Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45971 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 45971 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME IMPERIALI NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOMECOGNOME NOME nato a CARPI il 31/01/1943 parte offesa nel procedimento c/
COGNOME NOME nato a ABBIATEGRASSO il 11/12/1944 NOME nato a MILANO il 02/10/1971
NOME nato a ROMA il 21/01/1965
avverso l’ordinanza del 15/03/2024 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga rigettato;
letta la memoria congiunta proposta da COGNOME NOME COGNOME per mezzo dei rispettivi difensori, che hanno chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o in subordine rigettato;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione; conclusioni ribadite con la memoria di replica depositata ad esito della memoria depositata da NOMECOGNOME NOME e NOMECOGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/03/2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, a scioglimento della riserva assunta all’udienza camerale svoltasi in data 07/03/2024 ex art.409 cod. proc. pen., a seguito di opposizione alla richiesta di archiviazione della persona offesa NOME COGNOME ha disposto l’archiviazione nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME indagati per il reato di cui agli artt. 110, 646 e 61 n. 11 cod. pen.
Il Giudice per le indagini preliminari – dopo aver ricostruito il tema devoluto dalla richiesta di archiviazione, con particolare riferimento alla incidenza della c.d. Legge Cartabia in ordine alla
procedibilità e presenza di valida querela quanto alla imputazione provvisoria – ha in primo luogo ritenute fondate le ragioni poste a base della opposizione in considerazione della presenza di valida querela (pag. 3 della ordinanza impugnata) ed in seguito escluso che i fatti oggetto di imputazione potessero integrare una operazione di carattere illecito per plurime ragioni, specificamente enunciate (pag. 4 segg. del provvedimento impugnato).
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso, per mezzo del proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME articolando due motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione
2.1. Con il primo motivo, articolato in plurime censure, il ricorrente ha dedotto violazione di legge in ragione dell’abnormità del provvedimento impugnato. Preliminarmente la difesa ha ricostruito l’ iter processuale che ha condotto alla impugnata ordinanza e le coordinate ermeneutiche espresse da questa Corte in ordine alla abnormità strutturale e funzionale (pag. 3 del ricorso), per poi rilevare la ricorrenza di una evidente abnormità strutturale del provvedimento, attesa l’indebita espropriazione delle prerogative spettanti al Pubblico Ministero nella parte in cui l’ordinanza ha contraddetto la valutazione espressa nel merito dallo stesso organo della accusa in ordine alla sussistenza del delitto di appropriazione indebita aggravata.
La difesa ha osservato come l’oggetto della richiesta di archiviazione fosse strettamente correlato alla assenza della condizione di procedibilità, mentre nel merito il Pubblico Ministero, quale titolare della azione penale, aveva già espresso un giudizio di fondatezza in considerazione della emissione del decreto ex art. 415bis cod. proc. pen. nei confronti degli indagati in data 12/10/2022. In conclusione, si Ł osservato che il sistema processuale prevede che le valutazioni espresse all’esito delle indagini preliminari dal Pubblico Ministero sulla sussistenza o insussistenza nel merito degli elementi costitutivi di un reato possano essere vagliate e censurate dal Giudice per le indagini preliminari solo allorchØ le stesse abbiano avuto esito negativo e abbiano condotto all’emissione di una richiesta di archiviazione e, dunque, all’inazione oggetto di verifica nel rispetto del principio della obbligatorietà della azione penale.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso Ł stata dedotta l’abnormità funzionale del provvedimento impugnato nella parte in cui ha precluso l’esercizio della azione penale del Pubblico Ministero ed ha indebitamente compresso i diritti della persona offesa. La difesa ha, in tal senso, richiamato, secondo la propria prospettiva interpretativa, gli errori concernenti la valutazione del Giudice per le indagini peliminari atteso l’insieme di elementi evidenziati nell’ambito della querela e successiva integrazione della stessa (pag. 16 e seg. con ampia enucleazione di elementi relativi ai rapporti tra le parti ritenuti decisivi).
La Procura generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per mezzo dei rispettivi difensori, hanno presentato memoria in data 07/07/2024 concludendo con richiesta di inammissibilità o quanto meno rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente NOME COGNOME ha presentato memoria di replica in data 20/11/2024 chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata con ogni conseguente statuizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
In via preliminare, occorre considerare come il provvedimento impugnato non sia in alcun modo affetto da forme di abnormità, per come denunciate dalla parte ricorrente.
L’impossibilità di riscontrare nel caso concreto forme di abnormità conduce alla dichiarazione di inammissibilità, atteso che questa Corte ha affermato, con principio che qui si intende ribadire, che l’ordinanza di archiviazione emessa dal giudice per le indagini preliminari in esito al rigetto dell’opposizione della persona offesa, non essendo affetta da abnormità nØ strutturale, nØ funzionale, non Ł impugnabile per cassazione e l’inammissibilità, ex a rt. art. 591, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., del ricorso eventualmente proposto può essere dichiarata anche con procedura ” de plano “, ai sensi dell’art. 610, comma 5bis , cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 28583 del 02/07/2024, Chen, Rv. 286726-01).
Ferma la decisività ed assorbenza del rilievo che precede, evidenzia il Collegio come il primo motivo di ricorso, con il quale Ł stata dedotta la ricorrenza di una abnormità strutturale, sia manifestamente infondato. In sostanza, il ricorrente propone con la censura in parola la tematica del se la sfera di valutazione del giudice per le indagini preliminari sia limitata ad un semplice esame della richiesta finale del Pubblico ministero, ovvero sia estesa al complesso degli atti procedimentali rimessi al giudice dall’organo requirente, ritendo che il Giudice per le indagini preliminari avrebbe potuto valutare solo ed esclusivamente il tema della ricorrenza o meno della condizione di procedibilità.
3.1. Tale conclusione non coglie nel segno, atteso che questa Corte, in applicazione dei principi espressi in diversi momenti dalla Corte costituzionale (Corte Cost. sentenze n. 88 del 1991, n. 478 del 1993, n. 263 del 1991, n. 417 del 1991, n. 34 del 1994, n. 176 del 1999 e n. 349 del 2002), ha chiarito, con principio che qui si intende ribadire, che il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale esige che nulla sia sottratto al controllo di legalità del giudice, che investe l’intera vicenda processuale e riguarda l’integralità dei risultati delle indagini, senza la possibilità di imporre limiti devolutivi in relazione alla domanda del Pubblico Ministero (Sez. 2, n. 41104 del 13/09/2019, COGNOME, Rv. Rv. 277044-01). Conseguentemente, le Sezioni Unite hanno affermato che rientra tra i poteri del Giudice per le indagini preliminari quello di effettuare un controllo completo sulle indagini svolte dal Pubblico ministero e che il giudice non può limitarsi ad un semplice esame della richiesta finale di archiviazione, ma deve esercitare il suo controllo sul complesso degli atti procedimentali rimessigli dall’organo requirente (Sez. U, n. 20569 del 18/01/2018, COGNOME, Rv. 272715-01; Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, COGNOME, Rv. 273581-01; Sez. U, n. 24319 del 28/11/2013, L. Rv. 257786-01; Sez. U, n. 22909 del 31/05/2005, COGNOME, Rv. 231163-01). Inoltre, si deve ricordare che, con la richiesta di archiviazione, il Pubblico ministero deve trasmettere il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari (art. 408, comma 1, cod. proc. pen.): da ciò consegue che, all’evidenza, al Giudice per le indagini preliminari Ł rimessa la cognizione piena, a prescindere dai termini della richiesta di archiviazione, in relazione a tutta l’attività svolta dall’organo inquirente. In altri termini, il controllo giudiziale sull’esercizio dell’azione penale deve avvenire attraverso il vaglio e l’apprezzamento di tutte le risultanze delle indagini preliminari.
3.2. I principi appena richiamati chiariscono come sia da escludere che il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari oggetto dell’odierna impugnazione sia abnorme, non potendosi affermare che esso non sia inquadrabile nella struttura procedimentale prevista dall’ordinamento, ovvero che determini una stasi processuale non altrimenti superabile, richiesta al fine di potersi ritenere configurata l’abnormità. Al contrario, esso Ł l’espressione e il
risultato del potere di controllo demandato al giudice che, investito della richiesta di archiviazione, ha il dovere di vagliare e apprezzare tutti i requisiti necessari al suo accoglimento attraverso il vaglio delle risultanze delle indagini preliminari (Sez. 2, n. 28583 del 02/07/2024, Chen, Rv. 286726-01) e la particolarità del caso non esclude la applicabilità dei principi appena enunciati, atteso che anche in questo caso il Giudice per le indagini preliminari si deve ritenere investito di una cognizione piena ed estesa al complesso degli elementi, oltre la verifica dei presupposti di procedibilità.
3.3. La persona offesa opponente nell’ambito di tale procedimento ha, infatti, ampiamente dedotto le proprie difese, estese non solo al profilo oggetto diretto della richiesta di archiviazione, ma anche al merito, con piena esplicazione delle proprie argomentazioni nel pieno contraddittorio tra le parti. Le argomentazioni del ricorrente non sembrano poi confrontarsi con le caratteristiche del decreto di archiviazione in quanto decisione allo stato degli atti, di natura endoprocedimentale, non irrevocabile, alla quale può sempre seguire la riapertura delle indagini (Sez. 2, n. 2933 del 15/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282591-01).
Anche il secondo motivo di ricorso, tenuto conto dell’insieme di principi appena affermati, Ł manifestamente infondato, oltre a proporsi con una serie di argomentazioni ampiamente versate in fatto: contrariamente a quanto affermato, la difesa ha ampiamente contradetto anche nel merito e i propri diritti non risultano in alcun modo compressi, mentre le argomentazioni spese si limitano a reiterare difese ampiamente articolate e disattese dal provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, con motivazione del tutto immune da illogicità e in alcun modo affetta da violazione di legge. NØ ricorre alcuna stasi insuperabile per come sostenuto; in tal senso, si deve osservare che la verifica della fondatezza della notizia di reato si inserisce nella progressione delle questioni che il giudice Ł tenuto ad affrontare in considerazione della piena devoluzione di tale potere di delibazione con la richiesta di archiviazione, a prescindere dai temi introdotti dal Pubblico Ministero. Il provvedimento impugnato, dunque, ha rilevato anche l’infondatezza della notizia di reato, così evidentemente esplicando la necessità di soddisfare ragioni di economia processuale, che sono poste proprio a base della disciplina dell’archiviazione in generale, il cui precipuo compito consiste nell’evitare il processo superfluo senza eludere il principio di obbligatorietà, nel senso che «limite implicito alla stessa obbligatorietà, razionalmente intesa, Ł che il processo non debba essere instaurato quando si appalesi oggettivamente superfluo» (Corte cost. sent. n. 88 del 1991).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ex art. 616 cod. proc. pen. (Corte Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 26/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME