Potere del GIP e archiviazione: la Cassazione traccia i confini
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale della procedura penale: i limiti del potere del GIP in sede di archiviazione. La decisione chiarisce quando la scelta del giudice di non ampliare l’oggetto delle indagini, come richiesto dalla persona offesa, possa essere contestata. La Suprema Corte ha stabilito che tale omissione non configura un'”abnormità funzionale”, ma rientra nella sfera della valutazione discrezionale del giudice, non sindacabile tramite ricorso per cassazione se non in casi eccezionali.
I Fatti del Caso
Nel caso in esame, la persona offesa in un procedimento penale aveva presentato ricorso contro l’ordinanza di archiviazione emessa dal GIP del Tribunale. Il ricorrente lamentava che il giudice non avesse esercitato il proprio potere di ordinare al Pubblico Ministero l’iscrizione nel registro degli indagati di altre persone o la contestazione di diversi reati rispetto a quelli inizialmente ipotizzati. Secondo la tesi difensiva, questa inerzia avrebbe costituito un vizio grave, una cosiddetta “abnormità funzionale”, capace di inficiare la validità del provvedimento di archiviazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato tale prospettiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno sottolineato un principio fondamentale: la valutazione del GIP sulla necessità di estendere le indagini è espressione del suo potere decisionale e non può essere considerata un atto abnorme. L’atto abnorme, infatti, è solo quello che crea una paralisi insuperabile del procedimento o che si pone al di fuori del sistema processuale.
L’inammissibilità del ricorso e il potere del GIP
La Corte ha specificato che il mancato esercizio da parte del GIP della facoltà di ordinare nuove iscrizioni ex art. 335 c.p.p. non si traduce in un’anomalia procedurale. Al contrario, si tratta, al più, di una “potenziale erroneità valutativa in punto di diritto”. Questo tipo di errore, tuttavia, non è sufficiente per giustificare un ricorso in Cassazione, in quanto non pregiudica in modo definitivo le situazioni soggettive delle parti.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte si fondano sulla distinzione tra un errore di valutazione e un’abnormità funzionale. Un errore di valutazione attiene al merito della decisione del giudice, che può essere corretta o meno, ma che rientra comunque nelle sue prerogative. L’abnormità, invece, è un atto che stravolge la logica stessa del processo.
Nel caso specifico, l’ordinanza di archiviazione si limita a recepire la richiesta del Pubblico Ministero, senza precludere che in futuro possano essere avviati nuovi procedimenti per fatti o persone diverse da quelle indicate nell’istanza di archiviazione. La decisione del GIP, pertanto, non crea alcuna “stasi” procedurale definitiva. Di conseguenza, l’eventuale inerzia del giudice non è un vizio che consente di impugnare l’archiviazione, la quale rimane circoscritta al petitum (la richiesta) formulato dall’accusa.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale volto a preservare l’autonomia valutativa del GIP nella fase delle indagini preliminari. Le implicazioni pratiche sono significative: la persona offesa che si oppone a una richiesta di archiviazione non può fondare il proprio ricorso sulla semplice speranza che il giudice estenda d’ufficio il perimetro dell’indagine. La decisione del GIP sul punto non è sindacabile come atto abnorme. Ciò significa che eventuali nuove prospettive investigative, se non accolte dal giudice in sede di archiviazione, dovranno essere perseguite attraverso canali procedurali autonomi, senza poter invalidare il provvedimento che chiude la fase delle indagini per come era stata originariamente impostata dal Pubblico Ministero.
Il GIP è obbligato a ordinare nuove indagini se lo chiede la persona offesa?
No. Secondo la Corte, il GIP ha la possibilità, ma non l’obbligo, di ordinare l’iscrizione di nuovi reati o persone. Il mancato esercizio di questa facoltà rientra nella sua discrezionalità e non costituisce, di per sé, un vizio del provvedimento.
Cosa si intende per atto ‘abnorme’ del giudice?
È un atto che, pur non essendo formalmente nullo, si discosta in modo radicale dallo schema legale, causando una paralisi del procedimento o un pregiudizio insanabile per i diritti delle parti. Il semplice disaccordo con la valutazione del giudice non rende un atto abnorme.
L’archiviazione di un procedimento impedisce di indagare su altre persone per lo stesso fatto?
No. La Corte chiarisce che l’ordinanza di archiviazione è limitata alla richiesta formulata dal pubblico ministero e non preclude “autonomi sviluppi processuali” futuri che possano riguardare soggetti o ipotesi di reato diverse da quelle già valutate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11302 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11302 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a STORNARELLA il 06/08/1959 parte offesa nel procedimento c/
NOME nato a MILANO il 25/06/1960
avverso l’ordinanza del 26/08/2024 del GIP TRIBUNALE di BRESCIA
dato avviso alle parti;)
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME persona offesa procedimento penale pendente nei confronti di NOME COGNOME avverso l’ordinanza di archiviazione descritta in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché il vizio prospettato- il mancato esercizi parte del GIP della possibilità di ordinare l’iscrizione ex art 335 cpp per fatti di reato e diversi da quelli considerati dal pubblico ministero, anche disponendo, in questa direzion l’espletamento di ulteriori indagini, ambiti decisori ritenuti dal decidente estranei al suo di azione- non si risolve in alcuna abnormità funzionale perché concreta, al più, una potenzia erroneità valutativa in punto di diritto, senza creare alcuna stasi destinata a pregiud definitivamente le situazioni soggettive delle parti coinvolte nei termini rivendicati dal r considerato che il tenore della archiviazione, limitato al petitum formulato dal pubblico minist non preclude a monte autonomi sviluppi processuali lungo le diverse direttrici, soggettive oggettive, prospettate dal ricorrente;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 7 febbraio 2025.