Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4143 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 4143 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/12/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 03/12/2024
R.G.N. 29232/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato il 09/06/1963 a Tonara rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME di fiducia
avverso l’ordinanza in data 22/05/2024 del Tribunale di Oristano
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che il procedimento si celebra con contradditorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610, commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte depositate in data 28/11/2024 dall’avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13/03/2023 il Tribunale di Oristano, in riforma del provvedimento emesso in data 01/03/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Oristano, disponeva nei confronti di NOME COGNOME il sequestro preventivo finalizzato a confisca dei saldi relativi a quattro conti concorrenti fino alla concorrenza dell’importo di euro 1.760.819,00 e, in caso di incapienza, il sequestro per equivalente sui beni dell’indagato.
Il Tribunale rilevava che il sequestro era correlato al prezzo del reato ( in gran parte corrispondente all’importo di fatture emesse per operazioni inesistenti) riferito a varie ipotesi corruttive contestate a Pinna rispetto alle quali costui aveva assunto il ruolo di intermediario tra i soggetti corrotti e i privati corruttori nel quadro della aggiudicazione di appalti concernenti lavori di adeguamento del tratto stradale Sassari – Olbia ( lotti 3 e 8) aggiudicati a RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE e a RAGIONE_SOCIALE
A seguito di ricorso per cassazione proposto dal COGNOME, questa Corte, in diversa composizione, con sentenza pronunciata in data 03/04/2024, in parziale accoglimento del terzo motivo di impugnazione annullava tale ordinanza con rinvio per nuovo giudizio in punto di valutazione della sussistenza in concreto del periculum in mora , che risultava essere stata omessa.
In relazione al quinto motivo di ricorso relativo alla quantificazione dell’importo sequestrabile, i giudici di legittimità davano conto delle varie fasi processuali della vicenda. Al riguardo, osservavano che analogo sequestro preventivo era stato emesso dal G.i.p. del Tribunale di Oristano (confermato in sede di riesame) per un quantum tuttavia inferiore in ragione della esclusione di importi corrispondenti all’Iva; a seguito di dichiarazione di incompetenza del Tribunale di Oristano in favore del Tribunale di Sassari, il giudice per le indagini preliminari aveva emesso nuovo decreto (confermato in sede di riesame) con scomputo degli importi relativi a detrazioni fiscali; successivamente al proposto conflitto negativo di competenza, risolto dalla Corte di Cassazione con dichiarazione di competenza del Tribunale di Oristano, la misura cautelare era stata dichiarata inefficace perchØ non rinnovata nel termine di venti giorni; era quindi intervenuta richiesta di nuova emissione di decreto di sequestro preventivo, respinta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Oristano ed invece accolta con l’ordinanza impugnata dal Tribunale del riesame, a seguito di appello proposto dal pubblico ministero.
Tanto premesso, i giudici di legittimità rilevavano che oggetto del sequestro preventivo era il prezzo del reato; che il vincolo era stato fin dall’origine disposto in epoca successiva rispetto a quella di maturazione degli obblighi fiscali (sicchŁ la quantificazione era insensibile alla operatività di obblighi di imposta, salvo l’eventuale diritto al rimborso in caso di successiva confisca); che, nella presente vicenda, era già intervenuto il Tribunale di Oristano in sede di riesame, operando una decurtazione del quantum , commisurata all’Iva indicata in alcune fatture e destinata al versamento in favore dell’Erario, quindi non computabile come prezzo del reato e che il Tribunale di Sassari aveva effettuato anche l’ulteriore decurtazione per detrazioni Ires e Inarcassa.
A seguito delle varie vicende processuali, nell’ambito del procedimento si era dunque formato giudicato cautelare relativamente alla entità dell’importo sequestrabile, come determinato dal Tribunale di Oristano con ordinanza del 30/11/2026, e di esso doveva tenersi conto nel giudizio di rinvio.
A seguito di tale annullamento, il Tribunale di Oristano con ordinanza emessa in data 22/05/2024, giudicando in sede di rinvio, ed in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero, disponeva il sequestro dei saldi relativi a quattro conti correnti riconducibili a NOME COGNOME fino alla concorrenza del minor importo di euro 973.991,03, nonchØ, in caso di incapienza, il sequestro per equivalente sui beni dell’indagato per la differenza tra le somme reperite in sede di sequestro diretto e l’importo di euro 973.991,03.
Il Collegio riteneva sussistente il periculum in mora e quantificava la somma da sottoporre a vincolo (prezzo dei reati corruttivi) escludendo sia il quantum indicato nelle fatture a titolo di iva, sia l’importo riferibile all’Ires e a Inarcassa.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il difensore fiduciario.
4.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione all’art. 627, comma 3, codice rito per non avere il Tribunale del riesame, valutato la sussistenza in concreto del periculum in mora , così come imposto dai giudici di legittimità nella sentenza di annullamento con rinvio per nuovo giudizio.
Sul punto l’ordinanza impugnata ha dedicato ‘apparentemente’ qualche ‘riga’ sul tema, riportando ciò che era stato rappresentato nel precedente provvedimento emesso in data 13/03/2023 e successivamente annullato.
4.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione all’art. 27 codice di rito, difetto assoluto di motivazione e travisamento dell’oggetto dell’appello cautelare proposto dal pubblico ministero.
La richiesta di sequestro preventivo presentata dal pubblico ministero costituiva mera reiterazione di quella avanzata nel 2016, originariamente accolta. Il decreto di sequestro non era stato rinnovato ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. nei termini di legge, sicchŁ il vincolo era stato dichiarato inefficace. Il pubblico ministero non aveva impugnato la declaratoria di inefficacia ma aveva richiesto un nuovo decreto, pur essendo decaduto dalla possibilità di ottenerlo.
4.3. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione all’art. 321 codice di rito con riferimento alla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura cautelare reale, in relazione all’art. 425, comma 2, codice di rito nella sua nuova formulazione e altresì con riferimento agli artt. 99 e 157 cod. pen, violazione del principio del ne bis in idem , motivazione mancante e comunque apparente.
Il Tribunale del riesame, ritenuti sussumibili i fatti nelle fattispecie contestate, non aveva condiviso gli assunti (pienamente corretti) del G.i.p. che aveva respinto la richiesta di sequestro preventivo dando rilievo, da un lato, al tempo trascorso dalla adozione del primo sequestro e, dall’altra, alla valutazione prognostica di non applicazione della recidiva infraquinquennale con conseguente probabile declaratoria, nella successiva di udienza preliminare, di prescrizione dei reati, circostanza che avrebbe precluso la confisca del relativo prezzo.
Rileva inoltre il ricorrente che la recidiva in questione neppure era integrata poichØ i due reati sui quali detta aggravante si fondava erano venuti meno avendo il giudice dell’esecuzione, nell’aprile e maggio 2023, dichiarato estinto il delitto oggetto della sentenza di patteggiamento emessa nei confronti di Pinna in data 07/12/1993 dalla Pretura di Oristano, sezione distaccata di Sorgono ed aveva altresì revocato per abolitio criminis la successiva pronuncia del 22/01/2010 del Tribunale di Oristano, sezione distaccata di Sorgono (allegati n. 5 e 6 al presente ricorso).
Si ribadisce altresì che, in assenza di elementi di novità, non era consentito al pubblico ministero di richiedere nuovamente il sequestro dopo il provvedimento di inefficacia dell’originario vincolo emesso in data 22/02/2023 (non impugnato dal pubblico ministero), dovendosi quindi ravvisare una palese violazione del principio ne bis in idem.
4.4. Con il quarto motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. violazione di legge in relazione all’art. 324 del codice di rito per difetto assoluto di motivazione in punto di corretta quantificazione del prezzo del reato, a fronte del ruolo di intermediario svolto dall’indagato tra corrotto e corruttori e considerato che, nella determinazione del quantum da sottoporre a sequestro, sono state conteggiate anche le fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale ha fatto un riferimento omnicomprensivo alla emissione di fatture per operazioni inesistenti, destinate a finanziare il sistema corruttivo, quando in realtà non avrebbe potuto dirsi apoditticamente, senza motivazione specifica, che tutte le fatture emesse non corrispondessero ad una effettiva prestazione professionale da parte delle società RAGIONE_SOCIALE Due erano i soggetti imprenditoriali ed il prezzo avrebbe dovuto essere calcolato al netto della attività effettivamente svolta dall’intermediario imprenditore per il corruttore. Era illogico attribuire le somme indicate nelle fatture emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE, se la società RAGIONE_SOCIALE (riconducibile a Pinna) nulla aveva effettivamente incassato, nonostante avesse reso la prestazione concordata.
4.5. Con il quinto motivo si deduce violazione di legge in relazione all’art. 322 cod. pen. per avere identificato il prezzo della corruzione con l’ammontare versato dagli imprenditori corruttori
indicato nelle fatture emesse dalle società RAGIONE_SOCIALE senza tenere conto delle detrazioni per Ires e per Inarcassa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł manifestamente infondato e, per questo, inammissibile.
Con il primo motivo si deduce violazione di legge in relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. perchØ il Tribunale del riesame non si sarebbe uniformato ai principi dettati dai giudici di legittimità nella sentenza di annullamento con rinvio con la quale si richiedeva la valutazione del periculum in mora che era stata omessa.
Il rilievo Ł palesemente infondato.
Il Tribunale del riesame ha colmato la lacuna motivazionale in ordine alla sussistenza in concreto del periculum in mora , ineludibile passaggio giustificativo del disposto sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
Con argomentazioni esaustive ed articolate sotto tre diversi profili, l’ordinanza qui impugnata (pagine 17, 18 e 19) ha puntualmente indicato le ragioni sottese al ravvisato attuale pericolo che la libera disponibilità delle somme oggetto della richiesta di misura reale, anche per equivalente, potesse determinare la dispersione delle stesse in attesa della definizione del giudizio di merito, con conseguente necessaria anticipazione dell’effettivo ablativo della confisca.
Si Ł infatti in primo luogo evidenziato il carattere prettamente fungibile dei beni oggetto dell’istanza cautelare (i saldi dei quattro conti correnti bancari nella disponibilità di Pinna) che dunque, per loro stessa natura, potevano essere artatamente occultati per sottrarli ad una futura confisca.
In secondo luogo, si Ł evidenziato che uno dei conti correnti nella disponibilità dell’indagato era stato aperto presso una banca estera (Unicredit di Belgrado) e su di esso – solo a seguito di rogatoria presso lo stato serbo – era stata rinvenuta la somma di ben 92.000,00 euro, circostanza significativamente dimostrativa della movimentazione da parte dell’indagato di denaro al di fuori del territorio nazionale e, dunque, segno tangibile del concreto pericolo di dispersione.
In terzo luogo, si Ł posto in luce come dalle dichiarazioni rese da NOME COGNOME nel corso di interrogatorio effettuati in data 8 aprile 2016, emergeva che, a quell’epoca, taluni pagamenti promessi non erano stati ancora corrisposti al COGNOME il quale ne aveva sollecitato il saldo tramite un prestanome, circostanza che ulteriormente rendeva necessario l’imposizione del vincolo cautelare reale nelle more del giudizio.
Il Tribunale del riesame, dunque, si Ł correttamente uniformato ai principi dettati dai giudici di legittimità nella sentenza di annullamento con rinvio fornendo, in ordine al periculum in mora, motivazione del tutto logica e coerente alle risultanze processuali.
Analogo giudizio di manifesta infondatezza va espresso con riferimento al quinto motivo di ricorso con il quale si deduce violazione di legge in relazione all’art. 322 cod. pen. per avere identificato il prezzo della corruzione con l’ammontare versato dagli imprenditori corruttori indicato nelle fatture emesse dalle società RAGIONE_SOCIALE senza tenere conto delle detrazioni per Ires e per Inarcassa.
Sul punto il ricorrente non si confronta minimamente con le statuizioni del Tribunale del riesame che – ancora una volta in piena osservanza delle indicazioni del giudice di legittimità – ha decurtato dalla originaria quantificazione dell’importo sequestrabile a titolo di prezzo del reato non solo l’importo dell’I.v.a. indicata in alcune fatture ma anche le detrazioni Ires e Inarcassa in quanto somme destinate all’Erario (pagg 19 e 20 dell’ordinanza impugnata).
Il secondo, terzo e quarto motivo vanno dichiarati inammissibili in quanto non deducibili in questa sede trattandosi di doglianze già proposte con il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza annullata e decise dai giudici di legittimità che le hanno ritenute manifestamente infondate con conseguente formazione di giudicato interno sul punto (pagine da 4 a 6).
Tale identità emerge dalla semplice comparazione tra la pronuncia di annullamento che illustra dettagliatamente i motivi di impugnazione ed il ricorso qui in esame.
L’esame di tali censure Ł dunque precluso dal disposto di cui all’art. 628, comma 2, cod. proc. pen. a mente del quale ‘la sentenza del giudice di rinvio può essere impugnata soltanto per motivi non riguardanti i punti già decisi dalla Corte di cassazione, ovvero per inosservanza della disposizione dell’art. 627 comma 3’.
Tale norma Ł stata ritenuta dalla Corte Costituzionale espressiva del principio della tendenziale irrevocabilità ed incensurabilità delle decisioni della Corte di Cassazione, che risponde alla finalità di evitare la perpetuazione dei giudizi e di conseguire quell’accertamento definitivo che, realizzando l’interesse fondamentale dell’ordinamento alla certezza delle situazioni giuridiche, costituisce lo scopo stesso dell’attività giurisdizionale, mostrandosi pertanto conforme alla funzione di giudice ultimo della legittimità affidato alla medesima Corte dall’art. 111 Cost. (Corte Cost. n. 136 del 03/07/1972, n. 21 del 19/01/1982 e n. 294 del 26/06/1995).
La disposizione in esame ha, dunque, la funzione di impedire che quanto deciso dalla Corte Suprema venga rimesso in discussione attraverso l’impugnazione della sentenza del giudice di rinvio (Sez. 2, n. 41461 del 06/10/2004, Guerrieri, Rv. 230578, ove si sottolinea che ‘Ł perfettamente compatibile con la Carta fondamentale un sistema il quale impedisca di rimettere in discussione il decisum della Corte suprema attraverso l’impugnazione della sentenza del giudice di rinvio che detto decisum sia stato chiamato ad attuare: in tal modo, invero, si consentirebbe in via mediata la proposizione del gravame avverso la stessa decisione del giudice di legittimità, la cui intangibilità Ł viceversa confermata dalla previsione legislativa della straordinarietà del ricorso per la correzione dell’errore di fatto in cui questo sia potuto incorrere’).
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 03/12/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME