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Poteri istruttori del giudice: onere di allegazione

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di un Tribunale che revocava la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità a un condannato. La Corte ha stabilito che, a fronte della documentazione prodotta dal condannato per dimostrare l’avvio del lavoro, il giudice dell’esecuzione non può limitarsi a constatare la mancata esecuzione, ma deve esercitare i propri poteri istruttori d’ufficio per verificare i fatti. Il condannato ha un onere di allegazione, non un onere probatorio pieno, e spetta al giudice accertare la veridicità di quanto allegato.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Poteri Istruttori del Giudice: Non Basta l’Allegazione, Serve la Verifica

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nella fase di esecuzione della pena: il ruolo attivo del giudice. Quando un condannato fornisce elementi per dimostrare la sua condotta, il magistrato non può assumere una posizione passiva, ma deve esercitare i propri poteri istruttori per accertare la verità. Questo caso riguarda la revoca di un lavoro di pubblica utilità e chiarisce la differenza tra onere di allegazione e onere della prova.

I Fatti di Causa

Il Tribunale di Mantova, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva revocato la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità concessa a un individuo, ripristinando la pena detentiva e pecuniaria originaria. La decisione era motivata dalla presunta irreperibilità del condannato e dalla mancata produzione di prove concrete sull’effettivo inizio dell’attività lavorativa, nonostante la difesa avesse presentato della documentazione.

Secondo il Tribunale, i documenti forniti erano generici e insufficienti a dimostrare l’adempimento degli obblighi. Questa decisione si basava su una comunicazione dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) che segnalava l’impossibilità di avviare il programma a causa dell’irreperibilità del soggetto.

Il Ricorso in Cassazione e i Poteri Istruttori del Giudice

Il difensore del condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la contraddittorietà della motivazione del Tribunale. La difesa ha evidenziato di aver depositato, tramite posta elettronica certificata (PEC), documentazione che attestava non solo la disponibilità di un Ente pubblico ad accogliere il condannato sin da febbraio 2023, ma anche la comunicazione di un accordo per l’inizio dei lavori in una data precisa (4 novembre 2023).

Il punto centrale del ricorso era che il condannato aveva assolto al proprio ‘onere di allegazione’, ovvero aveva fornito al giudice tutti gli elementi fattuali su cui si basava la sua posizione. Di fronte a tali elementi, il giudice dell’esecuzione non avrebbe dovuto fermarsi, ma attivare i propri poteri istruttori per verificare la situazione reale, come previsto dall’art. 666, comma 5, del codice di procedura penale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici di legittimità hanno chiarito che, nel procedimento di esecuzione, sul soggetto che richiede un provvedimento favorevole non grava un onere probatorio in senso stretto, ma un più leggero ‘onere di allegazione’. Questo significa che la parte deve prospettare e indicare al giudice i fatti a sostegno della sua richiesta.

Una volta che la parte ha fornito questi elementi, come nel caso di specie con la documentazione relativa all’accordo con l’Ente e alla data di inizio lavori, scatta il dovere del giudice di procedere agli accertamenti necessari. Anziché limitarsi a prendere atto della mancata esecuzione, il Tribunale avrebbe dovuto usare i suoi poteri istruttori d’ufficio per verificare l’effettivo mancato avvio del lavoro e le ragioni.

La Corte ha richiamato un proprio precedente (sentenza n. 34987/2010), secondo cui ‘incombe all’autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti’. Il giudice non può sostituirsi alla parte inerte, ma quando la parte fornisce elementi concreti, ha il dovere di indagarli.

Le Conclusioni

La sentenza annulla l’ordinanza del Tribunale e rinvia il caso per un nuovo giudizio. Il principio che emerge è di grande importanza pratica: il giudice dell’esecuzione deve svolgere un ruolo attivo e non meramente burocratico. Di fronte a documentazione che suggerisce un quadro diverso da quello rappresentato dagli uffici, il giudice ha il dovere di approfondire, utilizzando i poteri istruttori che la legge gli conferisce. Questa decisione tutela il condannato da revoche automatiche e garantisce che ogni situazione sia valutata nel merito, sulla base di accertamenti concreti e non solo su comunicazioni formali.

Qual è la differenza tra onere di allegazione e onere della prova nell’esecuzione penale?
Secondo la sentenza, nell’esecuzione penale non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto, ma solo un onere di allegazione. Ciò significa che il condannato deve indicare al giudice i fatti su cui basa la sua richiesta, ma spetta poi al giudice procedere ai relativi accertamenti per verificarli, a differenza dell’onere della prova che imporrebbe alla parte di dimostrare pienamente i fatti affermati.

Può il giudice dell’esecuzione revocare una sanzione sostitutiva se il condannato fornisce documenti che sembrano giustificare la sua posizione?
No. Secondo la Corte, se il condannato fornisce documentazione (come la disponibilità di un ente e una data di inizio lavori), il giudice non può limitarsi a constatare la mancata esecuzione. Deve invece attivare i propri poteri istruttori d’ufficio per verificare l’effettivo stato dei fatti prima di decidere sulla revoca.

Quali poteri ha il giudice dell’esecuzione se ha dubbi sui fatti presentati da una parte?
Ai sensi dell’art. 666, comma 5, c.p.p., il giudice dell’esecuzione ha poteri istruttori d’ufficio. Ciò significa che può disporre autonomamente l’acquisizione di informazioni e prove per accertare i fatti rilevanti per la sua decisione, senza doversi basare unicamente su quanto prodotto dalle parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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