Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5801 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5801 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TORINO il 08/11/1977 COGNOME NOME nato a MILETO il 29/10/1955 COGNOME nato a TORINO il 21/03/1974 COGNOME nato a VIBO VALENTIA il 10/01/1966
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI TORINO nel procedimento a carico di:
avverso l’ordinanza del 27/09/2024 del GIP TRIBUNALE di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette/scritte le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con la quale è stato chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino, con l’ordinanza in epigrafe, non ha convalidato, per quanto di interesse in questa sede, i fermi di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, gravemente indiziati di partecipazione ad associazione mafiosa (‘ndrangheta) operante in Piemonte e, comunque, di una serie di reati compresi tra quelli indicati nel primo comma dell’art. 384 cod. proc. pen. (come dà atto lo stesso Giudice).
Ha, invero, ritenuto insussistente il pericolo di fuga di Ceravolo, che assume essere stato prospettato con riferimento all’avvenuta esecuzione di un decreto di perquisizione e all’asserita disponibilità da parte dello stesso di notevole quantità di denaro contante e di stabili relazioni nell’ambito di circuiti criminali capaci di organizzare e sostenere latitanze.
E’, inoltre, addivenuto alle medesime conclusioni con specifico riferimento alla posizione di COGNOME, reputando non sufficientemente concreto il pericolo di fuga rappresentato nella richiesta di convalida, basato esclusivamente sull’avere il suddetto espresso, il 13 giugno 2024, l’intenzione di “andare in Spagna” una volta “finita la cosa”(ossia la detenzione domiciliare che sarebbe cessata il 15 luglio 2024), circostanza accompagnata da una successiva conversazione sui visti per il Brasile avvenuta il 10 luglio 2024 con COGNOME (anch’egli destinatario del fermo, il quale peraltro risulta essersi effettivamente recato in Brasile il 10 luglio 2024, salvo poi rientrare in Italia il successivo 21 luglio 2024). A detti elementi, secondo il G.i.p., non sarebbe seguito alcunché se non l’incontro del 2 settembre 2024 con un pluripregiudicato da cui avrebbero dovuto essere consegnati non meglio precisati “documenti”, da valutarsi elemento neutro, non essendone conosciuto il contenuto e il collegamento con la realizzazione di una fuga all’estero.
Avverso detto provvedimento propone ricorso per cassazione il Pubblico ministero (Direzione Distrettuale Antimafia) presso il Tribunale di
Torino, lamentando violazione dell’art. 391, comma 4, cod. proc. pen. in relazione all’art. 384, comma 3, stesso codice, e omessa motivazione.
Muovendo dalla posizione di NOME COGNOME il ricorrente rileva che lo stesso, persona al vertice del sodalizio mafioso ‘ndranghetista per cui si procede, che dirige dalla propria abitazione ove sconta la detenzione domiciliare, esprime, in una conversazione intercettata col sodale NOME COGNOME il proposito di andarsene in Spagna, appena espiata la pena e cioè dopo il 15 luglio 2024. Aggiunge che da altre conversazioni, sempre con COGNOME, emerge che i due discutono di come sia possibile emigrare in Brasile, e che COGNOME, che già v’è stato, riferisce al suo capo sulla durata dei periodi di permanenza e sulla necessità, per stabilirsi in quel paese, del visto (COGNOME si sarebbe, poi, attivato presso la Questura per rimuovere dal passaporto il divieto di espatrio). Lamenta che a tutto ciò è seguita una motivazione del G.i.p. del tutto illogica, a fronte di specifici elementi deponenti per l’organizzazione in atto di una fuga (la ricezione da parte di chi sta pianificando di andare all’estero di documenti provenienti da un pregiudicato in un contesto temporale ravvicinato).
Con riguardo alla posizione di NOME COGNOME, il ricorrente si duole che l’ordinanza di convalida non abbia valorizzato la necessità urgente di emettere un decreto di perquisizione per evitare che COGNOME rimuovesse le armi dal nascondiglio creato nella sua abitazione, dove poi sono state rinvenute, e il pericolo di fuga collegato all’inevitabile discovery conseguitane. Sottolinea il Procuratore ricorrente che COGNOME, che è stato uno degli organizzatori della latitanza di NOME COGNOME (come si evince dagli elementi addotti nel decreto del P.m.), dispone di relazioni e risorse tali da poter organizzare fughe e sottrazioni ai controlli dell’autorità, per altri come evidentemente per sé.
Con riguardo alla posizione di NOME COGNOME il ricorrente valorizza lo stretto contatto, al pari di COGNOME, con COGNOME, della cui preparazione di fuga sia COGNOME che COGNOME erano a conoscenza.
Insiste, quindi, per l’annullamento dell’ordinanza del G.i.p. di non convalida dei fermi, con le conseguenti statuizioni di legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato con riguardo alla mancata convalida del fermo di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
1.1. In sede di convalida di un provvedimento coercitivo, il giudice è tenuto unicamente a valutare la sussistenza degli elementi che hanno legittimato l’adozione della misura con una verifica ex ante, dovendosi tenere conto della situazione conosciuta alla polizia giudiziaria ovvero da quest’ultima conoscibile con l’ordinaria diligenza al momento dell’arresto o del fermo, con esclusione delle indagini o delle informazioni acquisite successivamente, che sono utilizzabili solo per l’ulteriore pronuncia sullo status libertatis (Sez. 6, n. 18196 del 13/04/2016, PM in proc. COGNOME, Rv. 266930).
Con specifico riguardo, poi, alla convalida del fermo di indiziato di delitto, la fondatezza del pericolo di fuga va verificata con valutazione ex ante, desumendo da elementi concreti la rilevante probabilità che l’indagato si potesse dare alla fuga (Sez. 2, n. 52009 del 04/10/2016, PM in proc. COGNOME, Rv. 268511). Inoltre, detto pericolo non può essere presunto sulla base del titolo di reato in ordine al quale si indaga, ma deve essere fondato su elementi specifici, ossia dotati di capacità di personalizzazione, desumibili da circostanze concrete (Sez. 2, n. 26605 del 14/02/2019; COGNOME, Rv. 276449 – 02).
1.2. Orbene, nel caso di specie, il Giudice per le indagini preliminari, con riguardo alle posizioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME non ha fatto buon governo dei principi sopra richiamati, atteso che dalla valutazione degli elementi probatori acquisiti e ripercorsi nel ricorso (in particolare le intercettazioni di conversazioni, soprattutto ambientali, intervenute tra giugno e settembre 2024) e delle condotte degli indiziati, analizzate ex ante, era ragionevole desumere la sussistenza di un concreto pericolo di fuga, reso evidente da una serie di circostanze, ripercorse in ricorso e di cui dà atto la stessa ordinanza impugnata che però non le ritiene significative, offrendone una non consentita lettura atomistica e parcellizzata. Quali appunto: – la pianificazione, con la complicità di COGNOME, di un allontanamento all’estero di COGNOME, dirigente del sodalizio mafioso ‘ndranghetista cui vengono ricondotti gli altri indagati, alla quale seguiva la ricezione di documenti provenienti da un pregiudicato; – la necessità improrogabile del decreto di perquisizione di cui si è detto, con inevitabile discovery delle indagini in corso; – la disponibilità di relazioni e risorse da parte di COGNOME, in grado di organizzare fughe e sottrazioni ai controlli dell’autorità per sé e per altri (come la latitanza di NOME COGNOME o la fuga del suo capo).
Diversamente, il ricorso non specifica quali sarebbero gli elementi fattuali che fonderebbero il pericolo di fuga di NOME COGNOME e NOME COGNOME limitandosi quanto al primo a fare leva sui rapporti di stretto contatto con NOMECOGNOME e sulla conoscenza della preparazione della fuga da parte di quest’ultimo, senza in alcun modo argomentarli e documentarli.
Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME in quanto in base alle circostanze fattuali emergenti dagli atti di indagine il loro fermo era legittimo.
Va, invece, rigettato il ricorso avverso l’ordinanza di non convalida del fermo di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata senza rinvio nei confronti di COGNOME NOME e di COGNOME NOMECOGNOME per essere il fermo stato legittimamente eseguito.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2025.