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Pericolo di fuga: cambio nome e rientro in Italia

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per rapina aggravata. L’indagato, dopo un’espulsione, aveva cambiato legalmente identità nel suo paese d’origine per poi rientrare in Italia. La Corte ha stabilito che tale comportamento, unito all’assenza di un domicilio fisso, costituisce un concreto e attuale pericolo di fuga, anche in assenza di un tentativo di scappare. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Fuga: quando il cambio di identità giustifica il carcere

La valutazione del pericolo di fuga rappresenta uno dei pilastri su cui si fonda l’applicazione delle misure cautelari. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su quali elementi possono configurare questo rischio, anche in assenza di un palese tentativo di darsi alla macchia. Il caso in esame riguarda un cittadino straniero che, dopo un provvedimento di espulsione, ha cambiato legalmente le proprie generalità nel paese d’origine per poi rientrare in Italia. Vediamo come la Suprema Corte ha interpretato questa condotta.

I Fatti del Caso

Un uomo veniva indagato per il reato di rapina pluriaggravata in concorso. Il Pubblico Ministero richiedeva per lui la misura della custodia cautelare in carcere, ma il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) respingeva la richiesta. In seguito all’appello del PM, il Tribunale del Riesame ribaltava la decisione e applicava la misura cautelare, ravvisando sia la gravità indiziaria sia la sussistenza delle esigenze cautelari, tra cui il pericolo di fuga e di recidiva.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione del Tribunale del Riesame su due fronti principali:
1. Errata valutazione del pericolo di fuga: Secondo il ricorrente, il cambio di nome e data di nascita era una procedura legale volta ad aggirare il provvedimento di espulsione, non a rendersi irreperibile. A riprova di ciò, l’uomo era stato identificato più volte in Italia con le nuove generalità e rintracciato facilmente il giorno dopo l’emissione dell’ordinanza. Di conseguenza, il rischio non sarebbe stato né concreto né attuale.
2. Insussistenza del pericolo di recidiva: La difesa sosteneva che il reato contestato era scaturito da una peculiare situazione familiare e culturale, elementi che, unitamente al tempo trascorso, avrebbero dovuto portare ad escludere il rischio di reiterazione del reato.

La Valutazione del Pericolo di Fuga da parte della Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, confermando in toto l’analisi del Tribunale del Riesame. Per i giudici, il pericolo di fuga era stato correttamente desunto da una serie di elementi oggettivi e incontestati:
* L’espulsione subita dall’indagato nel gennaio 2017.
* Il successivo cambio di generalità e data di nascita in Albania.
* Il rientro in Italia durante il periodo di interdizione.
* L’assenza di un domicilio o di una dimora stabile sul territorio nazionale.

Questi fattori, valutati nel loro complesso, sono stati considerati sintomatici di una “sostanziale irreperibilità” e di una “tendenza elusiva” rispetto ai provvedimenti dello Stato. La Corte ha sottolineato che tale condotta dimostra la volontà di sottrarsi alle conseguenze giudiziarie, fondando un giudizio prognostico di rilevante plausibilità sulla sua fuga.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Riguardo al pericolo di fuga, ha ribadito un principio consolidato: questo requisito, per essere concreto e attuale, non richiede necessariamente l’esistenza di condotte che rivelino l’inizio di un allontanamento. È sufficiente accertare, sulla base della situazione di vita del soggetto, dei precedenti e di altri elementi specifici, l’esistenza di un “effettivo e prevedibilmente prossimo pericolo di allontanamento” che necessiti di un intervento cautelare tempestivo.

Per quanto riguarda il pericolo di recidiva, la Corte ha giudicato il motivo di ricorso generico e aspecifico. La difesa, infatti, non si era confrontata criticamente con l’ampia motivazione dell’ordinanza impugnata, che aveva evidenziato la personalità “vendicativa e spregiudicata” dell’indagato, la gravità del fatto (commesso in pieno giorno per futili motivi) e la sua capacità criminale. L’argomentazione basata sul “contesto culturale” è stata ritenuta un assunto apodittico e non sufficiente a smontare gli specifici indici prognostici negativi.

Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui la valutazione del pericolo di fuga si basa su un apprezzamento complessivo di elementi fattuali che, anche se non costituiscono un tentativo di fuga in atto, rivelano una chiara propensione a sottrarsi alla giustizia. Il cambio legale di identità all’estero, finalizzato a eludere un provvedimento di espulsione, unito all’assenza di legami stabili con il territorio, è stato ritenuto un indice di tale propensione, sufficiente a giustificare la più grave misura cautelare.

Cambiare legalmente identità all’estero per rientrare in Italia dopo un’espulsione può configurare il pericolo di fuga?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, questa condotta, unitamente ad altri elementi come l’assenza di un domicilio stabile sul territorio nazionale, è un chiaro indicatore della volontà di sottrarsi ai provvedimenti statali e fonda un giudizio di rilevante plausibilità circa il pericolo di fuga.

Perché il pericolo di fuga sia ritenuto ‘attuale’, è necessario che l’indagato stia già tentando di scappare?
No. La Corte ha chiarito che il requisito dell’attualità non implica necessariamente l’esistenza di atti prodromici a una fuga imminente. È sufficiente accertare, tramite un giudizio prognostico basato su elementi concreti (situazione di vita, precedenti, frequentazioni), un effettivo e prossimo pericolo di allontanamento che richieda un intervento cautelare.

Invocare il ‘contesto culturale’ dell’indagato è una valida argomentazione per escludere il pericolo di recidiva?
No, non da solo. La Corte ha ritenuto tale argomento inammissibile perché generico e apodittico, se non accompagnato da un confronto critico con gli specifici indici prognostici negativi valorizzati dal giudice, come la personalità dell’indagato, la gravità del fatto e le modalità di commissione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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