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Pericolo di fuga: quando la motivazione è apparente?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari a un soggetto in attesa di estradizione. La Suprema Corte ha stabilito che la motivazione del provvedimento era meramente apparente, poiché il pericolo di fuga non può essere presunto dalla sola pendenza della procedura di consegna, ma deve essere valutato sulla base di elementi concreti e attuali, come la gravità dei reati, la pena da scontare e il radicamento della persona nel territorio nazionale.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di fuga in estradizione: non basta una motivazione generica

Quando una persona è soggetta a una procedura di estradizione, la valutazione del pericolo di fuga per giustificare la custodia in carcere richiede un’analisi rigorosa e specifica. Non è sufficiente, come chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 18983 del 2025, fare riferimento generico alla pendenza della procedura. Questa pronuncia ribadisce la centralità del principio di legalità e la necessità di una motivazione concreta per ogni provvedimento che limita la libertà personale.

I Fatti del Caso: Un Diniego di Sostituzione della Misura Cautelare

Il caso esaminato riguarda una persona in custodia cautelare in carcere in Italia, la cui consegna era stata disposta a favore dell’Austria per scontare una condanna a un anno di reclusione. Tale consegna era stata temporaneamente sospesa a causa di un altro procedimento penale a suo carico in Italia. La difesa aveva richiesto la sostituzione della misura carceraria con gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico.

La Corte di appello di Catanzaro aveva respinto l’istanza, sostenendo che le esigenze cautelari, in particolare il pericolo di fuga, permanessero immutate proprio in virtù della procedura di estradizione in corso. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso, lamentando la genericità del provvedimento e la mancanza dei presupposti di attualità e proporzionalità della misura.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’analisi del pericolo di fuga

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso alla Corte di appello per un nuovo esame. Il punto centrale della decisione è la qualificazione della motivazione del giudice di merito come “apparente”. Secondo la Cassazione, limitarsi a dire che il pericolo di fuga persiste a causa dell’estradizione, senza analizzare alcun elemento concreto, equivale a non fornire alcuna motivazione.

Il Collegio ha ribadito un principio consolidato: la valutazione del pericolo di fuga, anche nel contesto di una procedura di consegna internazionale, deve basarsi su un giudizio prognostico ancorato a indici specifici, concreti e attuali che dimostrino un effettivo e prevedibile rischio di allontanamento.

Le Motivazioni: Perché la Semplice Pendenza dell’Estradizione non Basta

La Corte di Cassazione ha spiegato in modo dettagliato le ragioni della sua decisione. Innanzitutto, ha chiarito che la pendenza di una procedura di estradizione è un elemento fattuale di per sé neutro. Può essere compatibile sia con la volontà di una persona di rimanere in Italia per difendersi, sia con quella di fuggire per sottrarsi alla giustizia.

Per questo motivo, il giudice deve andare oltre questa constatazione e analizzare elementi specifici, quali:

* La gravità dei delitti contestati dallo Stato richiedente.
* L’entità della pena da scontare.
* Il radicamento, più o meno stabile, della persona sul territorio italiano (presenza di famiglia, lavoro, domicilio).

L’ordinanza annullata non conteneva alcun riferimento a questi aspetti, limitandosi a una formula stereotipata che la Corte ha ritenuto inaccettabile. Inoltre, la Cassazione ha evidenziato d’ufficio altre due questioni che il giudice del rinvio dovrà esaminare: il rapporto tra la sospensione della consegna per esigenze di giustizia nazionale e lo status di custodia cautelare, e il rispetto dei termini massimi di durata della misura previsti dalla legge sulle procedure di consegna.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rappresenta un importante monito per i giudici della cautela. La limitazione della libertà personale, anche quando finalizzata a garantire la cooperazione giudiziaria internazionale, non può mai basarsi su presunzioni o formule generiche. Ogni provvedimento deve essere supportato da una motivazione reale, effettiva e individualizzata, che dia conto di un’analisi approfondita del caso concreto.

L’affermazione che il pericolo di fuga debba essere provato con elementi concreti e attuali rafforza le garanzie difensive e il principio di proporzionalità, assicurando che la misura più afflittiva, come la custodia in carcere, sia applicata solo quando strettamente necessario e sulla base di un’attenta ponderazione di tutti gli interessi in gioco.

La pendenza di una procedura di estradizione è sufficiente a giustificare la custodia in carcere per pericolo di fuga?
No, secondo la Corte di Cassazione la sola pendenza della procedura di consegna è un elemento di per sé neutro e non basta a dimostrare un concreto e attuale pericolo di fuga. È necessaria una valutazione basata su elementi specifici.

Quali criteri deve usare un giudice per valutare il pericolo di fuga in un caso di estradizione?
Il giudice deve fondare la sua valutazione su un giudizio prognostico basato su indici concreti e attuali, come la gravità dei delitti contestati, l’entità della pena da scontare e il grado di radicamento della persona nel territorio dello Stato (es. legami familiari, lavoro).

Cosa significa “motivazione apparente” in una decisione sulla custodia cautelare?
Significa che il ragionamento del giudice, pur essendo presente nel testo, è talmente generico, stereotipato o illogico da non spiegare le reali ragioni della decisione. Tale vizio equivale a un’assenza di motivazione e costituisce una violazione di legge che porta all’annullamento del provvedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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