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Preclusione processuale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un condannato avverso il decreto che aveva respinto la sua richiesta di affidamento in prova. La decisione si fonda sul principio di preclusione processuale, poiché l’istanza era una mera ripetizione di una precedente già rigettata, senza l’introduzione di alcun nuovo elemento di fatto o di diritto (novum).

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Preclusione Processuale: No a Istanze Fotocopia al Tribunale di Sorveglianza

Il principio di preclusione processuale rappresenta un cardine del nostro ordinamento, volto a garantire la stabilità delle decisioni giudiziarie e l’efficienza della giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 37104/2024) ribadisce con forza questo concetto nell’ambito del procedimento di sorveglianza, chiarendo quando un’istanza può essere dichiarata inammissibile perché meramente ripetitiva di una precedente. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla richiesta di un condannato di essere ammesso alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale. Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Campobasso dichiarava l’istanza inammissibile de plano, ovvero senza indire un’udienza. La motivazione era duplice: la richiesta era manifestamente infondata e, soprattutto, era una semplice reiterazione di una domanda identica, già respinta pochi mesi prima con un provvedimento del 19 ottobre 2023.

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che il Tribunale avesse sbagliato a dichiarare l’inammissibilità, poiché la motivazione del primo provvedimento di rigetto era, a suo dire, errata. In sostanza, anziché dimostrare la novità della sua seconda istanza, il ricorrente contestava il merito della decisione precedente.

La Decisione della Corte di Cassazione e la preclusione processuale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo generico, aspecifico e manifestamente infondato. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire i confini applicativi del principio di preclusione processuale e della procedura di declaratoria di inammissibilità de plano.

La Corte ha specificato che una decisione de plano è legittima solo quando le ragioni dell’inammissibilità sono di ‘palmare evidenza’ e non richiedono una complessa valutazione di merito, altrimenti si lederebbero i diritti di difesa e del contraddittorio. Nel caso specifico, la natura meramente ripetitiva dell’istanza rendeva la sua inammissibilità immediatamente riconoscibile.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nell’applicazione dell’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale, richiamato dall’art. 678 per il procedimento di sorveglianza. Questa norma sancisce esplicitamente l’inammissibilità di un’istanza successiva se fondata sui medesimi presupposti di fatto e sulle stesse ragioni di diritto di una precedente già rigettata con provvedimento definitivo.

La Corte ha chiarito che, per superare questa barriera processuale, non è sufficiente riproporre la stessa domanda. È indispensabile che la nuova istanza si fondi su un novum, ovvero su elementi di fatto o argomentazioni giuridiche nuove, non valutate in precedenza. Il ricorrente, invece, si era limitato a contestare il merito della decisione precedente, che però non risultava essere stata impugnata e doveva quindi considerarsi definitiva. In questo modo, non ha offerto alcun elemento nuovo su cui basare la seconda richiesta.

Il ricorso, quindi, non si confrontava con la motivazione del provvedimento impugnato (l’inammissibilità per ripetitività), ma tentava impropriamente di riaprire una questione già decisa. Questa strategia processuale è stata ritenuta inammissibile, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende per la colpa insita nella proposizione di un’impugnazione palesemente infondata.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un importante monito: il sistema giudiziario non può essere gravato da istanze ‘fotocopia’. Il principio di preclusione processuale serve a evitare che questioni già definite possano essere riproposte all’infinito, garantendo certezza del diritto. Per poter presentare una nuova domanda dopo un rigetto, è fondamentale dimostrare che sono intervenuti cambiamenti significativi o che si dispongono di nuovi argomenti rilevanti. In assenza di un novum, la strada sarà inevitabilmente quella dell’inammissibilità, con le conseguenti sanzioni economiche.

È possibile presentare una nuova istanza al Tribunale di Sorveglianza dopo che una richiesta simile è stata respinta?
Sì, ma solo a condizione che la nuova istanza sia fondata su elementi di fatto o di diritto nuovi (novum) che non sono stati oggetto di valutazione nel precedente provvedimento. La semplice riproposizione di una domanda identica, basata sugli stessi presupposti, è inammissibile.

Cosa si intende per ‘preclusione processuale’ nel procedimento di sorveglianza?
Si tratta di un principio, previsto dall’art. 666, comma 2, c.p.p., che impedisce al giudice di esaminare nel merito un’istanza se questa si basa sugli stessi presupposti di fatto e sulle stesse ragioni di diritto di una precedente richiesta già dichiarata inammissibile o rigettata con un provvedimento divenuto definitivo.

Quali sono le conseguenze se si presenta un ricorso in Cassazione ritenuto inammissibile per colpa?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. In aggiunta, se la Corte ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso (ad esempio, perché manifestamente infondato o ripetitivo), può condannare il ricorrente al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende. In questo caso, l’importo è stato fissato in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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