Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26647 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26647 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Pakistan il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 21/03/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Palermo rigettava la istanza di COGNOME volta ad ottenere, ex art. 718 cod. proc. pen., la revoca o la sostituzione della misura cautelare in atto.
Il COGNOME si trovava in stato di custodia cautelare in carcere come da provvedimento del 2 febbraio 2024 in vista della sua estradizione richiesta dal Pakistan per procedere nei suoi confronti per il reato di furto.
Secondo la Corte territoriale, mentre alcune questioni poste dall’istante (il pericolo di discriminazione per motivi religiosi) erano estranee al controllo
libertate e riservate alla fase di delibazione della domanda estradizionale, rimaneva ancora sussistente il pericolo di fuga e l’inidoneità della richiesta misura domiciliare, in ragione delle modalità con cui l’estradando aveva affrontato clandestinamente il viaggio nel Mediterraneo.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge con riferimento all’inadeguatezza della misura domiciliare anche con il presidio di controllo ex art. 275-bis cod. proc. pen., sotto il profilo dell’esigenza cautelare del pericolo di fuga.
Va censurata la motivazione sul punto, in quanto la Corte di appello, anziché basarsi su elementi concreti, specifici e rivelatori di una vera propensione alla fuga e di una reale possibilità di allontanamento, si è basata su mere presunzioni ovvero su elementi eventuali ed ipotetici che il ricorrente si dia alla fuga anche disfacendosi del braccialetto elettronico con la complicità di nazionali.
Rispetto alla misura genetica, la situazione del ricorrente è mutata: è presente in Italia il fratello, vi è la disponibilità di due connazionali ad ospitarlo provvedere alle sue esigenze di vita.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è da rigettare in quanto infondato.
Come ha già osservato questa Corte (Sez. 6, n. 34525 del 31/05/2023, Rv. 285178, in motivazione), la valutazione delle esigenze cautelari in tema di misure coercitive disposte nell’ambito di una procedura passiva di consegna (sia essa di mandato di arresto europeo o di estradizione) di persone ricercate da uno Stato estero a fini di giustizia penale risponde a finalità diverse rispetto alla analoga valutazione richiesta per le misure emesse per ragioni di giustizia interna.
Come evidenzia l’art. 714 cod. proc. pen., l’applicazione di misure coercitive nei confronti della persona richiesta in estradizione deve tener conto in particolare dell’esigenza di garantire che la stessa non si sottragga alla eventuale consegna.
Inoltre, la presenza del ricercato sul territorio italiano costituisce i presupposto indefettibile di fatto della decisione sulla estradizione (cfr. Sez. 6, n. 8601 del 08/02/2022, Rv. 282912).
L’estradizione è infatti un istituto preordinato al solo scopo della consegna di una determinata persona allo Stato estero che ne abbia fatto richiesta, con la conseguenza che la ‘fisica disponibilità” da parte dello Stato richiesto costituisce un presupposto la cui mancanza rende privo il procedimento del suo oggetto tipico.
La traditio in vinculis della persona richiesta va inoltre assicurata attraverso una procedura, scandita da termini massimi ad hoc per le misure coercitive, proporzionali alla complessità del procedimento estradizionale, fatto di accertamenti e penetranti verifiche.
Tutte queste peculiarità del procedimento cautelare in questo settore rendono pertanto evidente come non siano ad esso automaticamente trasferibili i principi elaborati dalla giurisprudenza per i provvedimenti emessi per le esigenze di giustizia interna e giustificati dal pericolo di fuga.
Ne consegue che i requisiti di concretezza ed attualità del pericolo di fuga richiesti per l’applicazione delle misure coercitive di cui all’art. 714 cod. proc. pen., al pari dei criteri per la scelta della misura cautelare, devono essere valutati dal giudice della cautela avendo presente le esigenze e le caratteristiche proprie del procedimento di consegna.
Pertanto, può ribadirsi che i requisiti di concretezza ed attualità del pericolo di fuga per l’applicazione delle misure coercitive di cui all’art. 714 cod. proc. pen., devono essere scrutinati dal giudice della cautela avuto riguardo alle caratteristiche ed alle esigenze proprie del procedimento di consegna, finalizzato alla “traditi° in vinculis” della persona richiesta, formulando un giudizio prognostico sul rischio di sottrazione verificabile, ovvero ancorato ad obiettivi elementi concreti della vita del consegnando.
2.1. Esaminato il provvedimento impugnato in questa prospettiva, il Collegio ritiene che esso non meriti censura.
La motivazione non risulta infatti apparente e tale da configurare violazione di legge (unico vizio rilevante in questa sede, ai sensi dell’art. 719 cod. proc. pen.).
La Corte di appello ha infatti ritenuto che le nuove allegazioni del ricorrente non venissero ad attenuare il pericolo di fuga e a giustificare la sostituzione della misura cautelare, in considerazione delle specifiche modalità del suo arrivo in Italia, che dimostravano invero la capacità e la determinazione non ipotetiche dell’estradando di spostarsi clandestinamente da un continente all’altro, affrontando alti rischi di ogni genere e condizioni di viaggio molto disagevoli.
Queste modalità rendevano pertanto non meramente congetturale, come dedotto dalla difesa, la prognosi effettuata dalla Corte di appello della manc a
osservanza, da parte del sottoposto, delle prescrizioni a lui imposte, anche ricorrendo al presidio elettronico, in quanto fondata su elementi specifici, indicativi della sua scarsa capacità di autocontrollo.
Sulla base di quanto illustrato, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 30/
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