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Permesso in sanatoria: quando è variante legittima?

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per abusi edilizi, chiarendo la distinzione tra permesso in variante e permesso in sanatoria. La Corte ha stabilito che il rigido principio della “doppia conformità” si applica solo al permesso in sanatoria, utilizzato per legalizzare opere già esistenti, e non a una variante in corso d’opera. L’errata qualificazione giuridica del titolo edilizio da parte della Corte d’Appello ha portato all’annullamento della sentenza con rinvio per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Permesso in Sanatoria: la Cassazione Annulla Condanna per Errata Qualificazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 34292/2025) ha annullato una condanna per reati edilizi, facendo luce sulla cruciale differenza tra permesso in sanatoria e permesso in variante. Il caso riguardava un progettista condannato in appello per aver realizzato un complesso edilizio con titoli ritenuti illegittimi. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, evidenziando un errore di diritto fondamentale da parte del giudice di secondo grado: aver applicato i rigidi principi della sanatoria a quella che, in realtà, era una legittima variante in corso d’opera.

I Fatti: La Vicenda Edilizia e i Processi di Merito

Un progettista e direttore dei lavori era stato accusato di aver realizzato un complesso edilizio in violazione di diverse norme urbanistiche, ottenendo titoli abilitativi illegittimi. In particolare, la contestazione principale (capo 1a) riguardava l’utilizzo di una superficie utile lorda superiore a quella consentita, ottenuta tramite l’asservimento di una particella di terreno esterna al lotto edificabile.

In primo grado, il GIP del Tribunale aveva assolto l’imputato, ritenendo legittima la cessione di cubatura e la validità dei permessi di costruire (uno originario e uno in variante). La Procura, tuttavia, aveva impugnato la sentenza.

La Condanna della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione, ha condannato il professionista. Il fulcro della motivazione risiedeva nella qualificazione del secondo permesso di costruire, definito come un permesso in sanatoria illegittimo. Secondo i giudici d’appello, l’asservimento della cubatura era avvenuto durante il procedimento di sanatoria, violando così il principio della “doppia conformità”, che impone la conformità dell’opera alle norme urbanistiche sia al momento della realizzazione dell’abuso sia al momento della richiesta di regolarizzazione.

L’Errata Applicazione del Permesso in Sanatoria e il Principio di Doppia Conformità

La difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse travisato la natura del titolo abilitativo. Non si trattava di una sanatoria, ma di una semplice variante al permesso originario, finalizzata a un ampliamento volumetrico consentito dalla legge (“Piano Casa”).

Variante vs. Sanatoria: Una Distinzione Cruciale

La distinzione è fondamentale:
– La sanatoria (art. 36 D.P.R. 380/2001) serve a regolarizzare opere già realizzate abusivamente e richiede la “doppia conformità”.
– La variante modifica un progetto già assentito ma non ancora (o non del tutto) realizzato. Per essa non si applica il principio di doppia conformità, poiché per definizione introduce un mutamento rispetto al progetto originario.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso, smontando la ricostruzione della Corte territoriale. In primo luogo, gli Ermellini hanno osservato che la stessa imputazione qualificava il secondo titolo come “permesso di costruire in variante”. La Corte d’Appello non ha fornito alcuna spiegazione logico-giuridica per riqualificarlo come permesso in sanatoria.

Di conseguenza, l’applicazione del principio di doppia conformità è risultata errata e ingiustificata. Tale principio, infatti, presuppone l’identità dell’opera tra il momento della sua realizzazione abusiva e quello della richiesta di sanatoria, una condizione che non ha senso per una variante, la quale implica un mutamento del progetto da realizzare.

La Cassazione ha sottolineato come la Corte d’Appello si sia limitata a richiamare principi astratti sulla sanatoria, senza spiegare perché un permesso, denominato “variante”, dovesse essere trattato diversamente.

L’irrilevanza della Sentenza di Assoluzione del Coimputato

Un altro motivo di ricorso si basava sull’assoluzione definitiva di una coimputata. La Cassazione ha ritenuto corretta, in linea di principio, la posizione della Corte d’Appello nel non considerare tale assoluzione vincolante. Il principio del ne bis in idem impedisce di processare di nuovo la persona assolta, ma non vincola il giudice a decidere nello stesso modo per il coimputato ancora sotto processo.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna per un vizio di motivazione e violazione di legge. L’errata qualificazione del titolo edilizio come permesso in sanatoria ha viziato l’intero ragionamento della Corte d’Appello, portando all’applicazione di principi giuridici non pertinenti al caso di specie. La causa è stata quindi rinviata a una diversa sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio, che dovrà attenersi ai principi di diritto stabiliti dalla Suprema Corte e valutare correttamente la natura del titolo edilizio in questione.

Qual è la differenza fondamentale tra “permesso in variante” e “permesso in sanatoria”?
Il permesso in variante modifica un progetto edilizio già autorizzato ma non ancora completato, mentre il permesso in sanatoria serve a legalizzare un’opera già costruita in modo abusivo.

Quando si applica il principio della “doppia conformità” in materia edilizia?
Secondo la sentenza, il principio della doppia conformità si applica esclusivamente al procedimento di sanatoria edilizia, che richiede la conformità dell’opera alle norme urbanistiche sia al momento della sua realizzazione che al momento della presentazione della domanda. Non si applica alle varianti in corso d’opera.

L’assoluzione di un coimputato per lo stesso reato vincola il giudice a decidere nello stesso modo per gli altri imputati?
No. La sentenza chiarisce che l’acquisizione della sentenza irrevocabile di assoluzione di un coimputato non vincola il giudice del procedimento a carico di un altro imputato, il quale deve valutare autonomamente la sussistenza del fatto e la responsabilità dell’imputato da giudicare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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