Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25185 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25185 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Rotondella il 19/04/1978
avverso l’ordinanza del 10/02/2025 del GIP del TRIBUNALE di POTENZA
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate per iscritto dal Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATI -0
Con l’ordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza, decidendo sulla richiesta di archiviazione presentata dal Pubblico Ministero presso quel Tribunale nei confronti di NOME COGNOME sottoposta ad indagini in relazione al delitto di cui all’art. 615-bis cod. pen. commesso nei confronti di NOME COGNOME previa riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 617 cod. pen., ha rigettato l richiesta di archiviazione, ritenendo che le persone, diverse da NOME NOME, che
avevano proposta querela nei confronti della COGNOME fossero legittimate a farlo avuto riguardo al reato così individuato, dello steso risultando persone offese, e, rilevata la propria incompetenza territoriale in favore del Tribunale di Crotone, per essere stato il fatto posto in essere in Cir . ?) NOMECOGNOME ha disposto la restituzione degli atti al Procuratore della Repubblica.
Ha proposto rincorso per cassazione l’indagata, tramite il difensore, denunciando la violazione dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen. e degli artt. 24, 111 e 112 Cost.
Stigmatizzato il provvedimento impugnato come illegittimo, potendo il giudice per le indagini preliminari, in caso di rigetto della richiesta di archiviazione, soltanto ordinare a pubblico Ministero di formulare entro dieci giorni l’imputazione coatta, e, comunque, come abnorme, essendo precluso al giudice medesimo di disporre che il pubblico ministero formuli l’imputazione coattiva rispetto ad un reato diverso da quello contestato, come nel caso di specie – riscontrandosi una trasformazione radicale del fatto storico nel passaggio dalla contestazione del reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all’art. 615-bis cod. pen. a quello di cognizione fraudolenta di conversazione telefonica in atto tra altre persone -, ha richiamato il diritto vivente in ordine alla legittimazio dell’indagato a impugnare anche il provvedimento abnorme.
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso per iscritto in data 6 maggio 2025 chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Quanto al profilo dell’illegittimità del provvedimento impugnato, per violazione dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen., ha argomentato sostenendo che, giusta il principio di tassatività delle impugnazioni di cui all’art. 568 cod. proc. pen., il rige dell’archiviazione non è impugnabile con nessun mezzo: né con il reclamo, posto che l’art. 410-bis cod. proc. pen. consente di attivare tale mezzo solo contro provvedimenti che accolgono la richiesta di archiviazione e solo in casi specifici di nullità (che, nel caso di specie, non sono state neppure eccepite e che, comunque, non ricorrono), né con il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., trattandosi di provvedimento privo di contenuto decisorio, in quanto non incidente su diritti sostanziali.
Quanto al profilo dell’abnormità del provvedimento medesimo, l’organo requirente, richiamato il diritto vivente in materia, ne ha escluso il ricorrere sia dal punto di vist strutturale che funzionale.
In data 31 maggio 2025, l’Avv. NOME COGNOME in qualità di difensore dell’indagata NOME COGNOME ha replicato alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, contestando che il provvedimento impugnato sia stato reso con ordinanza ed evidenziando come lo stesso sia, comunque, abnorme, avendo il Giudice per le indagini preliminari ecceduto rispetto ai propri poteri ordinando l’esercizio dell’azione penale per
un reato diverso da quello oggetto della richiesta di archiviazione, come da sempre insegnato dal diritto vivente. Ha, quindi, chiesto che il Collegio, ove intenda discostarsi da tale autorevole lezione interpretativa, rimetta nuovamente la questione alle Sezioni Unite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile
Con il provvedimento impugnato il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Potenza, decidendo sulla richiesta di archiviazione avanzata dal locale Procuratore della Repubblica, ha diversamente qualificato il fatto storico, rimasto immutato nella sua manifestazione fenomenica, ascritto all’indagata COGNOME NOMECOGNOME ritenendo che lo stesso integrasse il delitto di cognizione fraudolenta di conversazione telefonica intercorsa tra terzi di cui all’art. 617 cod. pen. piuttosto che il delitto di interferenze illecite vita privata di cui all’art. 615-bis cod. pen., e ha rilevato, ai sensi dell’art. 22 cod. p pen., la propria incompetenza territoriale, ordinando trasmettersi gli atti al pubblico ministero.
Di tanto dato conto, va preliminarmente rilevato che la ricorrente non ha impugnato la statuizione avente ad oggetto la competenza territoriale. Ad ogni buon conto, giova richiamare il principio di diritto secondo cui «Nella fase delle indagini preliminari, il giudice che rilevi l’incompetenza del proprio ufficio deve trasmettere gli att al pubblico ministero che conserva il potere di proseguire nell’indagine e che non è tenuto a trasmettere a sua volta gli atti al corrispondente ufficio presso il giudice indicato come competente, ben potendo lasciare che il titolo originario perda efficacia allo spirare del termine di venti giorni, mantenendo la titolarità dell’indagine» (Sez. 4, n. 20425 del 27/04/2021, COGNOME, Rv. 281384 – 01), di modo che la natura interlocutoria del provvedimento al riguardo adottato sarebbe tale da non consentirne l’impugnazione.
Quanto ai rilievi di illegittimità e di abnormità del provvedimento impugnato, deve rammentarsi che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 10728 del 16/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282807 – 01, si sono espresse ne senso che «Il giudice non può sostituirsi al pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale, nel senso che non può ordinare la formulazione dell’imputazione nei confronti di soggetti mai iscritti nel registro delle notizie di reato o, se iscritti, non può ordinare l’imputazione coatta i ordine a reati diversi da quelli iscritti nel registro ex art. 335 cod. proc. pen., perc significherebbe esautorare il pubblico ministero dai suoi compiti istituzionali (esercizio
obbligatorio dell’azione penale), costringendolo a sostenere un’accusa senza aver compiuto atti di indagine per verificarne la fondatezza e senza che la parte attinta dall’imputazione abbia potuto esercitare i diritti che conseguono all’iscrizione della persona nel registro delle notizie di reato; il giudice invece può e deve compiere atti di impulso in modo che il controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale si svolga in conformità al principio dell’obbligatorietà che la regge (art. 112 Cost.), senza essere vincolato dalle differenze qualitative sottese ai diversi tipi di archiviazione e senza essere vincolato né dal petitum né dalla causa petendi, potendo esercitare i poteri di impulso con riferimento all’indagine nella sua integralità, così come risulta dal fascicolo del pubblico ministero, potendo richiedere l’espletamento di ulteriori indagini sia con riferimento ai soggetti iscritti nel registro ex art. 335 cod. proc. pen., e non soltanto ordine ai reati per i quali si procede, pure essi iscritti, sia con riferimento ad altri sogge ed altre notizie di reato, previa iscrizione delle persone e delle notitiae criminis nel registro previsto dall’art. 335 cod. proc. pen.».
Tali affermazioni risultano in linea, del resto, con la giurisprudenza costituzionale, pronunciatasi, in molteplici occasioni, nel senso che il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale esige che nulla sia sottratto al controllo di legalità del giudice (Corte cost., sent. n. 88 del 1991), che deve necessariamente riguardare l’integralità dell’indagine, non potendo rimanere circoscritto all’interno dei confini tracciati dall notitia criminis delibata dal pubblico ministero (Corte cost., sent. n. 478 del 1993).
Al lume di tali autorevoli indicazioni direttive, emerge come, nel caso al vaglio, diversamente da quanto rappresentato dalla ricorrente, non viene in discussione la questione relativa al potere del giudice per le indagini preliminari, che non accolga la richiesta di archiviazione, di ordinare, ai sensi dell’art. 409, comma 5, cod. proc. pen., al pubblico ministero di formulare l’imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta – provvedimento, questo, che costituisce, effettivamente, atto abnorme ricorribile per cassazione anche dalla persona sottoposta ad indagine (Sez. U, n. 40984 del 22/03/2018, COGNOME, Rv. 273581 – 01) -, ma, piuttosto, la questione relativa al potere del medesimo giudice di restituire gli atti al pubblico ministero affinché assuma le proprie libere determinazioni in relazione al diverso reato rispetto a quello oggetto della richiesta di archiviazione, che rappresenta, come spiegato, espressione del potere di controllo riconosciuto al giudice delle indagini preliminari sulla legalità dell’eserciz dell’azione penale.
Da qui l’esclusione sia della illegittimità che della abnormità del provvedimento impugnato, come tale non ricorribile per cassazione.
Per tutto quanto esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 05/06/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
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CORTE DI CASSAZIONE
V SEZIONE PENALE
Il Presidente