Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34001 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34001 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ROMA
PA
nato a ROMA il I omissis
U.V.
NOME ‘nato a ROMA il I omissis I
nel procedimento a carico di questi ultimi avverso la sentenza del 29/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 5 aprile 2023, il Giudice per l’udienza preliminare
del Tribunale di Roma, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato RAGIONE_SOCIALE
e U.V. per il reato di lesioni personali gravissime (capo 1),
aggravato anche dall’avere commesso il fatto per futili motivi, e per il reato di porto di porto di armi (capo 2), aggravato dal nesso teleologico.
Secondo l’impostazione accusatoria, ritenuta fondata dal giudice di primo grado, gli imputati avrebbero aggredito NOME , colpendolo al capo, alla schiena e all’addome, con un bastone e con ripetuti calci e pugni, provocandogli delle lesioni che rendevano necessario l’intervento chirurgico d’urgenza, che comportava anche l’asportazione della milza.
Con sentenza emessa il 29 novembre 2023, la Corte di appello di Roma ha parzialmente riformato la pronuncia di primo grado, riqualificando il reato di cui al capo 1 in lesioni personali gravi, escludendo l’aggravante dell’avere commesso il fatto per futili motivi e rideterminando il trattamento sanzionatorio. In particolare, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che l’asportazione della milza dovesse essere qualificata non come lesione gravissima, ma come lesione grave, atteso che essa produceva solo l’indebolimento permanente di un organo e non la perdita dell’uso di un organo.
Avverso la sentenza della Corte di appello, hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati e il Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma.
I ricorsi degli imputati, redatti con un unico atto dall’avv. NOME COGNOME si compongono di due motivi.
3.1. Con un primo motivo, deducono il vizio di motivazione.
Contestano il giudizio di bilanciamento delle circostanze, effettuato dai giudici di merito in termini di prevalenza delle aggravanti sulle circostanze attenuanti generiche, sostenendo che la Corte di appello avrebbe omesso di fornire adeguata motivazione in ordine al terzo motivo di gravame, con il quale la difesa aveva chiesto di riformare sul punto la sentenza di primo grado, valorizzando il comportamento degli imputati successivo alla commissione dei reati e, in particolare, l’offerta di risarcimento dei danni.
3.2. Con un secondo motivo, deducono i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 4 legge n. 110 del 1975.
I ricorrenti si dolgono dell’affermazione di responsabilità per il reato di cui al capo 2, sostenendo che gli imputati avrebbero raccolto i bastoni utilizzati per percuotere la vittima a breve distanza dal luogo dove si era verificata l’aggressione. In base alla giurisprudenza di legittimità, infatti, il reato di porto armi andrebbe escluso, nel caso di occasionale rinvenimento dello strumento atto ad offendere sul luogo dell’avvenuta aggressione.
Il ricorso del Procuratore generale si compone di un unico motivo, con il quale deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 583 cod. pen.
Contesta la qualificazione della perdita della milza come lesione grave per indebolimento permanente di un organo, operata dalla Corte di appello, che ha ritenuto fondate le osservazioni del consulente tecnico di parte, il quale aveva evidenziato che: «la perdita della milza è sempre vicariabile dal resto dell’organismo»; «per questo motivo la milza non è considerata un organo dalla medicina legale, che per organo intende un insieme di strutture anatomiche che svolgono nell’insieme una funzione»; la perdita della milza comporta un indebolimento di funzioni, ma non la perdita di esse.
Il ricorrente sostiene che tale tesi si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, che avrebbe costantemente affermato che la totale perdita della milza costituisce non un indebolimento del sistema reticoloendoteliale, ma la perdita di un organo, che integra l’ipotesi di lesioni gravissime previste dall’art. 583, comma 2, n. 3, cod. pen.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi degli imputati devono essere rigettati, mentre, invece, deve essere accolto il ricorso del Procuratore generale.
I ricorsi degli imputati devono essere rigettati.
2.1. Il primo motivo dei ricorsi è inammissibile.
Va ricordato, invero, che «le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto» (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Ebbene, nel caso in esame, la Corte di appello, sul punto in questione, ha reso una motivazione adeguata e coerente (cfr. pagine 15 e 16 della sentenza impugnata), che, per i restanti profili, non può essere ulteriormente sindacata in sede di legittimità.
2.2. Il secondo motivo dei ricorsi è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «in tema di reati concernenti le armi, non sussiste il porto abusivo di strumento atto ad offendere nel caso in cui l’agente abbia reperito l’oggetto sulla pubblica via e lo abbia utilizzato, senza soluzione di continuità, per l’offesa alla persona, restando tale condotta assorbita nella circostanza aggravante prevista per l’uso dello strumento medesimo» (Sez. 5, n. 47773 del 24/10/2022, COGNOME, Rv. 283955; Sez. 4, n. 8222 del 27/08/1996, COGNOME, Rv. 205926).
Il caso di specie, tuttavia, non si attaglia a questo principio, atteso che: come si evince dalla sentenza, gli imputati erano accorsi sul posto in soccorso della vittima, ma, quando erano giunti sul luogo, l’imputato era «andato via»; in quel momento, si erano armati di bastoni trovati a terra e, poi, “lo avevano raggiunto” nei pressi di un bar.
La dinamica così descritta consente di individuare una “soluzione di continuità” tra il momento in cui i due imputati si sono armati e il momento dell’aggressione.
Questa separazione spazio-temporale consente, nel rispetto dei principi enunciati in materia dalla Suprema Corte, di affermare che, nel caso di specie, la fattispecie contestata sia stata integrata in tutti i suoi elementi oggettivi.
Il ricorso del Procuratore generale deve essere accolto.
3.1. L’unico motivo di ricorso è fondato.
La Corte di appello, recependo le considerazioni del consulente tecnico di parte, ha ritenuto che l’asportazione della milza non debba essere inquadrata come perdita di un organo, ma come indebolimento permanente di un organo, atteso che la milza non esplica funzioni che in sua assenza verrebbero integralmente perdute o rese enormemente esigue. La milza, infatti, sebbene svolga un importante ruolo nel sistema emopoietico-immunitario e reticoloendoteliale, tuttavia, non è l’unica struttura anatomica a svolgere dette funzioni.
Tale tesi si pone in palese contrasto con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale «la totale perdita della milza integra l’ipotesi di lesione gravissima prevista dall’art. 583, secondo comma, n. 3, cod. pen., atteso che le numerose funzioni da essa assolte non possono ritenersi supplite, nella loro entità globale, da singole attività svolte separatamente da organi diversi» (Sez. 5, n. 47099 del 05/07/2013, COGNOME, Rv. 257583; Sez. 5, n. 10644 del 04/07/1991, COGNOME, Rv. 188305; Sez. 5, n. 42584 del 22/06/2015, Pagano, n.m.). Le funzioni della milza, infatti, sebbene tutte compensabili, tuttavia, non possono ritenersi propriamente vicariate, nella loro entità globale, da singole attività svolte separatamente da diversi organi.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
4. Al rigetto dei ricorsi presentati dagli imputati, consegue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la loro condanna al pagamento delle spese processuali.
La natura dei rapporti oggetto della vicenda impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso del Procuratore generale, annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di
Roma. Rigetta il ricorso delle parti private, che condanna al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d. Igs. 196/03, in quanto imposto dall
legge.
Così deciso, il 7 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente