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Periculum in mora: obbligo di motivazione nel sequestro

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza di sequestro preventivo per reati tributari, ribadendo un principio fondamentale: il ‘periculum in mora’, ovvero il rischio concreto di dispersione dei beni, non può essere presunto dalla sola gravità del reato. La sentenza chiarisce che il giudice deve fornire una motivazione specifica e attuale, basata su elementi concreti che dimostrino il pericolo di depauperamento del patrimonio dell’indagato, anche in caso di confisca obbligatoria. La mancanza di tale valutazione rende il provvedimento illegittimo.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Periculum in mora: la Cassazione ribadisce l’obbligo di motivazione concreta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22666 del 2024, ha riaffermato un principio cruciale in materia di misure cautelari reali: il sequestro preventivo finalizzato alla confisca richiede sempre una motivazione specifica sul periculum in mora. Questo requisito non può essere bypassato né dato per scontato, neanche di fronte a reati per cui la confisca è obbligatoria. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasce da un’indagine per reati tributari, in particolare per dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture per operazioni inesistenti. Il Giudice per le indagini preliminari (G.i.p.) aveva emesso un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, per una somma superiore a 200.000 euro.

Il provvedimento colpiva sia i beni di una società cooperativa sia, in via subordinata, il patrimonio personale di un indagato. Quest’ultimo, tramite il suo difensore, presentava istanza di riesame al Tribunale competente, che però rigettava la richiesta, confermando il sequestro. Contro questa decisione, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso: il ‘periculum in mora’ al centro della difesa

La difesa dell’indagato ha incentrato il ricorso su tre punti principali, tutti convergenti sulla critica alla motivazione dell’ordinanza impugnata:

1. Omessa motivazione sul periculum in mora: Il ricorrente lamentava che i giudici non avessero spiegato in modo concreto e attuale perché esistesse un reale pericolo di dispersione dei suoi beni.
2. Motivazione inadeguata: La decisione del Tribunale del riesame si era limitata a condividere le argomentazioni del G.i.p., senza considerare elementi decisivi portati dalla difesa, come l’assenza di precedenti penali dell’indagato e la notevole distanza temporale dei fatti contestati (risalenti ad almeno cinque o sei anni prima).
3. Violazione del principio di proporzionalità: Si contestava inoltre la sproporzione tra il valore totale dei beni sequestrati a tutti gli indagati e il profitto effettivamente confiscabile.

L’Analisi della Cassazione e l’importanza del ‘periculum in mora’

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso, concentrando la sua analisi sul requisito del periculum in mora. Richiamando l’autorevole precedente delle Sezioni Unite (sentenza “Ellade”, n. 36959/2021), la Corte ha ribadito che qualsiasi provvedimento di sequestro preventivo, anche quello finalizzato alla confisca obbligatoria, deve contenere una concisa ma effettiva motivazione sul “pericolo nel ritardo”.

Questo significa che non è sufficiente affermare la confiscabilità dei beni. Il giudice deve spiegare perché è necessario anticipare gli effetti della confisca rispetto alla sentenza definitiva. Deve dimostrare, sulla base di elementi concreti, il pericolo che, nelle more del giudizio, i beni possano essere “modificati, dispersi, deteriorati, utilizzati o alienati”.

La motivazione della decisione

La Corte ha censurato l’ordinanza del Tribunale del riesame perché era completamente silente su questi aspetti. La motivazione si basava esclusivamente sulla natura del reato e su condotte risalenti al 2016. Tali elementi, secondo la Cassazione, sono “ontologicamente inidonei a supportare un giudizio prognostico di pericolosità” attuale.

In altre parole, il fatto che un reato sia stato commesso anni prima non dimostra, di per sé, che oggi l’indagato stia per disperdere il proprio patrimonio per sottrarlo alla giustizia. Il giudice del riesame avrebbe dovuto cercare e indicare elementi concreti e attuali, come eventuali atti di disposizione patrimoniale sospetti, la composizione del patrimonio, la capacità reddituale o altri comportamenti dell’indagato, che potessero fondare un giudizio di reale pericolo di depauperamento.

Le conclusioni

La sentenza in esame è di fondamentale importanza perché rafforza le garanzie difensive nel procedimento cautelare. La Cassazione ha annullato l’ordinanza con rinvio, incaricando il Tribunale di Urbino di condurre un nuovo giudizio che tenga conto dei principi enunciati. La decisione chiarisce che il periculum in mora non è una clausola di stile, ma un presupposto sostanziale del sequestro, la cui sussistenza deve essere rigorosamente accertata e motivata in ogni singolo caso. Si esclude ogni forma di automatismo tra l’accusa di un reato e l’applicazione di una misura così invasiva come il sequestro, imponendo ai giudici un onere motivazionale specifico per giustificare la necessità di anticipare l’effetto ablatorio della confisca.

La sola accusa di un reato grave è sufficiente a giustificare un sequestro preventivo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, anche in presenza di reati che prevedono la confisca obbligatoria, il provvedimento di sequestro deve contenere una motivazione specifica sul ‘periculum in mora’, cioè sul pericolo concreto e attuale che i beni vengano dispersi.

Cosa si intende per ‘periculum in mora’ in un sequestro?
Si intende l’esistenza di elementi concreti e attuali che facciano ritenere sussistente il pericolo che, durante il tempo necessario al processo, i beni da confiscare vengano modificati, dispersi, deteriorati, utilizzati o venduti. Questo pericolo non può essere semplicemente presunto.

Fatti molto datati possono giustificare un pericolo attuale di dispersione dei beni?
No. La Corte ha stabilito che condotte risalenti nel tempo (nel caso specifico, a sei anni prima) sono di per sé inidonee a supportare un giudizio su una pericolosità attuale. La motivazione del sequestro deve basarsi su elementi recenti che segnalino un concreto rischio di depauperamento del patrimonio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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