Pene Sostitutive: Il Momento Giusto per la Richiesta è Cruciale
L’introduzione delle pene sostitutive con la Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) ha aperto nuove prospettive per evitare il carcere in caso di condanne a pene detentive brevi. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 34602/2024) ribadisce un principio fondamentale: la richiesta deve essere presentata nel momento processuale corretto. Agire tardivamente, in fase di esecuzione, può precludere questa importante opportunità. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Un’Opportunità Mancata
Un imputato, condannato in primo grado nel gennaio 2022, vedeva confermata la sua pena dalla Corte d’Appello nel maggio 2023. La sentenza diventava definitiva nel marzo 2024. Nel frattempo, il 30 dicembre 2022, era entrata in vigore la Riforma Cartabia, che introduceva la possibilità di richiedere le pene sostitutive.
Poiché al momento dell’entrata in vigore della riforma il suo processo era pendente in grado d’appello, l’imputato, una volta divenuta definitiva la condanna, si rivolgeva al Giudice dell’esecuzione per chiedere la sostituzione della pena detentiva. Lamentava, inoltre, che la Corte d’Appello non lo avesse informato di questa possibilità, come previsto dall’art. 545-bis del codice di procedura penale. Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava la richiesta inammissibile.
La Decisione della Corte sulle Pene Sostitutive
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale, dichiarando il ricorso dell’imputato manifestamente infondato e quindi inammissibile. La Suprema Corte ha stabilito che la sede naturale per la richiesta delle pene sostitutive era il giudizio d’appello, non la successiva fase esecutiva. Qualsiasi presunta violazione procedurale, come l’omesso avviso da parte del giudice d’appello, doveva essere sollevata come specifico motivo nel ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna, e non in un momento successivo.
Le Motivazioni: Perché la Richiesta è Tardiva?
La decisione della Corte si fonda su tre pilastri logico-giuridici chiari e stringenti:
1. La Competenza del Giudice d’Appello
Il principio cardine è quello del tempus regit actum. Al momento dell’entrata in vigore della riforma, il processo si trovava in appello. Di conseguenza, era il giudice d’appello l’organo competente a decidere sull’eventuale applicazione delle pene sostitutive. La competenza del giudice dell’esecuzione, secondo la disciplina transitoria (art. 95, d.lgs. n. 150/2022), è limitata ai soli casi in cui il processo era pendente in Cassazione alla data di entrata in vigore della riforma, circostanza non verificatasi nel caso di specie.
2. L’Onere della Richiesta e il Ruolo dell’Avviso
La giurisprudenza ha consolidato il principio secondo cui la sostituzione della pena deve essere espressamente richiesta dall’imputato. L’eventuale omissione dell’avviso informativo da parte del giudice, previsto dall’art. 545-bis c.p.p., costituisce un vizio della sentenza. Tuttavia, questo vizio non può essere fatto valere in qualsiasi momento.
3. Il Momento Corretto per Eccepire il Vizio
Qui risiede il punto cruciale della decisione. L’omissione dell’avviso da parte della Corte d’Appello doveva essere contestata attraverso l’impugnazione ordinaria, ovvero con uno specifico motivo nel ricorso per cassazione contro la sentenza di merito. Non avendolo fatto, l’imputato ha perso la possibilità di far valere tale vizio. Presentare la questione per la prima volta davanti al giudice dell’esecuzione è un’azione tardiva e proceduralmente scorretta. Il sistema processuale prevede scadenze e modalità precise per sollevare le eccezioni, e il loro mancato rispetto comporta la decadenza dal diritto di farle valere.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza della Cassazione offre una lezione fondamentale sulla strategia processuale: la tempestività è tutto. Le implicazioni pratiche sono significative:
1. Proattività della Difesa: Gli avvocati e i loro assistiti devono essere estremamente proattivi nel richiedere le pene sostitutive non appena se ne presenta la possibilità, ovvero durante il giudizio di merito (primo grado o appello).
2. Impugnazione dei Vizi: Qualsiasi errore procedurale, come la mancata informazione sulla possibilità di chiedere pene alternative, deve essere immediatamente eccepito nel primo mezzo di impugnazione disponibile. Attendere la fase esecutiva significa, nella maggior parte dei casi, precludersi definitivamente tale possibilità.
3. Ruolo Residuale del Giudice dell’Esecuzione: La competenza del giudice dell’esecuzione in materia di pene sostitutive è eccezionale e limitata a specifiche ipotesi transitorie. La regola generale è che la decisione sulla pena, incluse le sue forme sostitutive, appartiene alla fase di cognizione del processo.
Quando si possono chiedere le pene sostitutive se il processo era in appello quando è entrata in vigore la Riforma Cartabia?
La richiesta doveva essere presentata direttamente al giudice d’appello, in quanto era l’organo competente in quel momento processuale per decidere sulla natura della pena.
Cosa succede se il giudice d’appello non informa l’imputato della possibilità di chiedere le pene sostitutive?
Questa omissione costituisce un vizio della sentenza. Tuttavia, per farlo valere, l’imputato deve contestarlo specificamente nel ricorso per cassazione contro la sentenza d’appello. Se non lo fa, perde il diritto di sollevare la questione in un secondo momento.
Il giudice dell’esecuzione può applicare le pene sostitutive se la richiesta non è stata fatta durante il processo di merito?
No, di regola non può. La sua competenza è residuale e, secondo la disciplina transitoria della Riforma Cartabia, era prevista solo per i procedimenti che, alla data di entrata in vigore della legge, erano già pendenti davanti alla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34602 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34602 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GARBAGNATE MILANESE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/04/2024 del TRIBUNALE di PORDENONE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso proposto da NOME COGNOME e l’ordinanza impugnata.
Rilevato che COGNOME, per mezzo del suo difensore NOME COGNOME, ha proposto ricorso contro l’ordinanza indicata nel preambolo con cui il Tribunale di Pordenone, investito quale giudice dell’esecuzione in ordine alla legittimità del provvedimento di esecuzione pene concorrenti ed ordine di carcerazione del 26 marzo 2024, ha dichiarato inammissibile la richiesta di sostituzione, ai sensi dell’art. 545-bis cod. proc. pen., della pena detentiva irrogatagli con sentenza emessa dal Tribunale di Pordenone in data 28 gennaio 2022, confermata dalla Corte di appello di Trieste in data 16 maggio 2023 e divenuta irrevocabile in data 1 marzo 2024, in quanto il relativo procedimento, al momento della entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022, era pendente in fase di appello e non di cassazione/che l’istante non risulta avere avanzato in quella fase processuale la richiesta di sostituzione della pena, che non risulta avere lamentato, nel ricorso in cassazione, l’omessa interlocuzione in merito alla sostituibilità della pena, e che non sussistono i presupposti per una restituzione nel termine;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge da parte dell’ordinanza impugnata, laddove ha affermato la sussistenza di un onere dell’imputato di chiedere al giudice di appello l’applicazione di una pena sostitutiva, non ha attribuito rilevanza al vizio consistente nel mancato rispetto, da parte del giudice di appello, dell’obbligo di informare l’imputato di tale possibilità, stabi dall’art. 545-bis cod. proc. pen., e ha sostenuto che l’omissione di quest’ultima formalità doveva essere eccepita nel ricorso per cassazione, non avendo quest’ultima alcun potere di applicare le sanzioni sostitutive;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato in tutti i suoi motivi, i quanto: – non vi è dubbio che, al momento dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2022, il 30 dicembre 2022, il procedimento a carico del ricorrente era pendente in grado di appello e non di cassazione, con la conseguenza che non è applicabile l’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, che attribuisce al giudice dell’esecuzione la competenza per l’applicazione delle sanzioni sostitutive solo nel caso di pendenza del procedimento in cassazione (vedi Sez. 3, n. 51557 del 14/11/2023, Rv. 285628); – la sostituzione della pena doveva essere disposta con la procedura stabilita dall’art. 545-bis cod. proc. pen., e doveva essere richiesta espressamente dall’interessato, secondo il principio dettato dalla giurisprudenza di legittimi (vedi Sez.4, n. 4934 del 23/01/2024, Rv. 285751), mentre l’omessa formulazione
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del relativo avviso subito dopo la lettura del dispositivo, da parte del giudice, non è causa di nullità della sentenza (vedi Sez. 1, n. 2090 del 12/12/2023, dep. 2014, Rv. 285710);
rilevato che l’asserito vizio della sentenza, per non avere il giudice di appello formulato l’avviso previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen., doveva essere dedotto con il ricorso in cassazione in sede di cognizione;
Rtenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in Roma 1 luglio 2024.