Permessi arresti domiciliari: quando la presenza in udienza non è un’esigenza indispensabile
I permessi arresti domiciliari rappresentano una questione delicata, bilanciando le esigenze di cautela con i diritti fondamentali della persona. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta, chiarendo in quali contesti la partecipazione a un’udienza non costituisce un'”indispensabile esigenza di vita” tale da giustificare un’autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di detenzione. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere i limiti di applicazione dell’art. 284 del codice di procedura penale.
I fatti del caso
Un soggetto, sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico nell’ambito di una procedura di estradizione richiesta da un governo straniero, ha presentato istanza alla Corte di Cassazione. La richiesta era volta ad ottenere l’autorizzazione a lasciare la propria abitazione per partecipare a due distinte udienze:
1. Un’udienza dibattimentale presso il Tribunale, in un procedimento penale dove egli figurava come parte civile.
2. L’udienza camerale davanti alla stessa Corte di Cassazione, fissata per la discussione del suo ricorso avverso la sentenza che lo dichiarava estradabile.
L’interessato, tramite il suo difensore, ha invocato la necessità della sua presenza fisica per tutelare al meglio le proprie ragioni in entrambi i procedimenti giudiziari.
Limiti ai permessi arresti domiciliari per la parte civile
La Corte Suprema ha respinto la prima richiesta, relativa alla partecipazione all’udienza come parte civile. I giudici hanno sottolineato che l’art. 284, comma 3, del codice di procedura penale consente l’allontanamento dal luogo degli arresti domiciliari solo per “indispensabili esigenze di vita” o per altre “eccezionali” ragioni. La partecipazione a un’udienza in qualità di parte civile non rientra in questa categoria.
Secondo la Corte, la posizione della parte civile è adeguatamente tutelata dalla rappresentanza del difensore, munito di procura speciale. La presenza fisica della persona danneggiata non è, quindi, considerata indispensabile per l’esercizio dell’azione civile nel processo penale. La richiesta non poteva nemmeno essere interpretata come una richiesta di “traduzione” (accompagnamento coattivo), poiché la funzione della parte civile è notoriamente esercitata tramite il suo legale.
La rappresentanza legale nel giudizio di Cassazione
Anche la seconda richiesta, riguardante la presenza all’udienza di Cassazione per il procedimento di estradizione, è stata respinta. La Corte ha richiamato un proprio consolidato principio, già affermato in materia di mandato di arresto europeo (sentenza n. 35818/2020). Tale principio stabilisce che, nella fase di giudizio che si svolge dinanzi alla Corte di Cassazione, “le parti sono rappresentate dai difensori”, indipendentemente dalla forma procedimentale adottata (pubblica o camerale).
Questo significa che nel giudizio di legittimità, incentrato su questioni di diritto, il contraddittorio si svolge tecnicamente tra i legali e non richiede la presenza fisica delle parti private. Di conseguenza, non sussisteva alcun fondamento giuridico per accogliere la richiesta di autorizzazione.
Le motivazioni della decisione
La decisione della Corte si fonda su una interpretazione restrittiva del concetto di “indispensabili esigenze di vita”. La ratio è quella di preservare l’efficacia della misura cautelare, limitando le deroghe solo a situazioni di comprovata e inderogabile necessità personale (come esigenze sanitarie gravi), che non possono essere soddisfatte altrimenti. La partecipazione a procedimenti giudiziari, dove la difesa tecnica è pienamente garantita dalla presenza di un avvocato, non viene equiparata a tali esigenze.
Inoltre, per quanto riguarda il giudizio in Cassazione, la motivazione si basa sulla natura stessa del processo di legittimità. Essendo un giudizio sulla corretta applicazione della legge e non sui fatti, il ruolo delle parti è essenzialmente tecnico-giuridico e viene svolto in modo completo ed esaustivo dai difensori abilitati al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. La presenza fisica dell’imputato non aggiungerebbe alcun elemento utile alla decisione.
Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: i permessi arresti domiciliari non sono uno strumento per garantire la partecipazione personale a ogni fase processuale. La Corte di Cassazione ha chiarito che, salvo casi eccezionali, la rappresentanza legale è sufficiente a garantire il diritto di difesa. In particolare, la presenza non è ritenuta indispensabile né quando si agisce come parte civile, né durante le udienze davanti alla stessa Corte Suprema. Questa pronuncia consolida un orientamento rigoroso, volto a evitare che le autorizzazioni ad allontanarsi possano indebolire la finalità delle misure cautelari personali.
È possibile ottenere un permesso dagli arresti domiciliari per partecipare a un’udienza in cui si è costituiti parte civile?
No, secondo l’ordinanza, tale esigenza non rientra tra le ‘indispensabili esigenze di vita’ previste dall’art. 284 cod. proc. pen., specialmente quando la parte civile è già pienamente rappresentata da un difensore munito di procura speciale.
Un imputato agli arresti domiciliari può essere autorizzato a partecipare personalmente a un’udienza davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte ha stabilito che nei giudizi di Cassazione, che vertono su questioni di diritto, le parti sono rappresentate dai loro difensori e la presenza personale dell’imputato non è considerata necessaria né è previsto che possa essere autorizzata.
Quali sono i criteri per la concessione di permessi di allontanamento durante gli arresti domiciliari?
L’art. 284, comma 3, cod. proc. pen. richiede ‘eccezionali’ ragioni legate a ‘indispensabili esigenze di vita’ (ad esempio, gravi motivi di salute). La giurisprudenza interpreta questo criterio in modo restrittivo, escludendo situazioni in cui le esigenze della persona possono essere soddisfatte tramite altri mezzi, come la rappresentanza legale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10857 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 6 Num. 10857 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/03/2025
ORDINANZA
sulle istanze ex art. 284 cod. proc. pen. di autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari proposta nell’interesse di:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Brescia il 15/10/1963
esaminati gli atti relativi all’istanza; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
OSSERVA
NOME COGNOME COGNOME, persona sottoposta alla misura cautelare degli arresti domiciliari, con dispositivo elettronico di controllo di cui all’art. 275-bis cod. proc. pen., in quanto ricercato a fini estradizionali dal Governo dell’Uruguay, è stato ritenuto estradabile con sentenza emessa dalla Corte di Appello di Brescia il 23 gennaio 2025 e impugnata con ricorso per cassazione, la cui trattazione è stata fissata per l’udienza camerale del 10 aprile 2025 davanti a questa Sezione;
Con istanza rivolta a questa Corte il ricorrente, a mezzo del suo difensore, chiede l’autorizzazione ex art. 284 cod. proc. pen. ad allontanarsi dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari per partecipare ad imminenti udienze e segnatamente: A) all’udienza dibattimentale del 24 marzo 2025 davanti al Tribunale di Brescia nel procedimento penale n. 1343/22, nel quale si è costituito parte civile; B) all’udienza camerale del 10 aprile 2025 davanti a questa Sezione
nel procedimento estradizionale in epigrafe; c) nonché all’udienza camerale ex art. 718 cod. proc. pen. davanti a questa Corte, in via di fissazione, per l’esame della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare personale.
Premesso che il Collegio è chiamato a pronunciarsi sulle sole istanze relative alle udienze già fissate, le richieste del ricorrente non possono trovare accoglimento per le seguenti ragioni.
2.1. La richiesta relativa al punto A) non trova fondamento in quelle “eccezionali” ragioni, previste dall’art. 284, comma 3 cod. proc. pen., delle “indispensabili esigenze di vita”; nè la richiesta può essere accolta come istanza di “traduzione” all’udienza nella quale la parte civile è notoriamente rappresentata dal difensore, munito di procura speciale (art. 100 cod. proc. pen.).
2.2. Neppure risulta accoglibile la istanza sub B).
Secondo un principio già affermato in tema di mandato di arresto europeo avverso la decisione sulla consegna, prima della riforma del d.lgs. n. 10 del 2021 (Sez. 6, n. 35818 del 10/12/2020, COGNOME, Rv. 280114), nella fase del giudizio che si svolge dinanzi a questa Corte, qualunque sia la forma procedimentale adottata, “le parti sono rappresentate dai difensori”.
P.Q.M.
Rigetta le richieste di autorizzazione.
Così deciso il 17/03/2025.