Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25626 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25626 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI RAGUSA nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/10/2024 del TRIBUNALE di RAGUSA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di accogliere il ricorso; COGNOME, che ha chiesto di udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 21 ottobre 2024 dal Tribunale di Ragusa, che ha assolto RAGIONE_SOCIALE], in ordine ai reati di cui agli artt. 482-476 cod. pen. e 48-479 cod. pen.
I fatti oggetto di processo, originariamente, facevano parte di un più ampio procedimento penale a carico di COGNOME NOME, dell’imputato e di numerose altre persone, avente a oggetto la presunta formazione di falsi contratti di locazione dell’abitazione sita in RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, corredati di falsa attestazione di registrazione presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nonché di timbri contraffatti e firme apocrife. Contratti falsi che venivano, poi, presentati al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per conseguire, inducendo in errore i funzionari in servizio presso l’ufficio anagrafe, certificati di residenza ideologicamente falsi.
In particolare, al RAGIONE_SOCIALE era stata contestata la formazione del falso contratto di locazione della suindicata abitazione, datato 19 luglio 2017, nel quale figuravano il NOME, come locatore, e COGNOME RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, come conduttori.
La posizione processuale del COGNOME, tuttavia, era stata separata per mancata conoscenza della pendenza del processo. A seguito di tali vicende processuali, il procedimento principale era proseguito giungendo a una fase istruttoria avanzata, mentre in relazione alla posizione del RAGIONE_SOCIALE veniva istaurato un autonomo procedimento penale con formazione di separato fascicolo, all’interno del quale il pubblico ministero non aveva, però, depositato, nei termini prescritti dall’art. 468 cod. proc. pen., una nuova lista testimoniale. Adempimento reso necessario del fatto che la lista “originaria” era rimasta nel fascicolo del procedimento principale.
Nel processo a carico del RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale di Ragusa ha assolto l’imputato, attesa la mancanza della lista testimoniale del pubblico ministero e di ulteriori prove addotte a sostegno dell’accusa. Il giudice di primo grado ha ritenuto di non poter attivare i suoi poteri officiosi, ex art. 507 cod. proc. pen., non potendo trarre alcuno spunto per l’esercizio di tali poteri dalla copia della lista testi prodotta in udienza dal pubblico ministero, relativa al procedimento principale a carico degli originari imputati, atteso che da essa non sarebbe stato possibile evincere quali testi avessero espletato attività di indagine nei confronti del RAGIONE_SOCIALE. A tal fine, inoltre, non sarebbero stati utili né il capo di imputazione né gli altri atti presenti nel fascicolo.
Avverso la sentenza della Corte di appello, il Procuratore della Repubblica di Ragusa ha proposto ricorso per cassazione.
2.1. Con un unico motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Il ricorrente contesta il mancato esercizio dei poteri di integrazione probatoria da parte del Tribunale, sostenendo che, per la consolidata giurisprudenza di legittimità, il giudice dovrebbe esercitare d’ufficio i poteri di cui all’art. 507 cod proc. pen. Contesta, in particolare, l’affermazione del Tribunale, secondo il quale non sarebbe stato possibile trarre alcuno spunto per l’esercizio dei poteri d’ufficio dalla copia della lista testi del procedimento principale, prodotta in udienza dal pubblico ministero. Al riguardo, evidenzia che: le posizioni di tutti gli originari imputati erano strettamente collegate e ampiamente sovrapponibili; tutti i testi indicati nella lista (a eccezione del «teste privato NOME») avevano esaminato, secondo le rispettive competenze e qualifiche, le posizioni di tutti gli imputati e dunque anche quella di RAGIONE_SOCIALE; come emergeva dalle imputazioni, persone offese dei reati (anche di quelli contestati agli altri imputati) erano sempre l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Sulla base della copia della lista testi del procedimento principale, il Tribunale, pertanto, avrebbe potuto tranquillamente disporre d’ufficio l’escussione del direttore dell’Ufficio di RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE e la dirigente dell’Uffic anagrafe del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE nonché il Comandante della stazione dei carabinieri di RAGIONE_SOCIALE, che aveva «compendiato l’esito RAGIONE_SOCIALE indagini, nella qualità di ufficiale di polizia giudiziaria».
Sotto altro profilo, il ricorrente sostiene che non sarebbe stato neppure necessario il deposito di una nuova lista testi, atteso che vi era già la lista testi del procedimento principale, che era stata tempestivamente presentata nell’ambito di quel procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che oggetto del presente procedimento è un ricorso immediato per cassazione, avverso una sentenza appellabile (anche se ciò non è espressamente specificato dal ricorrente). Il nuovo testo dell’art. 593, comma 2, cod. proc. pen. (come modificato dall’art. 2, comma 1, lett. p, della legge 9 agosto 2024, n. 114), che limita il potere del pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento, invero, fa riferimento solo a quelle che hanno a oggetto i reati per i quali l’art. 550, commi 1 e 2, cod. proc. pen. prevede la citazione diretta giudizio (previsione che non comprende il reato di cui agli artt. 48-479 cod. pen.).
Il ricorso deve essere accolto.
2.1. L’unico motivo di ricorso è fondato.
Il Tribunale, infatti, non ha osservato l’art. 507 cod. proc. pen., come interpretato dalla costante giurisprudenza di legittimità, secondo la quale «il
giudice ha il dovere di acquisire, anche d’ufficio, i mezzi di prova indispensabili per la decisione, dovendosi escludere che sia rimessa alla sua discrezionalità la scelta tra disporre i necessari accertamenti ed il proscioglimento dell’imputato; cosicchè il mancato esercizio di detti poteri di integrazione probatoria richiede una motivazione specifica la cui omissione, censurabile in sede di legittimità, determina la nullità della sentenza per violazione di legge» (Sez. 3, n. 10488 del 17/02/2016, COGNOME, Rv. 266492; Sez. 2, n. 51740 del 03/12/2013, COGNOME, Rv. 258115; Sez. 5, n. 38674 del 11/10/2005, Tiranti, Rv. 232554).
Ebbene, nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto di non esercitare i suoi poteri di integrazione probatoria, senza rendere un’effettiva e congrua motivazione, limitandosi a sostenere che: dalla copia della lista testi prodotta in udienza dal pubblico ministero, relativa al procedimento a carico degli originari imputati, non sarebbe stato possibile evincere quali testi avessero espletato attività di indagine nei confronti del RAGIONE_SOCIALE; al fine dell’esercizio dei poteri in questione, non sarebbero stati utili il capo di imputazione e gli altri atti presenti nel fascicolo.
Si tratta di affermazioni generiche, assertive e che non trovano riscontro nella lista testi in questione, dalla quale emerge che (a eccezione del «teste privato NOME») i pochissimi testi indicati, secondo le rispettive competenze e qualifiche, avevano effettuato i medesimi accertamenti con riferimento a tutte le posizioni degli imputati e dunque anche con riferimento a quella del COGNOME.
Il Tribunale non ha spiegato neppure perché lo “spunto” per l’esercizio dei suoi poteri non potesse essere desunto dall’imputazione, dalla quale era desumibile che le persone offese dei reati erano l’RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che, peraltro, erano le stesse dei reati contestati agli altri imputati. Il direttore dell’ufficio di RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE e la dirigen dell’Ufficio anagrafe RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, infatti, erano significativamente indicati nella suddetta lista testi.
La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio, ai sensi dell’art. 569, comma 4, cod. proc. pen., al Tribunale di Ragusa per il relativo giudizio. Pur trattandosi di un ricorso immediato per cassazione, il rinvio deve essere effettuato al giudice di primo grado e non a quello di secondo grado, atteso che il mancato esercizio dei poteri officiosi, in assenza di un’effettiva motivazione, ha determinato la nullità della sentenza per violazione di legge; nullità che avrebbe comportato l’annullamento della sentenza di primo grado, anche se la parte avesse proposto appello. L’art. 569, comma 4, cod. proc. pen., invero, prevede che il rinvio al giudice di secondo grado vada effettuato «fuori dei casi in cui nel giudizio di appello» si dovrebbe «annullare la sentenza di primo grado».
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di
Ragusa.
Così deciso, il 21 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente