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Poteri del GIP: archiviazione e riqualificazione reato

La Corte di Cassazione ha stabilito che non è abnorme, e quindi non è ricorribile, il provvedimento con cui il GIP, rigettando la richiesta di archiviazione, riqualifica il fatto in un diverso reato e restituisce gli atti al Pubblico Ministero. Questa decisione si inserisce nel quadro dei poteri del GIP di controllo sulla legalità dell’azione penale, distinguendo nettamente tale atto dalla illegittima imputazione coatta per un reato diverso da quello iscritto.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Poteri del GIP: Quando il Giudice Può Riqualificare il Reato?

La fase delle indagini preliminari è un momento cruciale del procedimento penale, dove si definiscono i contorni dell’accusa. Un tema di grande interesse riguarda i poteri del GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) di fronte a una richiesta di archiviazione del Pubblico Ministero. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti, delineando il confine tra un legittimo controllo di legalità e un’indebita invasione delle prerogative della pubblica accusa. Il caso analizzato riguarda la decisione di un GIP che, anziché archiviare, ha riqualificato il reato e restituito gli atti al PM.

I Fatti del Caso

Al termine delle indagini per un presunto reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.), il Pubblico Ministero presentava una richiesta di archiviazione. Il GIP, tuttavia, non accoglieva la richiesta. Anziché disporre l’archiviazione o ordinare l’imputazione coatta per il reato contestato, il giudice procedeva in modo diverso: riqualificava il fatto come cognizione fraudolenta di conversazione telefonica (art. 617 c.p.), dichiarava la propria incompetenza territoriale e ordinava la restituzione degli atti al Pubblico Ministero.
L’indagata, ritenendo tale provvedimento illegittimo e abnorme, proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che il GIP avesse superato i propri limiti funzionali, di fatto costringendo il PM a procedere per un reato diverso da quello originariamente contestato.

La Decisione della Cassazione e i Poteri del GIP

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che il provvedimento del GIP non era né illegittimo né abnorme. Il punto centrale della decisione è la distinzione fondamentale tra due diverse azioni che il GIP potrebbe compiere:

1. Ordinare l’imputazione coatta per un reato diverso: Questo atto è considerato abnorme e, quindi, ricorribile in Cassazione. Il GIP, infatti, non può sostituirsi al PM nell’esercizio dell’azione penale, costringendolo a formulare un’accusa per un reato non iscritto nel registro delle notizie di reato.

2. Rigettare l’archiviazione, riqualificare il fatto e restituire gli atti al PM: Questa azione, secondo la Corte, è pienamente legittima. Non si tratta di un’imposizione, ma di un esercizio dei poteri del GIP di controllo sulla legalità dell’operato del PM. Restituendo gli atti, il giudice permette al Pubblico Ministero di effettuare le proprie autonome valutazioni sulla nuova qualificazione giuridica, senza essere vincolato a procedere.

L’importanza del controllo di legalità del GIP

La sentenza si allinea all’orientamento delle Sezioni Unite (sent. Fenucci n. 10728/2022), che ha rafforzato il ruolo del GIP come garante del principio di obbligatorietà dell’azione penale. Il controllo del giudice non può essere limitato al perimetro tracciato dal PM con la notizia di reato, ma deve estendersi all’intera indagine per come emerge dal fascicolo. Se il GIP ravvisa che i fatti raccolti potrebbero integrare un reato diverso e più grave, ha il dovere di intervenire.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che l’azione del GIP nel caso di specie rappresenta una manifestazione del potere di controllo riconosciuto al giudice sulla legalità dell’esercizio dell’azione penale. Il GIP non ha ordinato al PM di formulare un’imputazione, ma gli ha semplicemente restituito gli atti affinché assumesse le proprie “libere determinazioni” in relazione al diverso reato emerso. Questo meccanismo, spiegano i giudici, non esautora il Pubblico Ministero dai suoi compiti istituzionali, ma al contrario lo stimola a una valutazione più approfondita del materiale investigativo. L’ordinanza del GIP, in questo contesto, non ha contenuto decisorio e non incide su diritti sostanziali, ma ha una natura interlocutoria che impedisce l’impugnazione.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di procedura penale: i poteri del GIP includono la possibilità di riqualificare un fatto e stimolare una nuova valutazione da parte del Pubblico Ministero, senza per questo invadere la sua autonomia. La restituzione degli atti, a differenza dell’imputazione coatta per un reato diverso, è uno strumento legittimo che garantisce il corretto funzionamento del sistema e il rispetto del principio di legalità. Per gli indagati, ciò significa che non è possibile impugnare un provvedimento di questo tipo, dovendo attendere le successive e autonome determinazioni della Procura.

Può il GIP, rigettando una richiesta di archiviazione, ordinare al PM di formulare un’imputazione per un reato diverso da quello iscritto?
No. Un simile provvedimento sarebbe considerato ‘abnorme’ e quindi illegittimo, in quanto il GIP non può sostituirsi al Pubblico Ministero nell’esercizio dell’azione penale per reati non oggetto del procedimento.

Cosa può fare il GIP se ritiene che i fatti costituiscano un reato diverso da quello per cui si chiede l’archiviazione?
Il GIP può rigettare la richiesta di archiviazione, dare al fatto una diversa qualificazione giuridica e restituire gli atti al Pubblico Ministero. In questo modo, il PM è libero di fare le proprie valutazioni sulla nuova ipotesi di reato.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del GIP che riqualifica il reato e restituisce gli atti al PM?
No. Secondo la sentenza in esame, questo tipo di provvedimento non è abnorme e non è ricorribile per cassazione, in quanto rappresenta un legittimo esercizio del potere di controllo del giudice sulla legalità dell’azione penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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