Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13085 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13085 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato in Tunisia il DATA_NASCITA
avverso la sentenza dell’8/5/2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’8/5/2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna applicava (tra gli altri) a COGNOME, ai sensi dell’art. 4 cod. proc. pen. ed in ordine al reato ascrittogli, la pena di 6 mesi di reclusione 400,00 euro di multa in aumento su quella irrogata con sentenza dello stesso Ufficio del 19/11/2021, così giungendo alla pena complessiva di 3 anni, 5 mesi di reclusione e 12.600,00 euro di multa.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME, lamentando la mancata applicazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen., del quale ricorrerebbero i presupposti in ragione dell’entità della pena. E’ poi eccepita l’illegittimit costituzionale degli artt. 444, 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (per violazione degli artt. 3, 13, 24, 27, comma 3, Cost.), nella parte in cui non prevedono che in caso di rinuncia al ricorso per cassazione – il giudice dell’esecuzione riduca ulteriormente la pena di un sesto, come previsto dall’art. 442, comma 2-bis cod. proc. pen. in tema di giudizio abbreviato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Con il primo motivo si lamenta la mancata applicazione, ex officio, dell’art. 545-bis cod. proc. pen., in forza del quale quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono l condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti.
4.1. Questa censura, tuttavia, appare del tutto generica, non specificando se ricorressero le condizioni per la sostituzione della pena detentiva, o se fossero in qualche modo ricavabili dal fascicolo processuale.
4.2. A ciò si aggiunga, peraltro, che questa Corte ha già affermato – con indirizzo da ribadire – che la disposizione in oggetto non si applica al procedimento che conduce alla definizione del giudizio con pena patteggiata, trattandosi di norma dettata, per ragioni di carattere testuale e sistematico, esclusivamente per il giudizio ordinario (Sez. 4, n. 32357 del 9/5/2023, D’Ambrosio, Rv. 284925). In particolare, sotto il profilo processuale è stato osservato come la collocazione della disposizione di cui all’art.545-bis cod. proc. pen. all’interno del libro VII, dedica al giudizio ordinario e al capo III relativo agli atti successivi alla deliberazio costituisce una prima ragione – di carattere AVV_NOTAIO, normativo e sistematico per la quale l’avviso cui è tenuto il giudice, dopo la lettura del dispositivo, ai sens della norma in oggetto, attenga esclusivamente al giudizio ordinario, come peraltro confermato dai riferimenti testuali contenuti nella disposizione, alla “lettura del dispositivo” e “sentito il pubblico ministero”, attività c presuppongono la presenza obbligatoria di alcune parti processuali, laddove alla udienza fissata per i provvedimenti di cui all’art. 448 cod. proc. pen. la presenza delle parti è soltanto eventuale (art. 447 comma 2 cod. proc. pen.).
4.3. La tesi secondo cui la disposizione di cui all’art.545-bis cod. proc. pen. non sia applicabile al procedimento di applicazione della pena su accordo delle
parti risulta confermata, poi, da altre disposizioni normative, la cui interpretazione coordinata consente di affermare che il procedimento che conduce alla definizione del giudizio con pena patteggiata, regolato da scansioni in cui il contraddittorio è ancora embrionale, è assistito da autonome garanzie di informazione e di promozione della scelta della pene sostitutive, coerenti con la fluidità della fase processuale e con la natura deflattiva dell’istituto. Invero la scelta e l determinazione della pena concordata, e quindi della corrispondente sanzione sostitutiva, sono rimesse, pur sottoposte ai limiti ed ai controlli previsti dalla legg alla disponibilità delle parti, che la esercitano nelle forme indicate dagli art. 446 447 cod. proc. pen. secondo uno schema che precede, di regola, l’udienza deputata alla decisione sulla richiesta congiunta o cui accede il consenso del pubblico ministero. In particolare, l’art. 447, comma 1, secondo periodo, cod. proc. pen. stabilisce che “nel decreto di fissazione della udienza la persona sottoposta alle indagini è informata che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa” e contiene un implicito riferimento alla facoltà per l’indagato di accedere agli strumenti potenziati delle pene sostitutive. Inoltre, l’art. 448, comma 1-bis, cod. proc. pen., anch’esso introdotto dal d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, prevede espressamente che l’accordo possa riguardare l’applicazione di una pena sostitutiva di cui all’art. 53 della legge 689/81 e, nel caso in cui le parti si accordi su una misura sostitutiva, il giudice è tenuto ad esercitare i poteri officiosi previst dall’art. 545-bis, comma 2, cod. proc. pen. al fine “di potere decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative”; peraltro nessun richiamo risulta operato dalla suddetta disposizione, espressamente riservata al procedimento di applicazione della pena su richiesta, agli obblighi informativi di cui all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., manifestando a maggiore ragione l’autonomia del procedimento che conduce all’applicazione della pena su richiesta delle parti rispetto al giudizio ordinario ove la pena, in caso di condanna, è determinata dal giudice sulla base di una valutazione discrezionale fondata sui criteri di cui all’art.133 cod. pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.4. Il primo motivo di ricorso, pertanto, è inammissibile per manifesta infondatezza.
Negli stessi termini, di seguito, il Collegio conclude quanto alla seconda censura, che eccepisce l’illegittimità costituzionale degli artt. 444, 448, comma 2bis, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevedono che, in caso di rinuncia al ricorso per cassazione, il giudice dell’esecuzione riduca la pena di un sesto, analogamente a quanto previsto dall’art. 442, comma 2-bis, stesso codice, in tema di giudizio abbreviato. La questione, infatti, risulta priva di rilevanza, in quanto COGNOME ha proposto il ricorso per cassazione e non vi ha poi rinunciato.
5.1. Nel merito, peraltro, il ricorso lamenta, quanto all’applicazione della pena su richiesta, la mancata previsione di una norma prevista dal legislatore – quanto al giudizio abbreviato – per un’ipotesi diversa da quella sostenuta nel motivo; mentre, infatti, quest’ultimo invoca – previa pronuncia di illegittimità costituzional – l’applicazione dell’art. 442, comma 2-bis citato per il caso di rinuncia al ricorso, la disposizione concerne il diverso caso in cui l’impugnazione non sia stata proposta affatto.
5.2. Sotto altro e più significativo profilo, poi, il Collegio rileva la sostanzi diversità dei due procedimenti speciali, l’uno – il giudizio abbreviato – a prova contratta, ossia con giudizio allo stato degli atti (salve integrazioni probatori sollecitate dall’imputato o disposte d’ufficio), l’altro – l’applicazione della pena richiesta – fondato su un accordo sanzionatorio che le parti sottopongono al giudice, il quale, per ratificarlo, dovrà verificare la corretta qualificazione giuri del fatto, l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate, le determinazioni in merito alla confisca e la congruità della pena. Ebbene, in presenza di una così radicale distinzione di struttura, risulta del tutto ragionevole che la riduzione ulteriore di un sesto della pena, per il caso di mancata impugnazione, sia prevista soltanto per il giudizio abbreviato; un’esigenza deflattiva come quella posta fondamento dell’art. 442, comma 2-bis in oggetto, infatti, può essere individuata soltanto con riguardo a questo procedimento speciale, le cui sentenze possono essere ordinariamente appellate – dunque con pieno giudizio di merito – nei limiti della norma seguente, laddove le pronunce emesse ai sensi dell’art. 448 cod. proc. pen. sono suscettibili soltanto di ricorso per cassazione, e soltanto nei limiti di cui al comma 2-bis della medesima norma.
5.3. Oltre al citato profilo della non rilevanza, dunque, l’eccezione di incostituzionalità proposta presenta anche il carattere della manifesta infondatezza: non è dato riscontrare, infatti, alcuna violazione dei precetti costituzionali richiamati (peraltro genericamente) nel ricorso, e l’applicazione della previsione in esame al solo giudizio abbreviato risulta pienamente giustificata, così da non determinare alcuna contrazione del principio di uguaglianza o violazione del diritto di difesa.
6. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2024
Il GLYPH nsigliere estensore
Il Presidnte