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Preclusione processuale: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di un giudice dell’esecuzione che aveva rideterminato una pena. Il motivo è la violazione della preclusione processuale, poiché un’istanza identica era già stata accolta in precedenza da un altro giudice, rendendo la seconda decisione inammissibile.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Preclusione Processuale: Perché un Giudice Non Può Decidere Due Volte sulla Stessa Istanza

Il principio del ne bis in idem, ovvero il divieto di essere giudicati due volte per lo stesso fatto, è un caposaldo del nostro ordinamento. Ma come si applica nella fase di esecuzione della pena? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21913 del 2024, chiarisce un aspetto cruciale: la preclusione processuale, che impedisce a un giudice di pronunciarsi su una richiesta già decisa. Questa pronuncia offre spunti fondamentali sulla certezza del diritto e l’efficienza della giustizia.

I Fatti del Caso: Una Doppia Rideterminazione della Pena

La vicenda trae origine da una condanna per reati legati agli stupefacenti, inflitta nel 2004 e divenuta definitiva nel 2005. Anni dopo, una sentenza della Corte Costituzionale (la n. 40/2019) dichiara l’illegittimità della norma che prevedeva la pena minima applicata nel caso specifico, riducendola da otto a sei anni.

Di conseguenza, il condannato presenta un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere la rideterminazione della sua pena alla luce della nuova, più favorevole, previsione normativa. La Corte di Appello di Catania, in qualità di giudice dell’esecuzione, accoglie la richiesta con un’ordinanza del giugno 2022.

Successivamente, viene presentata una nuova istanza, identica alla precedente, che viene inspiegabilmente accolta anche dal Tribunale di Catania con un’ordinanza del settembre 2023. È contro questo secondo provvedimento che il Procuratore della Repubblica ricorre in Cassazione, lamentando la violazione del principio che vieta una doppia pronuncia sulla medesima questione.

Il Ricorso e la Violazione della Preclusione Processuale

Il Procuratore ha sostenuto che il secondo giudice dell’esecuzione avesse errato, ignorando l’esistenza di una precedente decisione sullo stesso identico punto. In sostanza, il giudice avrebbe dovuto dichiarare inammissibile la richiesta, in quanto mera riproposizione di un’istanza già accolta. Il fulcro del ricorso è proprio la violazione della preclusione processuale, che opera come una barriera per impedire la riapertura di questioni già definite, anche nella fase esecutiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso, fornendo un’importante lezione sul funzionamento del processo esecutivo. I giudici hanno ribadito che il principio del ne bis in idem trova piena applicazione anche in questa fase, sebbene con delle specificità. La regola è dettata dall’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale, che impone al giudice di dichiarare inammissibile una richiesta che sia una semplice riproposizione di un’altra già rigettata, o, come in questo caso, già accolta.

Questo meccanismo genera quello che viene definito “giudicato esecutivo” o, più correttamente, “preclusione”. Si tratta di un effetto di stabilizzazione della decisione che, sebbene non sia un giudicato in senso tecnico, impedisce che la stessa questione venga nuovamente portata all’attenzione del giudice. Lo scopo è duplice: garantire la certezza del diritto ed evitare richieste meramente dilatorie, in un’ottica di economia ed efficienza processuale.

La Corte ha quindi stabilito che il Tribunale di Catania ha commesso un errore omettendo di considerare la precedente ordinanza della Corte di Appello. Avendo già un giudice deciso sulla rideterminazione della pena, la questione era “preclusa” e non poteva essere riesaminata.

Le Conclusioni: Annullamento dell’Ordinanza e le Implicazioni Pratiche

Alla luce di questi principi, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la seconda ordinanza. La decisione finale è netta: un provvedimento emesso in violazione della preclusione processuale è illegittimo e deve essere eliminato.

L’implicazione pratica di questa sentenza è fondamentale per avvocati e cittadini. Una volta che un giudice dell’esecuzione si è pronunciato su una determinata istanza, la sua decisione acquista stabilità. Qualsiasi nuova richiesta identica alla precedente sarà dichiarata inammissibile. Questo principio non solo rafforza la certezza delle decisioni giudiziarie ma agisce anche da filtro contro l’abuso degli strumenti processuali, assicurando che il sistema giudiziario possa operare in modo più efficiente.

Cosa significa il principio di “ne bis in idem” nella fase di esecuzione della pena?
Significa che una volta che un giudice dell’esecuzione ha deciso su una specifica richiesta, non è possibile presentare una nuova istanza basata sui medesimi elementi. Questo principio, noto come preclusione processuale, impedisce che la stessa questione venga decisa due volte.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché il Tribunale, agendo come giudice dell’esecuzione, ha deciso su una richiesta di rideterminazione della pena che era già stata accolta in precedenza da un altro giudice (la Corte d’Appello). Ha quindi violato la regola della preclusione processuale.

Cosa si intende per “giudicato esecutivo”?
È un’espressione usata per descrivere la stabilità di una decisione presa dal giudice dell’esecuzione. Sebbene non sia un “giudicato” in senso tecnico, crea un effetto preclusivo che impedisce di ridiscutere la stessa questione, garantendo così economia ed efficienza processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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