Pene Sostitutive: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile?
L’introduzione delle pene sostitutive con la Riforma Cartabia ha rappresentato una svolta importante nel sistema sanzionatorio italiano. Tuttavia, per poterne beneficiare, è fondamentale rispettare le corrette procedure. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 27260/2024) chiarisce un punto cruciale: la richiesta di applicazione di tali pene deve essere avanzata nei tempi e nei modi giusti, pena l’inammissibilità del ricorso.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello di Bologna. Il ricorrente lamentava, tra le altre cose, la violazione della legge per la mancata applicazione di una pena sostitutiva in luogo della pena detentiva inflittagli. La difesa sosteneva che il giudice d’appello avrebbe dovuto considerare questa possibilità, anche alla luce delle nuove disposizioni normative.
La Questione delle Pene Sostitutive e la Procedura
Il cuore del problema non risiedeva tanto nel merito della richiesta, quanto nella procedura seguita. Il ricorso per Cassazione è un giudizio di legittimità, ciò significa che la Corte non riesamina i fatti, ma controlla che la legge sia stata applicata correttamente dai giudici dei gradi precedenti. Per poter contestare una violazione di legge, è necessario che la questione sia stata precedentemente e correttamente sottoposta al giudice del merito (in questo caso, la Corte d’Appello).
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo chiaro le ragioni. I giudici hanno ritenuto che i motivi del ricorso non fossero consentiti dalla legge in sede di legittimità. La richiesta di applicazione delle pene sostitutive e la relativa denuncia di violazione dell’art. 545 bis c.p.p. non erano state adeguatamente formulate nei motivi di appello o, quantomeno, nelle conclusioni del giudizio di secondo grado.
In altre parole, l’imputato non aveva chiesto specificamente alla Corte d’Appello di applicare una pena sostitutiva. Di conseguenza, non poteva lamentare in Cassazione una violazione di legge per una decisione su una richiesta mai formalmente avanzata. La Corte ha richiamato un suo precedente orientamento (Sentenza n. 12991/2024), rafforzando il principio secondo cui le questioni nuove, non devolute al giudice del grado precedente, non possono essere introdotte per la prima volta in Cassazione. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per la difesa tecnica. Sottolinea la necessità di una scrupolosa attenzione agli aspetti procedurali. Per poter beneficiare di istituti favorevoli come le pene sostitutive, non è sufficiente che sussistano le condizioni di legge; è indispensabile che la richiesta sia formalizzata in modo esplicito e tempestivo nei corretti atti processuali, a partire dal giudizio di appello. Un’omissione procedurale può precludere definitivamente la possibilità di accedere a un beneficio, con conseguenze significative per l’imputato, che si vedrà non solo confermare la condanna ma anche addebitare ulteriori spese.
È possibile chiedere per la prima volta l’applicazione di pene sostitutive in Cassazione?
No, secondo questa ordinanza, la richiesta di applicazione di pene sostitutive deve essere specificamente avanzata nei motivi di appello o, al più tardi, in sede di conclusioni nel giudizio di secondo grado. La sua omissione rende il ricorso in Cassazione inammissibile su questo punto.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti non erano consentiti in sede di legittimità. La richiesta di pene sostitutive non era stata correttamente formulata nel precedente grado di giudizio, costituendo un vizio procedurale che impedisce l’esame nel merito da parte della Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente in caso di inammissibilità?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila Euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27260 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27260 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti d legge in sede di legittimità in quanto si legano alla chiesta applicazione di una pena sostit e alla correlata violazione del disposto di cui all’alt 545 bis cpp in assenza di una sollecit in tal senso prospettata con i motivi di appello o quantomeno, limitatamente al periodo copert dalla disciplina ‘transitoria dettata dall’art 95 dlgs 150 del 2022), in sede di conc (Sez. 2 -, Sentenza n. 12991 del 01/03/2024, Rv. 286017);
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce.di cui all’art. 616 c proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 7 giugno 2024.