LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Preclusione processuale: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso che riproponeva una richiesta già esaminata e rigettata in precedenza. La decisione si fonda sul principio della preclusione processuale, stabilito dall’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale, che impedisce di reiterare istanze identiche in assenza di nuovi fatti o questioni giuridiche. La Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Preclusione Processuale: Quando un Ricorso Diventa Inammissibile

Il principio di preclusione processuale è un pilastro del nostro sistema giudiziario, essenziale per garantire la stabilità delle decisioni e l’efficienza della giustizia. Esso impedisce che una questione già decisa possa essere riproposta all’infinito, creando una barriera alla reiterazione di istanze identiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 20283/2024) offre un chiaro esempio di applicazione di tale principio, dichiarando inammissibile un ricorso proprio perché mera riproposizione di una richiesta già rigettata.

I Fatti del Caso

Un soggetto condannato presentava un’istanza alla Corte d’Assise d’Appello di Napoli per ottenere la revoca del riconoscimento della recidiva. La richiesta si basava sull’interpretazione di una sentenza della Corte Costituzionale (n. 73 del 2020). Tuttavia, la stessa Corte d’Appello aveva già deciso su una richiesta identica, presentata dallo stesso soggetto, con un’ordinanza di quasi due anni prima, rigettandola.

Di fronte alla nuova istanza, la Corte d’Appello ne dichiarava l’inammissibilità, ravvisando in essa una semplice ripetizione della precedente. L’imputato, non soddisfatto, proponeva ricorso per Cassazione contro questa decisione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la preclusione processuale

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno basato la loro decisione sull’articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che se un’istanza è una mera reiterazione di una richiesta già rigettata, il giudice può dichiararla inammissibile senza ulteriori formalità.

Questo meccanismo dà vita alla cosiddetta preclusione processuale “allo stato degli atti”. Ciò significa che una volta che un giudice si è pronunciato, quella specifica questione non può essere nuovamente sollevata, a meno che non intervengano elementi nuovi. L’obiettivo è evitare che i processi si protraggano a tempo indeterminato a causa della riproposizione seriale delle medesime doglianze.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha chiarito che la preclusione non è un ostacolo assoluto e inderogabile, ma va valutata tenendo conto del contesto. Essa può essere superata solo se l’istante introduce “fatti o questioni che non hanno formato oggetto della pregressa decisione”. In altre parole, non basta riproporre gli stessi argomenti, magari con una veste diversa; è necessario presentare elementi di novità, siano essi di fatto o di diritto, che non siano stati precedentemente valutati dal giudice.

Nel caso specifico, il ricorrente si era limitato a ripresentare la stessa identica richiesta, senza addurre alcun nuovo elemento. La sua istanza era una fotocopia della precedente e, pertanto, si scontrava inevitabilmente con la barriera della preclusione processuale. La Corte ha sottolineato che questa conclusione è pienamente in linea con la giurisprudenza consolidata, sia delle sezioni semplici che delle Sezioni Unite.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in commento ribadisce un principio fondamentale per la funzionalità del sistema giudiziario: non si può abusare del diritto di presentare istanze per rimettere continuamente in discussione ciò che è già stato deciso. La stabilità delle decisioni è un valore da tutelare. Per superare la preclusione, non è sufficiente una diversa argomentazione, ma è indispensabile l’allegazione di elementi nuovi e concreti che giustifichino un riesame.

Questa pronuncia serve da monito: ogni istanza deve essere ponderata e, se successiva a un rigetto, deve fondarsi su presupposti realmente nuovi. In caso contrario, la conseguenza non sarà solo una declaratoria di inammissibilità, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come accaduto nel caso di specie.

È possibile presentare più volte la stessa richiesta a un giudice penale?
No, in base al principio di preclusione processuale (art. 666, co. 2, c.p.p.), non è possibile riproporre una richiesta già rigettata, a meno che non si presentino fatti o questioni giuridiche nuove che non siano state esaminate nella precedente decisione.

Cosa si intende per ‘preclusione processuale allo stato degli atti’?
Significa che l’impedimento a ripresentare una richiesta non è assoluto, ma si basa sulla situazione processuale esistente al momento della decisione. La preclusione può essere superata se emergono nuovi elementi di fatto o di diritto non precedentemente considerati dal giudice.

Qual è la conseguenza se si ripropone una richiesta identica a una già rigettata?
La richiesta viene dichiarata inammissibile dal giudice, senza entrare nel merito della questione. Come nel caso di specie, il ricorrente può anche essere condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati