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Preclusione processuale: quando non si può riproporre

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per il riconoscimento della continuazione tra reati, ribadendo il principio della preclusione processuale. La Corte ha chiarito che un’istanza già rigettata non può essere riproposta in assenza di reali e concreti elementi di novità, escludendo che il rinvio a giudizio di terzi possa essere considerato tale.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Preclusione Processuale: la Cassazione Spiega i Limiti alla Riproposizione delle Istanze

Il principio della preclusione processuale rappresenta un pilastro del nostro ordinamento, garantendo la certezza del diritto e l’efficienza del sistema giudiziario. Con l’ordinanza n. 18501/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su questo tema cruciale, chiarendo i confini entro cui è possibile ripresentare un’istanza già rigettata in fase esecutiva. La decisione sottolinea che, senza l’allegazione di un vero e proprio ‘novum’, ovvero un elemento di novità sostanziale, la porta della giustizia su quella specifica questione resta chiusa.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un condannato avverso un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, in funzione di Giudice dell’esecuzione. Il ricorrente aveva chiesto il riconoscimento della continuazione tra più reati, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale, ma la sua istanza era stata dichiarata inammissibile.

Il motivo principale del ricorso in Cassazione si fondava sulla presunta violazione della giurisprudenza di legittimità in materia di preclusione processuale. Secondo il ricorrente, il giudice di merito avrebbe errato nel non considerare come ‘elemento di novità’ il rinvio a giudizio di alcuni suoi coimputati per reati commessi ai suoi danni. A suo avviso, tale circostanza avrebbe dovuto superare la preclusione derivante da un precedente rigetto di un’analoga istanza, risalente al luglio 2022.

La Decisione della Corte di Cassazione e la preclusione processuale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si allinea a un orientamento consolidato, ribadendo con forza che il principio del ne bis in idem (non due volte per la stessa cosa), sancito dall’art. 649 c.p.p., opera come principio generale dell’ordinamento anche in fase esecutiva. Questo significa che il giudice dell’esecuzione deve dichiarare inammissibile una richiesta che sia una mera riproposizione di un’altra già rigettata, se basata sui medesimi elementi.

La Corte ha specificato che la preclusione processuale non è assoluta, ma può essere superata solo in presenza di ‘nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatti’, siano essi sopravvenuti o preesistenti ma non considerati nella decisione precedente. Nel caso di specie, l’istanza presentata era stata correttamente ritenuta inammissibile perché non allegava alcun ‘novum’ idoneo a rimettere in discussione la precedente valutazione che aveva già negato l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

Le Motivazioni: Il Principio del ‘Ne Bis in Idem’ in Fase Esecutiva

Nelle motivazioni, la Cassazione ha chiarito che il provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto irrevocabile, preclude una nuova pronuncia sul medesimo petitum (oggetto della richiesta) fino a quando non emergano elementi nuovi. Il rinvio a giudizio di terzi, indicato dal ricorrente, non è stato ritenuto un elemento di novità rilevante ai fini della richiesta di continuazione. Si trattava di una circostanza esterna alla valutazione del disegno criminoso del condannato, già esaminata e negata in una precedente decisione.

La Corte ha quindi confermato la correttezza della decisione del Giudice dell’esecuzione, che aveva rilevato come l’istanza fosse meramente reiterativa di una domanda già esaminata, in palese violazione del principio di preclusione processuale. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, a causa della palese infondatezza e irritualità dell’impugnazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale per la stabilità delle decisioni giudiziarie. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare:

1. Stabilità del Giudicato Esecutivo: Una decisione del giudice dell’esecuzione, una volta divenuta irrevocabile, crea una barriera processuale che non può essere aggirata con la semplice riproposizione della stessa istanza.
2. Necessità di un ‘Novum’ Sostanziale: Per superare la preclusione processuale, non è sufficiente allegare una qualsiasi circostanza nuova, ma è necessario presentare un elemento di fatto o di diritto che sia concretamente idoneo a modificare il quadro probatorio o giuridico su cui si era basata la precedente decisione.
3. Responsabilità del Ricorrente: La proposizione di ricorsi palesemente inammissibili e reiterativi comporta non solo il rigetto, ma anche la condanna a sanzioni pecuniarie, a tutela dell’efficienza dell’amministrazione della giustizia.

Cos’è la preclusione processuale in fase esecutiva?
È il principio che impedisce di ripresentare al giudice dell’esecuzione una richiesta che è già stata esaminata e rigettata con un provvedimento divenuto definitivo, a meno che non vengano addotti elementi di novità sostanziali.

Un’istanza già rigettata dal giudice dell’esecuzione può essere riproposta?
Sì, ma solo a condizione che si prospettino nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatto, sopravvenuti o preesistenti ma non considerati in precedenza, che siano in grado di modificare la valutazione originaria.

Il rinvio a giudizio di altre persone costituisce un ‘elemento nuovo’ sufficiente a superare la preclusione processuale?
No, secondo la Corte di Cassazione nel caso di specie, il rinvio a giudizio di terzi non costituisce un ‘novum’ idoneo a superare la preclusione relativa a una richiesta di continuazione, se tale circostanza non incide sulla valutazione, già effettuata, dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso in capo al condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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