Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26606 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26606 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nata a Busto Arsizio il DATA_NASCITA difesa dall’AVV_NOTAIO del Foro di RAGIONE_SOCIALE avverso l’ordinanza in data 09/01/2024 della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, che aveva rigettato l’istanza di applicazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., della continuazione; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, ha chiesto che sia il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 09/01/2024, la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha accolto in parte l’istanza avanzata da NOME COGNOME e volta al riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, con riferimento a tre sentenze di condanna: 1.Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE 01.02.2023, in parziale riforma di Tribunale Busto Arsizio 13.11.2018, irrevocabile 09.11.2023; 2.Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE 13.09.2017, di conferma di Tribunale RAGIONE_SOCIALE
20.09.2016, irrevocabile 27.03.2018;
3.Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE 20.05.2019, di conferma di Tribunale RAGIONE_SOCIALE 27.09.2018, irrevocabile 19.01.2021.
La Corte territoriale ha ravvisato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., l’unicità di disegno criminoso con riferimento alle sentenze sub 1) e 3), alla luce del dato spazio-temporale (si trattava di reati commessi tra luglio 2014 e aprile 2015), dell’omogeneità delle violazioni (fatti di bancarotta fraudolenta e reati tributari), commesse nel ruolo di amministratore del RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE
Ha invece rigettato la richiesta con riferimento alle sentenze sub 2) e 3), ritenendo, limitatamente a tali decisioni, che l’istanza costituisse mera riproposizione della medesima questione, già respinta con ordinanza 06.04.2023 dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
Ha interposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, munito di regolare procura, articolando un unico motivo di doglianza.
Si duole dell’omessa motivazione in ordine alla declaratoria di inammissibilità dell’istanza, erroneamente ritenuta mera riproposizione di una richiesta già rigettata e, comunque, la manifesta illogicità della stessa anche nella forma del travisamento dei fatti, come risultante dal testo del provvedimento, ove raffrontato con il contenuto dell’istanza tesa ad ottenere il vincolo della continuazione tra le sentenze indicate ai punti 1), 2) e 3). In ogni caso, si lamenta la violazione di legge con riferimento alla mancata applicazione della continuazione tra le sentenze di cui ai sub 1) e 2).
La Corte di appello – si duole la ricorrente – aveva dichiarato inammissibile la richiesta di applicazione della continuazione con riferimento alle sentenze di cui sub 2) e 3), affermando che si sarebbe trattato di mera riproposizione dell’istanza rigettata in data 06.04.2023 dal Giudice dell’esecuzione del Tribunale RAGIONE_SOCIALE ma tale considerazione non sarebbe correlata da corretta motivazione, atteso che l’istanza era tesa al riconoscimento del vincolo, trattandosi di condotte tenute nell’ambito delle vicende che portarono al fallimento della società RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza sub 1) – Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE 01.02.2023, in parziale riforma di Tribunale Busto Arsizio 13.11.2018, irrevocabile 09.11.2023 – era stata emessa in relazione al reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali, in riferimento a condotte tenute a partire dall’anno 2006, in quanto l’imputata, in qualità di I.r. della RAGIONE_SOCIALE, condannata per avere cagionato il fallimento della società, aveva altresì accumulato debiti e sanzioni erariali per oltre 3,5 milioni di Euro.
La sentenza sub 2) – Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE 13.09.2017, di conferma di Tribunale RAGIONE_SOCIALE 20.09.2016, irrevocabile 27.03.2018 – afferiva invece all’omesso versamento all’RAGIONE_SOCIALE, in qualità di legale rappresentante della menzionata società, delle ritenute previdenziali e assistenziali operate, quale datore di lavoro, sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti, in relazione agli anni 2010, 2011, 2012, per l’ammontare di 11.134,76 Euro.
Si tratterebbe dunque di condotte omogenee, tenute nella veste di amministratore della stessa società.
Con riferimento all’ordinanza 06.04.2023 del Giudice dell’esecuzione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, la Corte di appello aveva ritenuto, errando, che la richiesta, rigettata da predetto giudice, fosse stata riferita alle sentenze di cui sub 2) e 3).
Si sarebbe dunque trattato di istanza fondata su presupposti diversi da quelli della presente che, diversamente, era finalizzata ad ottenere il riconoscimento della continuazione, da un lato, tra le sentenze di cui sub 1) e 2), dall’altro tra quelle sub 1) e 3).
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere pertanto rigettato.
Emerge dagli atti allegati al ricorso che, con ordinanza del Giudice dell’esecuzione del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE del 06.04.2023 era stata rigettata l’istanza di applicazione della continuazione con riferimento alle seguenti sentenze:
N. 1789/2017, n. 41576/2013 RGNR, n. 1031/2014 RGTR- emessa in data 20/09/2016 dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, irrevocabile 27/03/2018;
N. 2342/2018 – n. 15076/2017 R.G.N.R, n. 28796/2017 RGIP, emessa in data 27/09/2018 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, irrevocabile 09/01/2021.
Trattasi delle sentenze indicate sub 2) e 3) dell’ordinanza della Corte di appello che ha dichiarato, limitatamente alle medesime, l’istanza inammissibile, in quanto mera riproposizione della stessa istanza rigettata con ordinanza 06.04.2023; ha riconosciuto invece l’applicabilità dell’art. 671 cod. proc. pen. riguardo alle sentenze sub 1) e 3), avendo pertanto escluso soltanto la decisione sub 2), con riferimento alla quale, si ribadisce, era già stata negata la continuazione.
Costituisce consolidato principio di diritto, quello per cui «In ogni caso, è fuori discussione che, nel procedimento di esecuzione come in quello di
sorveglianza (per il richiamo fatto dall’art. 678 cod. proc. pen. alla stessa disposizione), opera il principio della preclusione processuale derivante dal divieto di bis in idem, nel quale, secondo la giurisprudenza di legittimità, s’inquadra la regola dettata dal secondo comma dell’art. 666 cod. proc. pen., che impone al giudice dell’esecuzione di dichiarare inammissibile la richiesta che sia mera riproposizione, in quanto basata sui “medesimi elementi”, di altra già rigettata» (cfr. Sez. U., n. 18288 del 21/01/2010, COGNOME, Rv. 246651-01, in motivazione).
Ne consegue, a fronte di tale ipotesi, destituito di fondamento il motivo di ricorso che, conseguentemente, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna irricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/05/2024.