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Pluralità di sentenze: l’assoluzione prevale sempre

Un individuo, condannato con sentenza definitiva e successivamente assolto per il medesimo fatto, si è visto negare dal giudice dell’esecuzione la revoca della condanna. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, ribadendo un principio fondamentale in caso di pluralità di sentenze: l’assoluzione prevale sempre sulla condanna, salvo un’unica e specifica eccezione legata alla prescrizione. La sentenza sottolinea la preminenza del ‘favor rei’, ovvero la scelta più favorevole all’imputato, anche quando il secondo processo non avrebbe dovuto svolgersi.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pluralità di Sentenze: la Cassazione Conferma la Prevalenza dell’Assoluzione

In un sistema giuridico complesso, possono verificarsi situazioni anomale, come la coesistenza di due sentenze definitive e contrastanti per lo stesso fatto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12682/2025, affronta un caso di pluralità di sentenze, una di condanna e una di assoluzione, chiarendo quale delle due debba prevalere e secondo quali principi. La decisione riafferma la centralità del favor rei, ovvero la tutela della posizione più vantaggiosa per l’imputato.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale riguarda un cittadino che si è trovato in una situazione paradossale: essere destinatario di due sentenze irrevocabili per il medesimo reato. La prima sentenza, divenuta definitiva nel giugno 2020, lo condannava a un anno di reclusione. Successivamente, un secondo procedimento per lo stesso fatto si concludeva con una sentenza di assoluzione, divenuta irrevocabile nell’ottobre 2022.

Di fronte a questo conflitto, l’interessato si è rivolto al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione, chiedendo, come previsto dalla legge, di revocare la sentenza di condanna e dare corso a quella, più favorevole, di assoluzione. Sorprendentemente, il Tribunale ha respinto la richiesta, sostenendo che il secondo processo non si sarebbe mai dovuto celebrare, essendo già presente una condanna definitiva. Di conseguenza, secondo il giudice, la successiva sentenza di assoluzione non poteva avere effetto.

Il Ricorso in Cassazione e la Pluralità di Sentenze

Contro la decisione del Tribunale, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, basandosi su un unico e decisivo motivo: la violazione dell’articolo 669 del codice di procedura penale. Questa norma disciplina specificamente come risolvere i conflitti derivanti da una pluralità di sentenze.

Il ricorrente ha evidenziato che l’articolo 669, comma 8, stabilisce una regola chiara: in caso di conflitto tra una sentenza di condanna e una di proscioglimento (assoluzione), il giudice dell’esecuzione deve ordinare l’esecuzione di quest’ultima, revocando la condanna. L’unica eccezione a questa regola si verifica quando il proscioglimento è dovuto a prescrizione del reato maturata dopo che la condanna è diventata irrevocabile. Poiché nel caso di specie l’assoluzione era basata su altre ragioni, la regola generale doveva trovare piena applicazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, definendolo “fondato”. I giudici supremi hanno chiarito la distinzione fondamentale tra due norme: l’art. 649 c.p.p. (divieto di un secondo giudizio, o ne bis in idem) e l’art. 669 c.p.p. (rimedi in caso di plurimi giudicati).

L’art. 649 serve a prevenire la celebrazione di un secondo processo. Se, nonostante questo divieto, si arriva comunque a una seconda sentenza irrevocabile, non si può semplicemente ignorarla. A questo punto interviene l’art. 669, che offre una soluzione a posteriori per sanare il conflitto.

La Corte ha stabilito che la regola dettata dall’art. 669 è inequivocabile e ispirata al principio del favor rei. La legge impone di scegliere sempre la decisione più favorevole all’imputato. Introdurre, come ha fatto il Tribunale, un’eccezione non scritta basata sul fatto che il secondo processo fosse “improcedibile” equivarrebbe a creare una nuova regola interpretativa a svantaggio dell’imputato (in malam partem), cosa non consentita.

In sostanza, una volta che il conflitto si è prodotto, non importa se il secondo giudizio sia stato celebrato erroneamente. Ciò che conta è applicare la soluzione prevista dal legislatore, che privilegia nettamente la sentenza di assoluzione su quella di condanna, con l’unica, tassativa eccezione della prescrizione successiva.

Le Conclusioni

Con questa pronuncia, la Corte di Cassazione rafforza un pilastro dello stato di diritto: nel dubbio e nel conflitto, prevale la soluzione che avvantaggia il cittadino. La decisione di annullare l’ordinanza impugnata e rinviare il caso al Tribunale di Benevento per una nuova valutazione impone al giudice di applicare correttamente la legge, revocando la condanna e dando piena esecuzione alla sentenza di assoluzione. Questo principio garantisce certezza giuridica e tutela i diritti fondamentali dell’individuo, anche di fronte a un errore del sistema giudiziario che ha permesso la formazione di un secondo giudicato.

Cosa succede se una persona viene prima condannata e poi assolta per lo stesso identico fatto con due sentenze definitive?
In caso di pluralità di sentenze, il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di disporre l’esecuzione della sentenza di assoluzione, revocando quella di condanna, in applicazione del principio del ‘favor rei’.

Esistono eccezioni alla regola che fa prevalere l’assoluzione sulla condanna?
Sì, l’unica eccezione prevista dalla legge si ha quando la sentenza di assoluzione dichiara l’estinzione del reato per prescrizione, ma solo se tale prescrizione è maturata in un momento successivo a quello in cui la sentenza di condanna è diventata definitiva.

La sentenza di assoluzione prevale anche se il secondo processo non si sarebbe dovuto celebrare?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che, una volta che il conflitto tra giudicati si è concretizzato, si devono applicare le regole dell’art. 669 c.p.p., che favoriscono l’esito più vantaggioso per l’imputato, a prescindere dal fatto che il secondo giudizio non dovesse avere luogo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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