
La difesa non ha impugnato l’ordinanza pronunciata il 3 febbraio 2025, ciò neanche in merito all’omessa pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione quanto alla intervenuta depenalizzazione del reato di ricettazione ex art. 16 l. 248 del 2000.
In data 17 aprile 2025 la difesa ha quindi proposto, qualificandola espressamente come ‘riproposizione’, istanza di revoca ex art. 673 cod. proc. pen. della sentenza di condanna per ‘abolitio criminis per depenalizzazione reato di ricettazione ad opera articolo 16 legge 248 del 2000 ‘.
Il giudice dell’esecuzione, con decreto del 29 aprile 2025, ha dichiarato non luogo a provvedere in ordine all’istanza in quanto questa costituiva una ‘ mera riproposizione della precedente istanza ‘ e ciò anche considerato che nella precedente ordinanza erano state esplicitate le ragioni del mancato accoglimento di quanto invocato.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge in relazione all’art. 666, commi 2 e 6, cod. proc. pen. in ordine alla conclusione per cui l’istanza da ultimo presentata sia una ‘ mera riproposizione di una richiesta già rigettata basata sui medesimi elementi ‘. Nel primo articolato motivo la difesa rileva che il decreto impugnato sarebbe errato in quanto si fonderebbe su di un presupposto errato, cioŁ che gli elementi posti a fondamento dell’attuale richiesta siano i medesimi rispetto a quelli in merito ai quali il giudice dell’esecuzione si era già pronunciato. A ben vedere, infatti, la richiesta ora formulata non si fonda sulla sopravvenuta carenza del reato presupposto quanto, invece, sulla sopravvenuta abolitio criminis del reato di ricettazione a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 16 l. 248 del 2000, così come ritenuta dalla lettura contenuta nella sentenza Sez. U, n. 47164 del 20/12/2005, Marino, Rv. 232302 – 01 per la quale il concorso tra l’ipotesi in questo prevista e il reato di ricettazione Ł configurabile per le sole condotte poste in essere successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68, che ha abrogato l’art. 16 della Legge n. 248 del 2000, sostituendolo con il nuovo testo dell’art. 174ter Legge n. 633 del 1941.
A ben vedere, quindi, la questione giuridica ora posta sarebbe nuova e diversa rispetto a quella in merito alla quale si Ł espresso il primo giudice dell’esecuzione che, infatti, ha del tutto omesso di pronunciarsi e motivare in ordine agli argomenti ora sollevati, seppure questi erano stati oggetto di una richiesta subordinata e incidentale, (cfr. pag. 10 dell’attuale ricorso in cui si evidenzia tale punto ed Ł trascritta la parte dell’istanza originaria). Nel merito, d’altro canto, la difesa evidenzia che la questione ora posta oltre che nuova sarebbe anche fondata
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 16 l. 248 del 2000 e 673 cod. proc. pen. in ordine alla sopravvenuta abolitio criminis del reato di ricettazione. Nel secondo articolato motivo la difesa, citando specifica giurisprudenza sul punto, rileva che il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di pronunciarsi in merito alla questione posta non tenendo in alcuna considerazione e conto i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità successiva alle Sezioni unite già citate e ciò anche con riferimento a situazioni del tutto sovrapponibili a quella in esame, nella quale il reato Ł stato commesso nel 1996, cioŁ
ben prima dell’entrata in vigore della l. 248 del 2000 per cui ‘ la condotta di acquisto di supporti informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni legali, ove non costituisse concorso ex articolo 110 c.p. in uno dei reati previsti dagli articoli 171- 171 octies legge 22 aprile 1941 n. 633, integrava l’illecito amministrativo di cui all’art. 16 della stressa legge, che in virtø del principio di specialità previsto dall’art. 9 legge 24 novembre 1981 n. 689, prevaleva in ogni caso sull’art. 648 cod. pen. che punisce lo stesso fatto anche se l’acquisto fosse destinato al commercio ‘.
In data 12 agosto 2025 sono pervenute in cancelleria le conclusioni con le quali il AVV_NOTAIO NOME COGNOME chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
In data 11 settembre 2025 sono pervenute in cancelleria le conclusioni con le quali l’AVV_NOTAIO insiste per l’accoglimento del ricorso e chiede espressamente l’annullamento con o senza rinvio del provvedimento impugnato, la revoca della sentenza di condanna per il reato di ricettazione e l’annullamento dell’ordinanza pronunciata dal Tribunale di La Spezia il 3 febbraio 2025 nella parte in cui ha respinto la richiesta di revoca e ha dichiarato l’estinzione del reato di ricettazioneex art. 167 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Nel primo articolato motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge in relazione all’art. 666, commi 2 e 6, cod. proc. pen. evidenziando che l’affermazione posta a fondamento della dichiarazione di inammissibilità dell’istanza, cioŁ che questa sarebbe la mera riproposizione di un’altra già decisa, sarebbe errata in quanto il primo giudice non si era espresso in ordine alla questione giuridica ora posta e che questa, pertanto, considerata la carenza di motivazione sul punto, sarebbe da ritenersi nuova.
La doglianza Ł infondata.
2.1. La disciplina della fase giurisdizionale dell’esecuzione Ł contenuta negli articoli da 665 a 676 del codice di procedura penale (per una disamina dei due diversi riti per questa previsti cfr. in motivazione Sez. 1, n. 28917 del 26/03/2024, COGNOME, Rv. 286806 – 01).
L’art. 666 cod. proc. pen. regola il procedimento di esecuzione e stabilisce che questo prende le mosse da una richiesta del pubblico ministro, dell’interessato o del difensore.
Il 2 comma della stessa norma prevede espressamente che l’incidente di esecuzione, oltre che nell’ipotesi di manifesta infondatezza della relativa richiesta, deve essere dichiarato inammissibile nel caso in cui questo sia la mera riproposizione di una richiesta già rigettata o comunque decisa.
In questo modo la norma, che pure non stabilisce alcun limite temporale alla presentazione della richiesta, pone, una rigida preclusione processuale al potere delle parti di instaurare il procedimento di esecuzione e a quello del giudice di pronunciarsi.
Come da ultimo ribadito, infatti, il principio della preclusione processuale (divieto del ” ne bis in idem “) trova applicazione, oltre che nel procedimento di cognizione, anche in sede esecutiva per cui non Ł consentito proporre un nuovo incidente di esecuzione fondato sui medesimi elementi in precedenza contenuti in una richiesta già respinta con provvedimento definitivo (Sez. 4, n. 45413 del 04/12/2024, De Nuptiis, Rv. 287352 – 01).
In tale prospettiva, pertanto, le richieste che si riferiscono al medesimo titolo esecutivo devono essere basate su elementi diversi e nuovi rispetto a quelli in ordine ai quali il giudice si Ł già pronunciato o, meglio, Ł stato chiamato a pronunciarsi.
Ciò in quanto, secondo l’interpretazione della giurisprudenza di questa Corte, in
applicazione del principio di efficienza processuale, la reiterazione di un incidente di esecuzione relativo al medesimo titolo esecutivo Ł ammissibile solo allorchØ l’elemento posto a fondamento dell’istanza oltre che diverso sia anche nuovo in quanto «se si prescindesse dal carattere della novità, invero, sarebbe possibile parcellizzare gli incidenti di esecuzione, innestando per ogni motivo uno specifico incidente e ciò si porrebbe in dissonanza con il principio costituzionale di efficienza e ragionevole durata del processo e genererebbe una irrazionale sperequazione con il processo di cognizione, dove ad ogni fatto corrisponde un unico processo ed il giudicato sul fatto copre il dedotto e il deducibile» (Sez. 3, n. 44415 del 30/09/2004, P.m. in proc. Iannotta, Rv. 230943 – 01; con riferimento alla novità dell’elemento sul quale si deve fondare la successiva domanda cfr. Sez. 3, n. 2694 del 20/11/2019, dep. 2020, Pellegrino, Rv. 278283 – 01; Sez. 1, n. 25345 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 262135 – 01).
Nello stesso senso, d’altro canto, deve essere letta anche la sentenza Sez. 4, n. 45413 del 04/12/2024, De Nuptiis, Rv. 287352 – 02, pure citata nel ricorso e dal Procuratore generale, che ha ribadito il principio di diritto per cui «il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto formalmente irrevocabile, preclude una nuova decisione sullo stesso oggetto, ma detta preclusione non opera in maniera assoluta e definitiva, bensì ” rebus sic stantibus “, ossia finchØ non si prospettino nuovi dati di fatto o nuove questioni giuridiche, per tali intendendosi non solo gli elementi sopravvenuti, ma anche quelli preesistenti dei quali non si sia tenuto conto ai fini della decisione anteriore» (così anche in precedenza Sez. 5, n. 15341 del 24/02/2010, COGNOME, Rv. 246959; Sez. 1, n. 2259 del 05/04/1996, COGNOME, Rv. 204816e, ancor prima: Sez. 1, n. 1435 del 23/05/1990, COGNOME, Rv. 184698).
Dalla motivazione della stessa, infatti, risulta evidente che a fondamento della seconda e ulteriore istanza devono essere indicati nuovi elementi di fatto ovvero prospettata una questione giuridica che il giudice dell’esecuzione non era stato in alcun modo chiamato ad affrontare e che, quindi, non ha neanche implicitamente deciso, una questione, cioŁ, che Ł nuova in quanto non Ł stata in precedenza sottoposta in alcun modo al giudice.
Sotto questo profilo, pertanto, si deve ribadire che la preclusione processuale che opera nel procedimento di esecuzione si riferisce a tutte le questioni comunque dedotte e l’ulteriore istanza Ł ammissibile nei soli casi in cui questa si fondi su nuovi elementi di fatto, siano essi preesistenti o sopravvenuti, ovvero richieda al giudice di pronunciarsi in merito a una questione giuridica nuova, che cioŁ non Ł stata oggetto di una precedente richiesta.
2.2. Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione si Ł conformato ai principi indicati e, seppure in termini sintetici, ha dato atto che l’attuale istanza costituisce la mera riproposizione di quella già in precedenza presentata e decisa.
La questione oggetto dell’attuale richiesta, infatti, era già contenuta nell’incidente di esecuzione introdotto con l’istanza proposta il 3 dicembre 2024 (cfr. pagine 3, secondo trattino, e 10 dell’atto di ricorso, nonchØ il contenuto dell’incidente di esecuzione originariamente proposto, che questa Corte ha verificato quale giudice del fatto processuale Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – 01).
La medesima questione, che era stata allora compiutamente esposta e così dedotta, non Ł, pertanto, ora qualificabile come nuova.
NØ, d’altro canto, tale la rende il fatto che il primo giudice ha omesso di confrontarsi con gli argomenti allora sostenuti e che la motivazione del provvedimento emesso il 3 febbraio 2025 sia sul punto inesistente.
Ciò in quanto a fronte della formulazione di una richiesta specifica, la carenza, pure
totale, di una risposta Ł configurabile quale diniego implicito e non quale mancanza di decisione sul punto tale da consentire, in assenza di nuovi elementi di fatto e di diritto, la riproposizione di un successivo incidente di esecuzione fondato sui medesimi argomenti giuridici.
Ragione questa per la quale, definitivamente esaurito il primo procedimento di esecuzione con la mancata impugnazione dell’ordinanza pronunciata il 3 febbraio 2025, in ordine alla questione giuridica oggetto dell’attuale istanza opera la preclusione processuale di cui all’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. e il ricorso avverso l’attuale provvedimento di ‘ non luogo a provvedere ‘, rectius di inammissibilità, deve essere rigettato.
2.3. Il rigetto del primo motivo di ricorso preclude la disamina delle censure oggetto del secondo motivo di impugnazione.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 17/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME