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Pene sostitutive: il termine perentorio secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 39262/2024, ha stabilito che il termine di trenta giorni per richiedere la sostituzione di una pena detentiva breve, secondo la disciplina transitoria della Riforma Cartabia, è un termine perentorio. La presentazione tardiva dell’istanza ne comporta l’inammissibilità, precludendo l’accesso al beneficio. La Corte ha inoltre ribadito la validità della motivazione “per relationem” quando il giudice fa proprie in modo chiaro le argomentazioni del pubblico ministero.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pene Sostitutive e Termine Perentorio: La Cassazione Fa Chiarezza

Con la recente sentenza n. 39262 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su una questione cruciale introdotta dalla Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) in materia di pene sostitutive. La pronuncia definisce la natura del termine previsto dalla disciplina transitoria per presentare l’istanza di sostituzione della pena detentiva breve, stabilendo principi fondamentali per la certezza del diritto in fase esecutiva.

Il Caso in Esame

Un uomo, condannato con sentenza definitiva a una pena di dieci mesi di reclusione, presentava un’istanza al Tribunale di Milano per ottenere la sostituzione della pena detentiva con quella dei lavori di pubblica utilità. La richiesta si basava sull’articolo 95 del d.lgs. n. 150/2022, che ha introdotto una disciplina transitoria per le sentenze passate in giudicato. Il Tribunale rigettava l’istanza, ritenendola presentata oltre il termine di legge.

I Motivi del Ricorso e le Pene Sostitutive

Il condannato, tramite il suo difensore, ha impugnato la decisione del Tribunale davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Mancanza di Motivazione: Si lamentava che il provvedimento del Tribunale fosse privo di una motivazione autonoma, in quanto il giudice si era limitato a conformarsi al parere espresso dal Pubblico Ministero senza esplicitare un proprio percorso logico-giuridico.
2. Violazione della Norma sul Termine: Il ricorrente sosteneva che il termine di trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza per presentare l’istanza non dovesse essere considerato perentorio. A suo avviso, in assenza di una specifica previsione di legge che ne sancisse la perentorietà (come richiesto dall’art. 173 cod. proc. pen.), la sua inosservanza non poteva portare all’inammissibilità della richiesta di pene sostitutive.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi del ricorso, ritenendoli infondati e fornendo importanti chiarimenti.

In primo luogo, riguardo alla presunta mancanza di motivazione, la Corte ha affermato che la motivazione per relationem (cioè per rinvio a un altro atto) è legittima. Quando un giudice richiama integralmente l’articolato parere del Pubblico Ministero, facendone proprie le argomentazioni, svolge in modo chiaro e inequivocabile il proprio iter cognitivo e valutativo. Questo consente all’imputato di comprendere appieno le ragioni della decisione e di esercitare il proprio diritto di impugnazione.

La parte più significativa della sentenza riguarda la natura del termine per la richiesta. La Cassazione ha stabilito che il termine di trenta giorni previsto dall’art. 95 del d.lgs. 150/2022 deve considerarsi perentorio. La sua scadenza preclude al condannato la possibilità di chiedere il beneficio, rendendo inammissibile l’istanza presentata tardivamente. Sebbene l’art. 173 c.p.p. stabilisca che i termini sono considerati perentori solo nei casi previsti dalla legge, la Corte ha spiegato che la perentorietà può essere anche implicita, desumibile dalla struttura del procedimento.

La norma transitoria ha un carattere eccezionale, poiché attribuisce al giudice dell’esecuzione un potere normalmente riservato al giudice della cognizione. Questa eccezionalità, unita alla necessità di non lasciare pendente sine die la questione della sostituibilità della pena, impone una lettura rigorosa del termine. Lasciare la porta aperta a richieste tardive creerebbe incertezza nella fase esecutiva, durante la quale il Pubblico Ministero è tenuto a emettere l’ordine di esecuzione. Pertanto, la natura perentoria del termine garantisce l’ordine e la certezza del procedimento.

Conclusioni

La sentenza della Corte di Cassazione n. 39262/2024 consolida un principio di fondamentale importanza pratica: chi intende beneficiare delle pene sostitutive in base alla disciplina transitoria della Riforma Cartabia deve agire con tempestività. Il termine di trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza non è un semplice termine ordinatorio, ma una vera e propria soglia di sbarramento. Il mancato rispetto di questa scadenza comporta la decadenza dal diritto e la conseguente inammissibilità della richiesta. Questa interpretazione rigorosa mira a bilanciare il favor per le misure alternative alla detenzione con l’esigenza di certezza e celerità della fase esecutiva della pena.

Il termine di 30 giorni per chiedere la sostituzione della pena previsto dall’art. 95 d.lgs. 150/2022 è perentorio?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale termine è perentorio. La sua inosservanza comporta la decadenza dal diritto di chiedere il beneficio e la conseguente inammissibilità dell’istanza.

Un giudice può motivare un’ordinanza semplicemente aderendo al parere del Pubblico Ministero?
Sì, la motivazione cosiddetta per relationem è considerata valida quando il giudice, richiamando integralmente un parere articolato, ne fa proprie le argomentazioni in modo chiaro e inequivocabile, permettendo così alla parte di comprendere le ragioni della decisione.

Perché il termine è considerato perentorio anche se la legge non lo dice espressamente?
Sebbene non vi sia una previsione esplicita, la sua natura perentoria si desume dalla struttura del procedimento e da ragioni sistematiche. La norma ha carattere eccezionale e derogatorio, e la necessità di garantire certezza e ordine nella fase di esecuzione della pena impone di considerare il termine non prorogabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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