Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22666 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22666 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME DATA_NASCITA a CAGLI
avverso l’ordinanza in data 22/02/2024 del TRIBUNALE DI URBINO;
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
lette le note fatte pervenire dall’AVV_NOTAIO nell’interesse di COGNOME NOME.
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RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, per il tramite del proprio difensore, impugna l’ordinanza in data 22/02/2024 del Tribunale di Urbino, che ha rigettato l’istanza di riesame proposta avverso il decreto in data 28/11/2023 del G.i.p. del Tribunale di Urbino, che ha convalidato e disposto il sequestro preventivo emesso ai sensi dell’art. 321, comma 3-bis, cod. proc. pen.. In particolare, il provvedimento veniva emesso, nei confronti di COGNOME, in relazione al reato di cui all’art. 2 decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) e con esso si disponeva il sequestro finalizzato alla confisca diretta di una somma di denaro pari a euro 214.972,66 nella disponibilità della società “RAGIONE_SOCIALE, ovvero, in linea subordinata, in relazione all’art. 12-bis, decreto legislativo 10 marzo 2000,
n. 74; in via subordinata il provvedimento impugNOME disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni mobili o immobili nella disponibilità dell’indagato COGNOME NOME.
Va precisato che risultano contestati anche i seguenti ulteriori reati: art. 8 decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti); art. 236-bis Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Falso in attestazioni e relazioni), art. 137, comma 1-bis, decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Mendacio e falso interno), art. 2621 cod. civ. (False comunicazioni sociali).
Deduce:
Omessa motivazione in ordine al periculum in mora, diretto, reale e necessario per disporre il sequestro preventivo.
Il ricorrente denuncia il vizio di omessa motivazione in relazione al pericolo di distrazione dei beni da parte di COGNOME.
Osserva che i giudici non hanno illustrato le ragioni concrete e attuali per cui hanno ritenuto che l’indagato potesse spogliarsi dei propri beni, senza considerare che COGNOME è un soggetto incensurato e che i fatti risalgono ad almeno cinque o sei anni or sono.
Vizio di motivazione, inadeguata in ordine alla ritenuta sussistenza del periculum in mora.
In questo caso il ricorrente si duole della omessa motivazione in ordine alle ragioni esposte dalla difesa su alcuni elementi decisivi circa la sussistenza del periculum in mora. Si sostiene che tali ragioni sono state disattese dal tribunale che ha assertivamente ritenuto condivisibili le argomentazioni esposte dal G.i.p..
Violazione di legge in relazione alla valutazione del rispetto dei criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare.
Secondo il ricorrente il sequestro sui beni degli indagati per un valore complessivo pari a euro 789.261,38 risulta sproporzioNOME, a fronte di un minor valore del profitto confiscabile nei confronti di COGNOME e COGNOME, complessivamente pari a euro 597.029,21.
Aggiunge che il tribunale non ha neanche spiegato le ragioni dell’infondatezza della richiesta di riduzione pure avanzata dal ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1.1. Le censure sviluppate con l’impugnazione si rivolgono principalmente al requisito del periculum in mora.
Bisogna perciò ricordare che «Il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, ex art. 12-bis d.lgs.
10 marzo 2000, n. 74, deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giudizio, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca, in assenza di previsioni di segno contrario», (Sez. 3 – , Sentenza n. 4920 del 23/11/2022 Cc., dep. il 2023, Beni, Rv. 284313 – 01).
1.2. Secondo quanto chiarito dalla Sezioni Unite, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca è consentito in presenza di due presupposti: anzitutto la confiscabilità dei beni, ossia la condizione che si tratti di cose di cui è consentita la confisca a tenore del codice penale o delle leggi speciali, tanto nei casi di confisca facoltativa quanto nei casi di confisca obbligatoria. A tale preliminare requisito va aggiunto che «il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio», (Sez. U – , Sentenza n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01).
Va precisato che la motivazione del periculum in mora non può esaurirsi nel prendere atto della confiscabilità del bene, pretendendosi l’esposizione delle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giudizio (in tal senso, cfr. tra molte, Sez. 3 – , Sentenza n. 4920 del 23/11/2022 Cc., dep. il 2023, Beni, Rv. 284313 – 01; Sez. U – , Sentenza n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01), per l’esistenza di elementi concreti che facciano ritenere sussistente il pericolo che, nelle more del giudizio, la cosa venga modificata, dispersa, deteriorata, utilizzata o alienata.
A tale ultimo proposito la sentenza delle Sezioni Unite cd. Ellade ora citata ha spiegato che l’esigenza anticipatoria correlata alla confisca è «rapportata appunto alla ratio della misura cautelare volta a preservare, anticipandone i tempi, gli effetti di una misura che, ove si attendesse l’esito del processo, potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo, di cui non si può non cogliere il parallelismo rispetto al sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen. che, analogamente, e con riferimento, tuttavia, alla necessità di garantire l’effettività delle statuizioni relative al “pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato”, presenta le stesse caratteristiche di preservazione della operatività di dette statuizioni, anch’esse condizionate alla definitività della pronuncia cui accedono. E proprio in relazione al sequestro conservativo deve allora ricordarsi come queste Sezioni Unite abbiano chiarito, risolvendo un contrasto giurisprudenziale sull’estensione del giudizio prognostico richiesto ai fini della valutazione di tale presupposto, che per l’adozione
del sequestro conservativo è sufficiente che vi sia il fondato motivo per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l’adempimento delle obbligazioni di cui all’art. 316, commi 1 e 2, cod. proc. pen., non occorrendo invece che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore, necessario solo a fronte di un patrimonio già di per sé adeguato (Sez. U, n. 51660 del 25/09/2014, Zambito Rv.261118; in termini conformi, da ultimo, Sez. 2, n. 51576 del 04/12/2019, Cavacece, Rv.277813)».
Proprio il richiamo ai requisiti richiesti in relazione al sequestro conservativo consente di riferire anche al sequestro preventivo i principi pure fissati in quella materia, quando oggetto dell’ablazione sia una somma di denaro.
A tale proposito è stato spiegato che «ricorre il periculum in mora, presupposto del sequestro conservativo, se il rischio di perdita delle garanzie del credito sia apprezzabile in relazione a concreti e specifici elementi riguardanti, da un lato, l’entità del credito e la natura del bene oggetto del sequestro e, dall’altro, la situazione di possibile depauperamento del patrimonio del debitore, da porsi in relazione con la composizione del patrimonio stesso, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo. (Nella specie, la Corte ha ritenuto non potesse il “periculum in mora” essere giustificato sulla sola considerazione che la cosa sequestrata si identificasse in un’ingente somma di denaro, per sua natura suscettibile di pericolo di dispersione)», (Sez. 6, Sentenza n. 20923 del 15/03/2012, Lombardi, Rv. 252865 – 01).
2.3. L’ordinanza impugnata risulta silente rispetto a tutti tali aspetti.
Il provvedimento impugNOME, invero, giustifica la necessità dell’effetto anticipatorio facendo esclusivo riferimento ai connotati del reato, richiamando condotte risalenti al 2016 che, in quanto tali, risultano prive di attualità oltre che essere ontologicamente inidonee a supportare un giudizio prognostico di pericolosità.
Al contempo, nella motivazione del provvedimento impugNOME -pur integrata con la lettura della motivazione del provvedimento del G.i.p. cui i giudici del riesame fanno rinvio- non si rinviene alcuna indicazione circa la sussistenza di elementi concreti e attuali segnalatori di un pericolo di dispersione o di depauperamento del patrimonio dell’indagato, assunto a garanzia del valore del profitto del reato.
Da ciò discende che il ricorrente ha fondatamente denunciato il vizio di omessa motivazione sul requisito del periculum in mora, tale da configurare una violazione di legge, dovendosi ribadire che «il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere
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l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice», (Così, da ultimo, Sez. 2 – , Sentenza n. 49739 del 10/10/2023, Mannolo, Rv. 285608 – 01).
L’ordinanza va conseguentemente impugnata con rinvio al Tribunale di Urbino competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen., per nuovo giudizio sul punto.
I residui motivi restano assorbiti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Urbino competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, cod. proc. pen..
Così deciso il 15/05/2024