Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2064 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2064 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso presentato da NOMECOGNOME nato in Albania il 07/02/1977, avverso l’ordinanza del Tribunale della libertà di Brescia del 04/09/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. NOME
COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa il 04/09/2024, il Tribunale del riesame di Brescia rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza di rigetto della istanza di revoca della misura della custodia cautelare in carcere emessa del GUP del Tribunale di Brescia in data 09/08/2024.
Avverso l’ordinanza l’indagato propone, tramite il difensore di fiducia, ricorso per cassazione.
2.1. Con un primo motivo, deduce violazione di legge e di norma processuale in riferimento al ritenuto pericolo di fuga di cui all’art. 274 lettera b), cod. proc. pen..
Osserva che le condotte delittuose risultavano tutte commesse tra il 2011 e il 2012, periodo assai risalente, circostanza che incide sulla attualità dell’esigenza cautelare.
Aggiunge che il COGNOME è soggetto in condizioni di salute particolarmente scadute, che dovrà essere sottoposto a nefrectomia parziale e necessita di cure costanti, e che al coimputato COGNOME era stata revocata la misura, pur essendo stato ritenuto il promotore dell’associazione.
Il Tribunale del riesame rigettava tuttavia l’istanza ritenendo che, essendo stata dichiarata la latitanza, il tempo silente era da considerarsi neutrale e che fosse evidente il pericolo di fuga omettendo di considerare che la latitanza è stata dichiarata – oltre dieci anni dopo l’ordinanza genetica – proprio a seguito della istanza di revoca della misura da parte del Daci, circostanza che evidenzia l’intenzione di partecipare al processo.
2.2. Con una seconda censura lamenta che i giudici non hanno motivato in relazione alla dichiarazione di latitanza, ossia alla sua sufficienza al fine di ritenere presente il pericolo di fu pur in presenza di una evidente assenza di volontà di sottrarsi al procedimento, posto che la dichiarazione di latitanza è successiva alla sua istanza di revoca della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è parzialmente fondato.
2. Il primo motivo è infondato.
La giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo, ex multis, Sez. 2, n. 494/2024 del 13 dicembre 2023, 08/01/2024, Rigillo, n.m.) è costante nell’affermare il principio secondo il quale, ai fini della revoca o della sostituzione della misura cautelare, l’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della stessa, siccome qualificabile, in presenza di ulteriori elementi di valutazione, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari (Sez. 2, n. 47120 del 04/11/2021, Rv. 282590-01; Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020, Rv. 278999-01; Sez. 2, n. 46368 del 14/09/2016, Rv. 268567-01).
Non è pertinente, pertanto, il richiamo al cosiddetto “tempo silente”, il quale assume rilievo esclusivamente nella fase genetica della misura cautelare, momento in cui il giudice è tenuto a verificare, per la prima volta, se le esigenze cautelari siano attuali o meno.
2. Il secondo motivo è invece fondato.
Questa Corte ritiene che, in tema di misure cautelari personali, il pericolo di fuga di cui all’art. 274, lett. b), cod. proc. pen. ben può essere dedotto dal pregresso stato di latitanz dell’indagato, in quanto sintomatico di una disobbedienza alla legge e rivelatore di una tendenza ostruzionistica all’esecuzione di un provvedimento restrittivo della libertà personale (Sez. 1, n. 41334 del 14/07/2022, Duri, Rv. 283679 – 01).
Nel caso in esame, tuttavia, non può non evidenziarsi come il decreto di latitanza, cui il Tribunale del riesame a pagina 2 ricollega la volontaria sottrazione al procedimento, è assolutamente coevo al rigetto della richiesta di revoca della misura cautelare e non pregresso.
L’ordinanza impugnata non motiva affatto sulla rilevanza del tempo trascorso dalla dichiarazione di latitanza né, del resto, considera in alcun modo l’amplissimo arco temporale intercorso tra la data di emissione del titolo cautelare e la dichiarazione di latitanza.
L’ordinanza impugnata va quindi annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale del riesame di Brescia, che dovrà decidere in diversa composizione, stante il disposto dell’art. 34, comma 1, cod. proc. pen., applicabile, per la sua ratio anche alle ordinanze emesse nell’ambito di procedure cautelari (Sez. U, n. 38670 del 21/07/2016, COGNOME, par. 12, non massimata sul punto; Sez. 3, n. 32770 dell’11/07/2024, D.V., n.m.; Sez. 5, n. 30572 del 20/07/2021, Pagano, n.m.).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Brescia competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p..
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p.. Così deciso il 03/12/2024.