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Permesso premio ostativo: la Cassazione decide

Con la sentenza n. 52139 del 11/12/2019, la Cassazione Penale, Sez. 1, ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che negava un permesso premio a un detenuto in regime ostativo per mancata collaborazione. Applicando la storica sentenza della Corte Costituzionale n. 253/2019, la Corte ha affermato che la presunzione assoluta di pericolosità per il non collaborante è incostituzionale. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione sulla sussistenza di legami con la criminalità, aprendo la via al beneficio anche senza collaborazione, in un’ottica di valorizzazione del percorso rieducativo. La decisione è cruciale per il tema del permesso premio ostativo.

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Pubblicato il 8 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Permesso Premio Ostativo: La Svolta della Consulta e l’Applicazione della Cassazione

Il tema del permesso premio ostativo rappresenta uno dei nodi più complessi e dibattuti del nostro ordinamento penitenziario, ponendo in conflitto le esigenze di sicurezza dello Stato con il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 52139/2019) offre un’applicazione concreta di una svolta epocale impressa dalla Corte Costituzionale, modificando le prospettive per i detenuti condannati per reati gravi che non collaborano con la giustizia. Analizziamo come questa decisione cambia le regole del gioco.

I Fatti del Caso

Un detenuto, condannato alla pena dell’ergastolo per reati di criminalità organizzata e sottoposto al regime speciale di cui all’art. 41-bis, si vedeva negare la concessione di un permesso premio. Il Tribunale di Sorveglianza di Torino aveva dichiarato inammissibile la sua richiesta basandosi su un automatismo previsto dall’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario: la mancata collaborazione con la giustizia era di per sé ostativa al beneficio, in quanto indice presunto di mantenimento dei contatti con l’associazione criminale di appartenenza.

La Questione del Permesso Premio Ostativo e la Presunzione Assoluta

La disciplina del cosiddetto “doppio binario” penitenziario ha sempre previsto un trattamento più severo per i condannati per reati di mafia e terrorismo. L’accesso a benefici come il permesso premio ostativo era vincolato a una scelta netta: collaborare con la giustizia. In assenza di collaborazione, scattava una presunzione assoluta (iuris et de iure) di pericolosità sociale e di persistenza dei legami con il contesto criminale. Questo meccanismo, pur mirando a incentivare la collaborazione e a proteggere la collettività, impediva al giudice di valutare nel merito il percorso trattamentale del singolo detenuto.

La Decisione della Cassazione alla Luce della Sentenza n. 253/2019

La Corte di Cassazione, investita del ricorso del detenuto, ha ribaltato la decisione del Tribunale di Sorveglianza. Il punto di svolta è l’applicazione diretta dei principi sanciti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 253 del 2019. Quest’ultima ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, dell’ordinamento penitenziario proprio nella parte in cui stabiliva tale presunzione assoluta.

Le motivazioni

La Cassazione ha chiarito che l’automatismo legislativo che legava la mancata collaborazione al diniego del permesso premio realizzava una “deformante trasfigurazione della libertà di non collaborare”, trasformandola in un aggravamento ingiustificato della pena. Tale meccanismo, secondo la Corte, si poneva in netto contrasto con l’art. 27 della Costituzione, che impone alla pena una finalità rieducativa. Impedire a priori una valutazione individuale del percorso del detenuto significava arrestare sul nascere ogni possibile percorso risocializzante, frustrando la funzione stessa della pena. La presunzione di pericolosità non può essere assoluta, ma deve poter essere superata da una valutazione concreta del giudice.

Le conclusioni

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato gli atti al Tribunale di Sorveglianza di Torino. Quest’ultimo dovrà ora procedere a un nuovo esame, non potendo più fermarsi alla semplice constatazione della mancata collaborazione. Il giudice dovrà invece valutare nel concreto se, nonostante l’assenza di collaborazione, esistano elementi tali da escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e il pericolo di un loro ripristino. Si apre così una nuova via per l’accesso ai benefici penitenziari, fondata non più su un automatismo, ma su un’analisi individualizzata e approfondita della posizione di ogni singolo detenuto.

Un detenuto per reati ostativi che non collabora con la giustizia può ottenere un permesso premio?
Sì. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 253/2019, la mancata collaborazione non impedisce più in modo automatico l’accesso al beneficio. È necessario però che il giudice accerti l’assenza di legami attuali con la criminalità organizzata.

Cosa deve valutare il giudice per concedere il permesso in questi casi?
Il giudice non deve più fermarsi alla constatazione della mancata collaborazione, ma deve procedere a una valutazione approfondita e individualizzata. Deve verificare, sulla base di elementi concreti, se il detenuto abbia effettivamente reciso i legami con l’ambiente criminale e se non sussista il pericolo che tali legami possano essere ripristinati.

Qual è il principio costituzionale alla base di questa decisione?
Il principio cardine è la finalità rieducativa della pena, sancito dall’articolo 27 della Costituzione. Una presunzione assoluta che impedisce di valutare i progressi del detenuto nel suo percorso di reinserimento sociale è contraria a tale principio, poiché trasforma la pena in una mera afflizione senza prospettive di recupero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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