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Pericolo di fuga: legittima la custodia in carcere

Un uomo, richiesto dall’Albania per reati gravi, ha presentato ricorso contro la sua detenzione in carcere in attesa di estradizione, offrendo come garanzia i suoi legami familiari in Italia. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che il concreto pericolo di fuga sussiste. La decisione si basa sulla gravità dei reati, sulla pena elevata e sul fatto che l’uomo si era già recato all’estero per delinquere, dimostrando che i legami familiari non erano un deterrente sufficiente.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Fuga nell’Estradizione: Quando i Legami Familiari non Bastano

La valutazione del pericolo di fuga rappresenta un momento cruciale nelle procedure di estradizione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri con cui i giudici devono bilanciare il diritto alla libertà personale con la necessità di assicurare la cooperazione internazionale. Il caso analizzato offre spunti importanti su come elementi quali la gravità del reato e il comportamento passato della persona possano prevalere sulla presenza di legami familiari nel territorio italiano.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Estradizione

Un cittadino albanese, residente di fatto in Italia con una compagna e un figlio piccolo, veniva raggiunto da un mandato di arresto emesso dal Tribunale di Korca, in Albania, per i reati di sequestro di persona e coercizione a fornire falsa testimonianza. A seguito della richiesta di estradizione, la Corte di Appello di Milano disponeva la custodia cautelare in carcere.

La difesa presentava istanza per la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, sostenendo che il radicamento familiare e sociale in Italia fosse sufficiente a escludere il rischio di fuga. A supporto di tale tesi, venivano prodotti documenti relativi alla richiesta di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, alla stabilità della relazione con la compagna (titolare di un’attività commerciale) e a una promessa di assunzione.

La Decisione della Corte di Appello: La Sussistenza del Pericolo di Fuga

La Corte di Appello rigettava l’istanza, ritenendo concreto e attuale il pericolo di fuga. I giudici valorizzavano diversi elementi: la gravità dei fatti contestati, l’entità della pena prevista (fino a sette anni di reclusione) e, soprattutto, il comportamento dell’uomo. Egli, pur avendo un nucleo familiare in Italia, si era recato in Albania per commettere i reati per cui era ricercato, per poi fare ritorno in Italia. Questo, secondo la Corte, dimostrava che i legami familiari non costituivano un freno efficace alla sua condotta illecita e, di conseguenza, non potevano garantire la sua permanenza sul territorio in attesa della consegna.

Il Ricorso in Cassazione e il Pericolo di Fuga

L’uomo proponeva ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge. Sosteneva che la motivazione sul pericolo di fuga fosse solo apparente e non basata su circostanze concrete, ma su generiche presunzioni legate alla sua condizione di straniero e alla gravità dei reati. A suo avviso, gli elementi difensivi che provavano il suo stabile radicamento in Italia erano stati ingiustamente sottovalutati.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della decisione della Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno ricordato che, nelle procedure di estradizione, la valutazione del pericolo di fuga deve essere ancorata a elementi concreti, ma non richiede necessariamente la prova di un tentativo di fuga già in atto. È sufficiente un giudizio prognostico basato su una serie di indici che rendano l’allontanamento probabile.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto la motivazione dei giudici di merito logica e giuridicamente corretta. Il fatto che l’indagato si fosse recato nel suo Paese d’origine per commettere i reati, per poi rientrare in Italia dove viveva la sua famiglia, è stato considerato un indice cruciale. Questo comportamento ha reso irrilevanti gli altri elementi portati dalla difesa (la convivenza, la presenza di un figlio, la promessa di lavoro), poiché si era già dimostrato che tali legami non erano in grado di trattenerlo dal delinquere all’estero. La Corte ha inoltre sottolineato che la presenza dell’uomo in Italia appariva occasionale, come confermato anche dalla sua mancata conoscenza della lingua italiana, che aveva reso necessaria la nomina di un interprete.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: nella valutazione del pericolo di fuga ai fini dell’applicazione di una misura cautelare in un procedimento di estradizione, il giudice deve compiere un’analisi complessiva e concreta. La presenza di legami familiari o lavorativi non è di per sé una garanzia sufficiente, specialmente quando il comportamento passato della persona dimostra una propensione a spostarsi tra Paesi per compiere attività illecite. La decisione finale deve basarsi su un giudizio prognostico che, pur ancorato a fatti specifici, mira a prevedere un rischio futuro, garantendo così che gli obblighi internazionali di consegna vengano rispettati.

I legami familiari in Italia escludono automaticamente il pericolo di fuga in una procedura di estradizione?
No, la sentenza chiarisce che i legami familiari non sono decisivi. Se il comportamento passato della persona dimostra che tali legami non le hanno impedito di recarsi all’estero per commettere reati, il giudice può ritenerli insufficienti a scongiurare il rischio di fuga.

Per applicare la custodia in carcere per pericolo di fuga è necessario che la persona abbia già tentato di scappare?
No, non sono richieste condotte materiali che dimostrino l’inizio di una fuga. È sufficiente un giudizio prognostico basato su una serie di indici concreti (come la gravità del reato, la pena prevista e il comportamento passato) che rendano il pericolo di allontanamento effettivo e prevedibile.

In un ricorso per cassazione avverso un’ordinanza cautelare in materia di estradizione, si possono contestare le valutazioni di merito del giudice?
No, il ricorso per cassazione in questa specifica materia è limitato alla sola “violazione di legge”. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti o la logicità della motivazione, a meno che questa non risulti totalmente assente o meramente apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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