Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 39262 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 39262 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/05/2024 del TRIBUNALE di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, con provvedimento del 20 maggio 2024, ha rigettato l’istanza con cui NOME aveva chiesto, ai sensi dell’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022, la sostituzione della pena di mesi 10 di reclusione inflittagli con sentenza del 14 maggio 2021 con quella dei lavori di pubblica utilità.
Ricorre il condannato, per il tramite del difensore di fiducia, articolando due motivi.
2.1. Con il primo deduce violazione dell’art. 123, comma 3, cod. proc. pen. per mancanza assoluta di motivazione.
Evidenzia che i Tribunale si è limitato ad aggiungere al parere del Pubblico ministero l’espressione “il Giudice decide in conformità con il P.M.” senza rendere
comprensibile l’iter logico seguito per pervenire alla decisione neanche “per relationem”, stante il contenuto dell’atto richiamato e l’assenza di indicazioni da cui desumere che il giudice abbia preso cognizione e criticamente valutato gli argomenti sviluppati in quest’ultimo provvedimento.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione della disposizione processuale di cui all’art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022
Lamenta che l’ordinanza impugnata, attraverso il richiamo, sia pure privo di autonoma valutazione, al parere del pubblico ministero, ha aderito alla tesi secondo cui il termine per la presentazione dell’istanza di sostituzione della pena indicato dalla norma transitoria de qua sia perentorio, pur in assenza di una specifica previsione come imposto dall’art. 173 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i motivi di ricorso sono infondati.
Il difetto di motivazione denunziato nel primo motivo non sussiste.
Il Tribunale richiamando integralmente l’articolato parere espresso dal pubblico ministero e quindi facendo proprie interamente le sue argomentazioni ha, in modo chiaro ed inequivoco, espletato l'”iter” cognitivo e valutativo seguito per giustificare l’adozione del provvedimento, consentendo, pertanto, all’imputato di comprendere appieno le ragioni della decisione anche ai fini della successiva eventuale impugnazione.
E’ corretta l’interpretazione seguita dal Tribunale, conformandosi al parere del pubblico ministero, oggetto della censura sviluppata nel secondo motivo.
L’art. 95 del d.lgs. n. 150/2022, nel dettare la disciplina transitoria in materi di pene sostitutive delle pene detentive brevi resa necessaria dall’attribuzione del relativo potere di applicazione anche al giudice della cognizione con le specifiche modalità introdotte dall’art. 545 bis cod. proc. pen, ha stabilito che le norme previste dalla L. n. 689 del 1981, se più favorevoli, si applicano direttamente anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore dell’atto normativo. Quanto ai procedimenti pendenti innanzi la Corte di cassazione all’entrata in vigore del decreto legislativo, ha previsto che il condannato a pena detentiva inferiore a quattro anni possa presentare l’istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui all’art. 53 della L. n. 689 d 1981 al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen. entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza.
Tale termine deve considerarsi perentorio sicché la sua decadenza preclude al condannato di chiedere il beneficio, con conseguente inammissibilità della richiesta presentata non tempestivamente.
Come già chairito da Sez. 1, 16.2.2024, n. 21599 del 2024, non massimata, depongono in tal senso il carattere eccezionale della norma che attribuisce al giudice dell’esecuzione in via eccezionale e derogatoria un potere che è ordinariamente riservato al giudice della cognizione nonché ragioni sistematiche legate alla necessità di non lascare pendente sine die la questione della sostituibilità della pena detentiva breve in fase esecutiva.
A quest’ultimo proposito, la sentenza citata da ultimo efficacemente evidenzia che “quando diviene irrevocabile la sentenza il pubblico ministero è tenuto a emettere l’ordine di esecuzione -nei casi previsti con contestuale decreto di sospensione ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen.- e tale adempimento, pure considerato che il condannato ha in alcune ipotesi il diritto di avanzare istanza di applicazione di misura alternativa alla detenzione al competente Tribunale di Sorveglianza, non può essere evidentemente procrastinato per un tempo indeterminato”.
In senso contrario non può valorizzarsi il difetto di una specifica previsione normativa che sanzioni con l’inammissibilità l’inosservanza del temine.
Sebbene l’art. 173 cod. proc. pen., preveda che “i termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge” l’impianto codicistico prevede ipotesi di decadenza implicite desumibili dalla struttura del procedimento nel quale si inseriscono. Si pensi all’inosservanza dei termini previsti per la presentazione delle memorie dal comma 2 dell’art. 127 cod. proc. pen. e dall’art. 611 cod. proc. pen. della cui perentorietà non si è mai dubitato (ex multis, Sez. 5, n. 5458 del 09/01/2018, COGNOME, Rv. 272444 – 01; Sez. 1, n. 19218/16 del 30 novembre 2015, Rv. 267359; Sez. 5, n. 43382 del 19 settembre 2013, Punturiero e altro, Rv. 258661; Sez. 3, n. 50200 del 28 aprile 2015, COGNOME, Rv. 265935;).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle o spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, in Roma 19 settembre 2024.