Pericolo di Fuga nell’Estradizione: La Cassazione Chiarisce i Requisiti
In un recente pronunciamento, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nelle procedure di cooperazione giudiziaria internazionale: la valutazione del pericolo di fuga estradizione. La sentenza chiarisce i criteri per l’applicazione di misure cautelari nei confronti di una persona richiesta da uno Stato estero, sottolineando la necessità di un’analisi basata su elementi concreti e non su mere presunzioni.
I Fatti del Caso: Una Richiesta di Estradizione dalla Bosnia
Il caso riguarda una cittadina bosniaca, condannata nel suo Paese d’origine a una pena di sei mesi di reclusione per il reato di false dichiarazioni. In seguito alla condanna, le autorità bosniache avevano attivato una procedura di estradizione. La donna, presente in Italia, veniva arrestata provvisoriamente il 16 febbraio 2024.
Tuttavia, il giorno successivo, la Corte di appello di Trieste decideva di non convalidare l’arresto, ordinandone l’immediata liberazione. La Corte territoriale motivava la sua decisione su due pilastri: l’assenza di un concreto pericolo di fuga e l’inapplicabilità della custodia cautelare per pene così lievi, richiamando erroneamente un limite previsto dal codice di procedura penale italiano per i procedimenti interni.
Il Ricorso del Procuratore e il pericolo di fuga estradizione
Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste ha impugnato l’ordinanza, presentando ricorso in Cassazione. Secondo il ricorrente, la Corte di appello aveva errato su entrambi i fronti.
In primo luogo, sosteneva che il pericolo di fuga fosse concreto, dato che la donna si era sottratta all’esecuzione della pena in Bosnia ed era entrata illegalmente in Italia. In secondo luogo, il Procuratore evidenziava una violazione di legge, affermando che i limiti di pena previsti dall’art. 275 c.p.p. per l’applicazione della custodia cautelare non sono validi nel contesto delle procedure di estradizione.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, pur riconoscendo la fondatezza di una delle obiezioni del Procuratore, ha rigettato il ricorso nel suo complesso, confermando la liberazione della donna. L’analisi della Corte si è concentrata su due aspetti fondamentali.
La Distinzione tra Norme Interne e Procedura Estradizionale
I giudici di legittimità hanno dato ragione al Procuratore su un punto tecnico: la Corte di appello aveva sbagliato a ritenere applicabile il limite di pena (inferiore a tre anni) previsto dalla normativa interna per la custodia cautelare. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: le disposizioni che limitano l’applicazione di misure cautelari sulla base della pena attesa sono concepite per il diritto interno e non si estendono automaticamente alle procedure di estradizione, che rispondono a logiche di cooperazione internazionale.
La Valutazione Concreta del Pericolo di Fuga
Nonostante questo errore di diritto della Corte di Appello, la Cassazione ha ritenuto infondato il motivo principale del ricorso, ovvero l’esistenza del pericolo di fuga estradizione. La sentenza sottolinea che la motivazione dell’ordinanza impugnata non era affatto illogica. La Corte di appello aveva infatti valorizzato una serie di elementi concreti che dimostravano un effettivo radicamento della donna sul territorio nazionale:
* Aveva presentato richiesta di asilo politico in Italia.
* Era nota agli uffici di polizia.
* Era regolare assegnataria di un alloggio.
* Si era presentata spontaneamente presso la Questura a seguito di un invito, senza mai tentare di sottrarsi al controllo.
Secondo la Cassazione, questi elementi sono sufficienti a dimostrare l’assenza di una reale e attuale intenzione di fuggire. Il pericolo di fuga, che giustifica una misura restrittiva della libertà personale, non può essere presunto solo perché pende una richiesta di estradizione, ma deve essere fondato su “elementi concreti, specifici e rivelatori di una vera propensione e di una reale possibilità d’allontanamento clandestino”.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa decisione rafforza un principio fondamentale dello Stato di diritto: le misure che limitano la libertà personale, anche nel contesto della cooperazione internazionale, devono essere ancorate a una valutazione fattuale rigorosa. Non è sufficiente che una persona sia richiesta da un altro Stato per presumere che tenterà la fuga. I giudici devono invece esaminare la situazione personale complessiva dell’interessato, valorizzando elementi come la stabilità abitativa, i legami sociali e la condotta collaborativa con le autorità. La sentenza, quindi, pone un argine contro automatismi potenzialmente lesivi dei diritti fondamentali, ribadendo che la valutazione del rischio deve essere sempre personalizzata e basata su prove concrete.
Come deve essere valutato il pericolo di fuga in una procedura di estradizione?
Deve essere motivatamente fondato su elementi concreti, specifici e rivelatori di una reale possibilità di allontanamento clandestino. Non può essere presunto solo per la pendenza della procedura, ma richiede una valutazione della situazione specifica della persona, come il suo radicamento sul territorio.
I limiti di pena previsti per la custodia cautelare nel diritto interno si applicano anche alle misure cautelari per estradizione?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il divieto di disporre la custodia cautelare in carcere se la pena da eseguire non sarà superiore a tre anni è una disposizione del diritto interno e non si applica alle misure cautelari adottate nell’ambito di una procedura di estradizione per l’estero.
Quali elementi possono escludere un concreto pericolo di fuga?
Elementi come la presentazione di una richiesta di asilo politico, l’essere conosciuti dalle forze dell’ordine, avere un alloggio stabile e presentarsi spontaneamente su invito delle autorità sono considerati dimostrativi di un effettivo radicamento sul territorio e dell’assenza di un concreto pericolo di fuga.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23632 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste avver l’ordinanza della Corte di appello di Trieste del 17/02/2024, nel procedimento nei confront NOME COGNOME, nata in Bosnia-Erzevogina il DATA_NASCITA (CODICE_FISCALE)
visti gli atti e l’ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore gen NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. Il AVV_NOTAIO delegato della Corte di appello di Trieste, con ordinanza emessa in data febbraio 2024 (motivazione contestuale), non ha convalidato l’arresto provvisorio a fi estradizionali di NOME COGNOME effettuato il precedente 16 febbraio, in relazione alla proc attivata in ordine alla sentenza del Tribunale di Velika Kladusa (Bosnia) del 26 ottobre 2022 c ha condannato la predetta alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di false dichiaraz (art. 384 del codice penale della Bosnia Erzegovina), ordinando per l’effetto l’immedia liberazione di NOME.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto, da un lato, che non ricorresse il c pericolo di fuga – presupposto richiesto dall’art. 716 cod. proc. pen. per la convalida dell’a provvisorio e l’applicazione di misure cautelari all’estradando – in ragione della richiesta d politico presentata in Italia e delle circostanze che la donna era conosciuta all’ufficio di era regolare assegnataria di un alloggio in Pontebba, si era presentata, a seguito di inv motivato, presso gli Uffici della Questura e non aveva cercato in alcun modo di scappare.
Inoltre, indicava l’ordinanza, la pena inflitta dall’Autorità giudiziaria straniera è inf limite che consente l’applicazione della misura della custodia cautelare ex art. 275 comma 2 cod. proc. pen. (in base al quale dette misure non possono essere applicate a fronte di prognosi di condanna a pena detentiva inferiore a tre anni, ove il condannato abbia un alloggio idoneo)
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste, deducendo due motivi. Con il primo, si eccepisce che vi è concreto perico di fuga della NOME, sottrattasi all’esecuzione della pena inflitta in Bosnia ed entrata illeg in Italia; con il secondo motivo, si denuncia la violazione di legge in quanto il limite sui di prognosi della pena non può applicarsi all’arresto estradizionale e alle conseguenti misu cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato.
Il ricorrente Procuratore generale ha ragione nell’eccepire l’erroneità del ragionamen della Corte di appello in ordine all’insussistenza dei presupposti di pena per potere applicar misura cautelare. Infatti, «in tema di estradizione per l’estero, non è applicabile alle cautelari ex art. 714 cod. proc. pen., il divieto previsto dall’art. 275, comma secondo bis, cod. proc. pen. di disporre la misura della custodia cautelare in carcere quando il giudice ritiene all’esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni, costitu quest’ultimo, disposizione riguardante il diritto interno» (così, Sez. 6, n. 24245 del 21/05/ Pg in proc. Bibileishvili, Rv. 264169 – 01).
Infondato è, invece, il primo motivo di ricorso. L’ordinanza impugnata motiva in modo non manifestamente illogico in ordine alla insussistenza di un concreto pericolo di fuga de COGNOME, indicando una serie di elementi dai quali deduce l’inesistenza di tale rischio. Sul pun è rilevato come «in tema di misure coercitive disposte nell’ambito di una procedur d’estradizione passiva, il pericolo di fuga, che giustifica l’applicazione del provvedi limitativo della libertà personale, può essere inteso come pericolo d’allontanament dell’estradando dal territorio dello Stato richiesto, con conseguente rischio d’inosserva dell’obbligo assunto a livello internazionale di assicurarne la consegna al Paese richiedent
Tuttavia, la sussistenza di tale pericolo deve essere motivatamente fondata su elementi concreti, specifici e rivelatori di una vera propensione e di una reale possibilità d’allontaname clandestino da parte dell’estradando» (Sez. 6, n. 28758 del 09/04/2008, Costan, Rv. 240322 01). Nella specie, l’ordinanza impugnata – con motivazione non manifestamente illogica e quindi non sindacabile in questa sede – ha specificamente indicato gli elementi ritenuti dimostrativi un effettivo radicamento della NOME sul territorio nazionale e dell’assenza di un concreto peri di fuga.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 17 aprile 2024
Il AVV_NOTAIO tensore
Il Presidente