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Posizione di garanzia: condanna per infortunio

Un datore di lavoro è stato condannato per le lesioni subite da un dipendente a causa della rimozione di una protezione da un macchinario. La Corte ha ritenuto decisiva la sua posizione di garanzia, che impone un obbligo di vigilanza attiva per prevenire prassi pericolose, anche se conosciute o tollerate.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

La Posizione di Garanzia del Datore di Lavoro negli Infortuni sul Lavoro

La posizione di garanzia del datore di lavoro rappresenta uno dei pilastri fondamentali del diritto penale del lavoro. Essa non si esaurisce nella mera fornitura di strumenti di protezione, ma impone un dovere attivo di vigilanza e organizzazione per tutelare l’integrità fisica dei lavoratori. Una recente sentenza ha ribadito con forza questo principio, condannando il legale rappresentante di un’azienda per le lesioni subite da un dipendente a seguito della rimozione di una protezione da un macchinario.

I Fatti del Caso: Un Infortunio Annunciato

All’interno di uno stabilimento produttivo, un operaio subiva un grave infortunio alla mano mentre utilizzava un macchinario industriale. Le indagini successive hanno rivelato una circostanza allarmante: il dispositivo di sicurezza, una griglia di protezione, era stato rimosso per accelerare i tempi di produzione. Questa non era un’iniziativa estemporanea del lavoratore, ma una prassi consolidata e tollerata all’interno dell’ambiente di lavoro. L’amministratore della società, pur essendo a conoscenza di tale consuetudine pericolosa, non aveva adottato misure efficaci per impedirla, omettendo di ripristinare le condizioni di sicurezza e di sanzionare i comportamenti a rischio.

La Posizione di Garanzia e la Decisione della Corte

Il Tribunale ha ritenuto il datore di lavoro penalmente responsabile per il reato di lesioni personali colpose, aggravate dalla violazione della normativa antinfortunistica. Il punto centrale della decisione è stata proprio la valutazione della posizione di garanzia che ricopre il vertice aziendale. Secondo i giudici, tale posizione implica un obbligo non solo di predisporre le misure di sicurezza, ma anche di assicurarsi che vengano costantemente rispettate. La mera consapevolezza di una prassi ‘contra legem’ (contro la legge), unita alla mancata adozione di provvedimenti correttivi, equivale a una colpevole omissione che si pone in un rapporto di causa-effetto diretto con l’infortunio.

La Responsabilità Penale Oltre la Semplice Fornitura dei Dispositivi

La sentenza chiarisce che la responsabilità del garante non viene meno neanche di fronte a un’eventuale condotta imprudente del lavoratore infortunato. Se l’ambiente di lavoro è esso stesso a favorire o tollerare prassi pericolose, la ‘colpa’ del dipendente non è sufficiente a interrompere il nesso di causalità con l’omissione del datore di lavoro. Quest’ultimo ha il dovere di creare un sistema organizzativo e gestionale che renda la sicurezza un valore non negoziabile, intervenendo attivamente per correggere le deviazioni e formare adeguatamente il personale.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano sull’interpretazione del D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro) e sui principi generali del codice penale. Il datore di lavoro, in qualità di garante, ha un dovere di controllo e vigilanza che non può essere delegato implicitamente o disatteso. La tolleranza verso una prassi pericolosa, come la rimozione delle protezioni, è stata interpretata come una forma di colpa specifica, consistente nella violazione di precise norme di legge e nella negligenza di non aver previsto e impedito un evento ampiamente prevedibile. La condotta omissiva dell’imputato è stata quindi identificata come causa giuridicamente rilevante dell’infortunio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Aziende

Questa pronuncia serve da monito per tutte le realtà aziendali. La sicurezza sul lavoro non è un adempimento formale, ma un obbligo gestionale continuo e proattivo. Per evitare responsabilità penali, non basta redigere un Documento di Valutazione dei Rischi e fornire i DPI. È indispensabile implementare un sistema di vigilanza efficace, sanzionare le violazioni, aggiornare costantemente la formazione e, soprattutto, promuovere una cultura della sicurezza che parta dai vertici e coinvolga tutti i livelli dell’organizzazione. La ‘tolleranza zero’ verso le prassi pericolose non è solo una scelta etica, ma un preciso dovere giuridico.

La sola fornitura di dispositivi di sicurezza è sufficiente per escludere la responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio?
No, secondo la sentenza non è sufficiente. Il datore di lavoro, in virtù della sua posizione di garanzia, ha anche un obbligo attivo di vigilare e assicurarsi che le misure di sicurezza siano costantemente e correttamente utilizzate, impedendo prassi pericolose.

Se un lavoratore contribuisce all’infortunio con un comportamento imprudente, il datore di lavoro è sempre esente da colpa?
No. Se l’ambiente di lavoro e l’organizzazione aziendale tollerano o favoriscono sistematicamente comportamenti pericolosi, la condotta imprudente del singolo lavoratore non interrompe il nesso di causalità e non esclude la responsabilità del datore di lavoro per la sua omissione di vigilanza.

Cosa significa concretamente che il datore di lavoro ha una ‘posizione di garanzia’?
Significa che la legge gli affida il dovere specifico di proteggere l’incolumità fisica dei lavoratori. Questo dovere si traduce nell’obbligo non solo di predisporre le misure di sicurezza, ma anche di organizzare il lavoro, vigilare, formare e intervenire attivamente per prevenire e impedire ogni situazione di rischio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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