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Preclusione processuale: no a istanze già decise

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale che aveva accolto una richiesta di continuazione tra reati già precedentemente esaminata e rigettata. La sentenza ribadisce il principio della preclusione processuale, secondo cui non è possibile riproporre un’istanza basata sui medesimi elementi, a meno che non emergano fatti nuovi. Questa decisione rafforza la stabilità dei provvedimenti in fase esecutiva, impedendo la presentazione di richieste meramente dilatorie.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Preclusione processuale: la Cassazione blocca le istanze ripetitive

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 425/2024) ha riaffermato un principio cardine della procedura penale: la preclusione processuale. Questo concetto impedisce di ripresentare al giudice dell’esecuzione una richiesta già esaminata e decisa, a meno che non emergano elementi nuovi. La decisione sottolinea l’importanza della stabilità delle decisioni giudiziarie per garantire l’economia e l’efficienza processuale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso del Procuratore della Repubblica contro un’ordinanza del Tribunale di Cosenza. Quest’ultimo, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva accolto l’istanza di un condannato volta a riconoscere la ‘continuazione’ tra cinque diverse sentenze, rideterminando la pena complessiva.

Tuttavia, il Procuratore ha evidenziato come una richiesta identica fosse già stata presentata in passato. In particolare, un’istanza era stata parzialmente accolta con un’ordinanza del 2019, mentre un’altra, del tutto analoga, era stata rigettata nel 2021. La decisione di rigetto del 2021 era stata persino impugnata in Cassazione, che aveva dichiarato il ricorso inammissibile, rendendo di fatto definitiva la decisione del Tribunale. Nonostante ciò, il giudice dell’esecuzione aveva nuovamente esaminato e, questa volta, accolto la stessa identica istanza, spingendo la Procura a ricorrere nuovamente in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso del Procuratore fondato, annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata. I giudici di legittimità hanno stabilito che il Tribunale non avrebbe dovuto neppure prendere in esame una richiesta che era una mera riproposizione di un’istanza già decisa e rigettata in via definitiva. La Corte ha inoltre chiarito che la successiva ‘revoca’ dell’ordinanza da parte dello stesso Tribunale, avvenuta dopo il ricorso del PM, è priva di effetti, poiché un provvedimento definitivo in fase esecutiva non può essere semplicemente ritirato dall’organo che lo ha emesso.

Le Motivazioni: il Principio della Preclusione Processuale

La sentenza si fonda interamente sul principio della preclusione processuale, disciplinato, in questo contesto, dall’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale. Analizziamo i punti chiave della motivazione.

Il divieto di bis in idem nella fase esecutiva

La Corte ribadisce che nel procedimento di esecuzione opera il principio del ne bis in idem (non due volte per la stessa cosa). Questo si traduce in una regola di preclusione che impone al giudice di dichiarare inammissibile una richiesta che sia una semplice riproposizione, basata sui ‘medesimi elementi’, di un’altra già rigettata. Questo filtro processuale è essenziale per evitare richieste dilatorie e per assicurare economia ed efficienza.

Un provvedimento emesso in fase di esecuzione, una volta divenuto inoppugnabile (o quando i gradi di impugnazione si sono esauriti), acquista una stabilità definita ‘giudicato esecutivo’. Ciò significa che, pur non essendo un giudicato in senso stretto, crea un limite invalicabile che impedisce di tornare sulla decisione assunta.

L’irrilevanza della ‘revoca’ dell’ordinanza

La Cassazione sottolinea come la successiva ‘revoca’ dell’ordinanza impugnata da parte dello stesso Tribunale sia un atto giuridicamente irrilevante. Un provvedimento che statuisce su situazioni giuridiche con carattere di definitività, come quello sulla continuazione dei reati, una volta emesso esaurisce la potestà decisoria del giudice. L’organo giurisdizionale non può ‘tornare sui suoi passi’ e annullare una propria decisione, quasi come se si trattasse di un’autonoma impugnazione.

Quando è possibile riproporre un’istanza?

L’unico modo per superare la preclusione è presentare una nuova istanza fondata su ‘elementi nuovi’, mai valutati in precedenza. Questi possono essere fatti sopravvenuti o anche un mutamento radicale della giurisprudenza, specialmente se proveniente dalle Sezioni Unite della Cassazione. Nel caso di specie, invece, l’istanza era identica a quella precedente, senza alcun nuovo elemento di fatto o di diritto a giustificarne il riesame.

Le Conclusioni

La sentenza n. 425/2024 della Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale per il corretto funzionamento della giustizia: la stabilità delle decisioni. La preclusione processuale non è un mero formalismo, ma uno strumento indispensabile per evitare l’abuso del processo attraverso la riproposizione continua di istanze già decise. Per i condannati e i loro difensori, ciò significa che ogni istanza al giudice dell’esecuzione deve essere attentamente ponderata, poiché un rigetto basato su determinati elementi impedirà, in futuro, di riproporre la stessa questione, a meno che non intervengano circostanze realmente nuove e significative.

È possibile ripresentare al giudice dell’esecuzione una richiesta già rigettata in passato?
No, non è possibile se la richiesta si basa sui medesimi elementi della precedente. L’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. impone al giudice di dichiarare inammissibile una tale istanza a causa della preclusione processuale. La riproposizione è ammessa solo se si fonda su elementi nuovi, di fatto o di diritto, non precedentemente valutati.

Un’ordinanza emessa in fase esecutiva può essere revocata dallo stesso giudice che l’ha emessa?
No, un’ordinanza che decide su situazioni giuridiche con carattere di definitività (come quella sulla continuazione tra reati) non può essere revocata dall’organo che l’ha pronunciata. Una volta emessa la decisione, il giudice esaurisce la sua potestà decisoria su quella specifica questione e non può ‘tornare sui suoi passi’.

Cosa si intende per ‘preclusione processuale’ nel procedimento di esecuzione?
Si intende il principio che impedisce di ripresentare una richiesta già esaminata e decisa in via definitiva. Questo meccanismo, assimilabile al divieto di ‘bis in idem’, garantisce la stabilità delle decisioni (‘giudicato esecutivo’) e serve a prevenire richieste meramente dilatorie, assicurando l’efficienza del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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