Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32015 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32015 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GIUGLIANO IN CAMPANIA il 24/12/1998
avverso la sentenza del 17/01/2025 del TRIBUNALE di Santa Maria Capua Vetere
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi l ‘ inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 gennaio 2025, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha applicato a NOME COGNOME la pena di anni tre di reclusione ed € 14.000,00 di multa per il reato di cui agli artt. 81, comma 2, 110 cod. pen. e 73, commi 1 e 4 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, commesso in Castel Volturno (CE) il 6 dicembre 2024 detenendo a fini di spaccio 100 grammi di hashish, 4 grammi di marijuana e un totale di 223,5 grammi di cocaina.
La pena è stata determinata nei termini indicati, in conformità con la richiesta concordemente formulata dalle parti, partendo dalla pena base di anni sei, mesi tre di reclusione ed € 27.000 di multa, aumentandola ad anni sei, mesi sei di reclusione ed € 30.000,00 di multa ex art. 81 cod. pen., riducendola ad anni
quattro, mesi quattro di reclusione ed € 20.000,00 di multa per l’ applicazione delle attenuanti generiche e operando una ulteriore riduzione ai sensi dell ‘ art. 444 cod. proc. pen.
In motivazione, il Giudice ha fatto riferimento a una richiesta di sostituzione della pena detentiva col lavoro di pubblica utilità. Nella sentenza si legge (pag. 4) che al PM è stato chiesto di esprimersi su tale richiesta, formulata dal difensore alla presenza dell ‘ imputato dopo che le parti avevano chiesto l ‘ applicazione della pena sopra indicata, e il PM non si è opposto. Nella sentenza (pagg. 7 e 8) il Giudice ha valutato nel merito la richiesta, ma ha ritenuto che non potesse essere accolta. Ha sostenuto a tal fine che la «recente iscrizione al SERD di Capua» e «la recente assunzione» non consentivano «di ritenere adeguata, allo stato, la sanzione richiesta» in ragione di un precedente arresto del marzo 2024, della diversità delle sostanze detenute, del loro quantitativo complessivo e del valore delle stesse, «dichiarato dallo stesso imputato».
Contro la sentenza, l ‘ imputato ha proposto tempestivo ricorso per mezzo del difensore deducendo con due motivi distinti, ma riconducibili ad unità, violazione dell ‘ art. 545 bis cod. proc. pen. e vizi di motivazione.
In tesi difensiva, avendo applicato su concorde richiesta formulata dalle parti una pena detentiva non superiore a quattro anni e avendo preso atto della richiesta di sostituzione di questa pena, subito dopo la lettura del dispositivo il Giudice avrebbe dovuto avvalersi dei poteri informativi e delle facoltà previste dal secondo comma dell ‘ art. 545 bis cod. proc. pen. La richiesta di sostituzione, invece, è stata respinta nella motivazione della sentenza e ciò costituisce, ad avviso della difesa, «un atto abnorme, non previsto dalla norma» atteso che la decisione di non sostituire la pena è stata assunta prima della lettura del dispositivo e non «subito dopo» tale lettura, come previsto dal primo comma della disposizione citata.
Secondo la difesa, la conseguente violazione del secondo comma dell ‘ art. 594 bis cod. proc. pen. avrebbe determinato anche vizi di motivazione e su questo si incentra il secondo motivo di ricorso. La non adeguatezza della sanzione sostitutiva, infatti, è stata motivata con argomentazioni congetturali in assenza di relazioni dell ‘ UEPE e della polizia giudiziaria, senza assumere le necessarie informazioni sulle condizioni di vita familiari, sociali, economiche, patrimoniali dell ‘ imputato e sulla sua personalità. La motivazione sarebbe, inoltre, manifestamente illogica e contraddittoria atteso che l ‘ aver intrapreso una attività lavorativa e l ‘ iscrizione al SERD di Capua sono state positivamente valutate dal Giudice ai fini della applicazione delle attenuanti generiche, ma si è ritenuto di non
poterne tenere conto nella individuazione del trattamento sanzionatorio più adeguato al caso concreto.
Il Procuratore generale ha depositato memoria scritta chiedendo dichiararsi l ‘ inammissibilità del ricorso. Ha citato a tal fine la sentenza Sez. 2, n.50010 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285690, secondo la quale: « l ‘ art. 545 bis , comma 1, cod. proc. pen. che prevede, per il caso di condanna a pena detentiva non superiore a quattro anni, l ‘ obbligo per il giudice di dare avviso alle parti della possibilità della sua conversione in una sanzione sostitutiva, non si applica al procedimento che conduce alla definizione del giudizio con pena patteggiata, trattandosi di norma che, per ragioni di carattere testuale e sistematico, risulta dettata esclusivamente per il giudizio ordinario». Ha ricordato, inoltre, che «la richiesta di conversione di una pena sostitutiva di una pena detentiva breve ben può essere formulata anche nell ‘ ambito di una procedura a pena concordata tra le parti purché faccia parte dell ‘ accordo» (il PG cita a sostegno: Sez. 2, n. 8396 del 4/2/2025, COGNOME, Rv. 287579).
Con memoria depositata il 5 settembre 2025, il difensore ha insistito nei motivi di ricorso sostenendo che il Giudice avrebbe dovuto preliminarmente decidere se l ‘ applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità fosse compresa nell ‘ accordo intervenuto fra le parti. In caso positivo, non avrebbe potuto respingere la richiesta di sostituzione, ma avrebbe dovuto respingere la richiesta di applicazione della pena; in caso negativo, non avrebbe potuto respingere la richiesta in sentenza, ma avrebbe dovuto «attendere la lettura del dispositivo e solo all ‘ esito degli accertamenti dell ‘ UEPE, pervenire ad un rigetto».
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
Dal verbale di udienza allegato al ricorso emerge che NOME COGNOME ha chiesto l ‘applicazione della pena di anni tre di reclusione ed € 14.000 di multa e sulla applicazione di questa pena il PM ha prestato il consenso. Perfezionato l ‘ accordo, il difensore ha chiesto la sostituzione della pena inflitta con lavoro di pubblica utilità e su questa richiesta il PM si è rimesso alle valutazioni del Giudice. La sostituzione, dunque, non è stata oggetto dell ‘ accordo.
L ‘ art. 444, comma 1, cod. proc. pen., nel testo riformato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, prevede espressamente che l ‘ imputato e il pubblico ministero possano chiedere al giudice l ‘ applicazione «nella specie e nella misura indicata, di
una pena sostitutiva diminuita fino a un terzo» . Se ne desume che il giudice del patteggiamento non può procedere alla sostituzione se la stessa non è oggetto dell ‘ accordo intervenuto tra le parti. Solo in questo caso, ai sensi dell ‘ art. 448, comma 1 bis , cod. proc. pen., ove non sia possibile decidere immediatamente, il giudice deve sospendere il processo e fissare «una apposta udienza, non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all ‘ ufficio di esecuzione penale esterna competente». Lo stesso art. 448, comma 1 bis , peraltro, non certo casualmente, precisa che l ‘ art. 545 bis , comma 2, si applica alla decisione del giudice sulla richiesta di applicazione della pena solo «in quanto compatibile».
Nel caso oggetto del presente ricorso, le parti non hanno formulato una richiesta di applicazione di pena sostituita e, infatti, il ricorrente non invoca l ‘ applicazione dell ‘ art. 448, comma 1 bis , cod. proc. pen. , ma sostiene che sarebbe stato violato l ‘ art. 545 bis cod. proc. pen.
La norma invocata, tuttavia, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, non si applica al procedimento che conduce alla definizione del giudizio con pena patteggiata, «trattandosi di norma dettata, per ragioni di carattere testuale e sistematico, esclusivamente per il giudizio ordinario» (Sez. 4, n. 32357 del 09/05/2023, COGNOME, Rv. 284925; Sez. 4, n. 32360 del 09/05/2023, COGNOME, Rv. 284926; Sez. 2, n. 50010 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285690). Si è sottolineato in proposito che l ‘ art. 545 bis cod. proc. pen. è applicabile nel giudizio ordinario, nel quale l ‘ imputato conosce l ‘ entità della pena solo a seguito della lettura del dispositivo e soltanto in quel momento può valutare se consentire o meno alla sua sostituzione; ma non può essere applicato nel giudizio di patteggiamento, nel quale il giudice applica la pena richiesta dalle parti e potrebbe applicare una delle pene previste dagli artt. 20 bis cod. pen. e 53 legge 24 novembre 1981, n. 689 solo se tale sostituzione fosse stata oggetto dell ‘ accordo (Sez. 6, n. 30767 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 284978; Sez. 2, n. 8396 del 04/02/2025, COGNOME, Rv. 287579). Tali conclusioni trovano conforto nella Relazione illustrativa al d.lgs. n. 150/2022, ove si legge che le parti possono chiedere un differimento dell ‘ udienza ai sensi dell ‘ art. 448, comma 1 bis cod. proc. pen. soltanto se un accordo, «almeno generale», sulla sostituzione è stato raggiunto e tale accordo «deve precedere la richiesta di differimento di cui costituisce il presupposto». Ed invero -come la Relazione illustrativa della riforma non manca di precisare – con questa previsione si è voluto «scongiurare il rischio di richieste esplorative o peggio dilatorie» ed evitare di «impegnare invano l ‘ ufficio esecuzione penale esterna in attività preparatorie che poi non hanno concreto esito processuale» (così, testualmente, pag. 408 della relazione illustrativa al d.lgs.
n. 150/2022 – Gazzetta Ufficiale serie generale n. 245 del 19/10/2022 supplemento straordinario n. 5).
Tale essendo il quadro normativo, avendo valutato adeguata al fatto la pena concordata tra le parti, nella sentenza impugnata il Giudice non era neppure tenuto ad esaminare nel merito la richiesta di sostituzione, che era estranea all ‘ accordo. La difesa, pertanto, non può dolersi delle argomentazioni spese su questo punto.
All ‘ inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell ‘ art. 616 cod. proc. pen., l ‘onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso l’11 settembre 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME Salvatore Dovere