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Pericolo di reiterazione: la Cassazione annulla misura

Con la sentenza n. 52114/2019, la Corte di Cassazione, Sez. 6 Penale, ha annullato con rinvio un’ordinanza di arresti domiciliari. La Corte ha ritenuto contraddittoria la motivazione sul pericolo di reiterazione criminosa. Sebbene vi fossero gravi indizi di partecipazione a un’associazione a delinquere, il rischio di recidiva non può basarsi su una generica ‘riorganizzazione’ dell’attività, ma deve fondarsi su elementi concreti e attuali, specie se i vertici del gruppo criminale sono stati arrestati.

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Pubblicato il 11 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Pericolo di Reiterazione Criminosa: Quando il Rischio è Solo Ipotetico?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 52114 del 2019, offre un’importante lezione sui limiti e le condizioni per applicare una misura cautelare, focalizzandosi sul requisito del pericolo di reiterazione criminosa. La decisione sottolinea che tale rischio non può essere presunto o basato su mere ipotesi, ma deve emergere da elementi concreti e attuali, specialmente quando il contesto criminale di riferimento è stato significativamente indebolito.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo indagato per partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, con aggravanti mafiose. La vicenda processuale è complessa: una prima richiesta di misura cautelare, presentata dalla Procura di Milano, viene respinta dal G.I.P. per carenza di gravi indizi. Successivamente, il fascicolo viene trasferito per competenza territoriale alla Procura di Catanzaro.

Quest’ultima presenta una nuova richiesta cautelare. Il G.I.P. di Catanzaro la rigetta di nuovo, ma per una ragione diversa: pur riconoscendo la sussistenza dei gravi indizi, ritiene assenti le esigenze cautelari. Il Pubblico Ministero appella questa decisione e il Tribunale del Riesame, in accoglimento dell’appello, applica all’indagato la misura degli arresti domiciliari.

È contro questa ultima ordinanza che l’indagato ricorre in Cassazione, sollevando tre questioni principali: la violazione del principio del ne bis in idem cautelare, l’insussistenza dei gravi indizi e, soprattutto, la carenza di un concreto pericolo di recidiva.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte esamina i tre motivi di ricorso, rigettando i primi due ma accogliendo il terzo.

Inesistenza del ‘Giudicato Cautelare’

La Corte chiarisce che non vi è stata alcuna violazione del ne bis in idem, poiché al momento della seconda richiesta cautelare a Catanzaro, la prima decisione di rigetto di Milano era ancora oggetto di appello (sub judice), quindi non era definitiva.

Sussistenza dei Gravi Indizi

Anche il motivo sulla carenza di indizi viene respinto. Per i giudici, aver messo a disposizione un proprio locale per lo stoccaggio di un enorme carico di droga (circa 430 kg di hashish), unitamente a rapporti costanti con il capo del sodalizio, sono elementi che denotano un inserimento stabile e non occasionale nell’associazione.

La valutazione del pericolo di reiterazione criminosa

È sul terzo punto che la sentenza diventa dirimente. Il ricorrente lamentava la contraddittorietà della motivazione del Tribunale, che da un lato riconosceva elementi a favore dell’indagato (incensuratezza, assenza di contatti diretti con i narcotrafficanti, arresto dei vertici dell’associazione) per giustificare una misura più lieve come gli arresti domiciliari, ma dall’altro ravvisava un pericolo di reiterazione basato su una generica ‘riorganizzazione dell’attività’ criminale. La Cassazione concorda con questa critica.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha rilevato una profonda contraddizione logica nel ragionamento del Tribunale del Riesame. Se la pericolosità sociale dell’indagato era legata essenzialmente ai suoi rapporti con i vertici del sodalizio, l’arresto di questi ultimi non può che incidere in modo significativo sulla concretezza e attualità del rischio di recidiva. L’associazione era stata, di fatto, ‘decapitata’.

I giudici di legittimità hanno quindi affermato che il pericolo di reiterazione criminosa, per giustificare una misura cautelare, deve essere ‘concreto’ e ‘attuale’.

Concreto significa che deve fondarsi su elementi reali e specifici, non su congetture o ipotesi astratte. Una ‘ipotizzata riorganizzazione dell’attività’ è una motivazione troppo vaga.
Attuale significa che deve esistere una probabilità ragionevole e imminente che si presenti un’occasione per delinquere. Tale probabilità è evidentemente ridotta se i principali contatti criminali del soggetto sono stati neutralizzati.

Il Tribunale avrebbe dovuto spiegare compiutamente perché, nonostante la detenzione dei capi, l’indagato avesse ancora la capacità e l’opportunità di commettere reati dello stesso tipo. In assenza di tale spiegazione, la motivazione risulta carente e l’ordinanza deve essere annullata su questo punto.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale dello stato di diritto: la libertà personale può essere limitata solo in presenza di esigenze cautelari rigorosamente accertate. Il pericolo di reiterazione criminosa non è una formula vuota, ma richiede un’indagine approfondita sulla personalità dell’indagato e, soprattutto, sulle concrete e attuali condizioni di vita e di contesto in cui opera. L’arresto dei complici, e in particolare dei leader di un gruppo criminale, è un fattore determinante che il giudice deve ponderare attentamente, non potendo basare una misura restrittiva su scenari futuri puramente ipotetici.

Domanda 1: Quando scatta il divieto di ‘bis in idem’ per una misura cautelare?
Risposta: Secondo la sentenza, il divieto non scatta se la prima decisione di rigetto non è ancora diventata definitiva perché è in corso un’impugnazione. Un ‘giudicato cautelare’, che impedisce una nuova richiesta, si forma solo su una decisione non più impugnabile nel merito.

Domanda 2: Fornire un locale per depositare della droga è sufficiente per configurare la partecipazione a un’associazione criminale?
Risposta: La Corte ha ritenuto che la messa a disposizione di un locale per stivare un ingente carico di droga, unita a contatti stabili e costanti con il vertice dell’associazione, costituisca un quadro di ‘gravità indiziaria’ sufficiente per ipotizzare un inserimento stabile nel sodalizio, e non un mero aiuto occasionale.

Domanda 3: L’arresto dei capi di un’associazione criminale influisce sulla valutazione del pericolo di reiterazione di un partecipe?
Risposta: Sì, in modo significativo. La Corte ha stabilito che se il pericolo di recidiva di un soggetto è legato principalmente ai suoi rapporti con i vertici del sodalizio, l’arresto di questi ultimi (‘decapitazione’ del gruppo) rende meno concreto e attuale tale pericolo. La motivazione della misura cautelare deve spiegare perché, nonostante ciò, il rischio persista in termini concreti e attuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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