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Pena sospesa: niente passaporto per il condannato

Un soggetto, condannato a una pena detentiva di quattro anni con esecuzione sospesa in attesa della decisione su misure alternative, ha richiesto il nulla osta al mantenimento del passaporto. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la pena sospesa in questo contesto è pienamente esecutiva. Di conseguenza, sussiste l’impedimento legale al rilascio o al mantenimento del passaporto, poiché il condannato è una persona che “deve espiare una pena restrittiva della libertà personale” ai sensi della legge n. 1185/1967.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pena Sospesa: Niente Passaporto per il Condannato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 22512/2024) ha affrontato un’importante questione di procedura penale: un condannato a una pena detentiva, la cui esecuzione è stata sospesa per consentirgli di chiedere misure alternative al carcere, ha diritto a mantenere il passaporto? La Corte ha fornito una risposta negativa, chiarendo che una pena sospesa in questo contesto non fa venir meno il divieto di espatrio. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato con sentenza definitiva a quattro anni di reclusione. Il Pubblico Ministero emetteva l’ordine di esecuzione per la carcerazione, ma, come previsto dalla legge per pene di questa entità, ne sospendeva contestualmente l’esecuzione. Questa sospensione è finalizzata a permettere al condannato di presentare istanza al Tribunale di Sorveglianza per accedere a una misura alternativa alla detenzione (come l’affidamento in prova ai servizi sociali o la detenzione domiciliare).

Nonostante la pendenza della decisione sulla misura alternativa, l’interessato si rivolgeva al giudice dell’esecuzione chiedendo due cose:
1. Una dichiarazione che la sentenza non fosse eseguibile.
2. Il rilascio del nulla osta per mantenere il passaporto e ogni altro documento valido per l’espatrio.

La Corte d’Appello, in qualità di giudice dell’esecuzione, rigettava entrambe le richieste, motivando che la sentenza era a tutti gli effetti un titolo esecutivo valido e la pena pienamente eseguibile, sebbene la sua esecuzione fosse temporaneamente sospesa.

Il Ricorso in Cassazione e la Natura della Pena Sospesa

Il difensore del condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sospensione rendesse la pena non eseguibile e che, di conseguenza, non sussistessero i presupposti di legge per negare il passaporto. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per chiarire alcuni principi fondamentali della fase esecutiva.

L’Inizio della Fase Esecutiva

La Corte ha ribadito che la fase esecutiva di una sentenza di condanna inizia formalmente nel momento in cui la sentenza diventa definitiva (passaggio in giudicato). L’emissione dell’ordine di esecuzione, anche se accompagnato da un decreto di sospensione, è l’atto concreto che avvia il procedimento per l’espiazione della pena.

La Funzione della Sospensione ex art. 656 c.p.p.

La sospensione in questione non è un atto che mette in dubbio la validità o l’esecutività della condanna. Al contrario, è uno strumento procedurale con uno scopo preciso: consentire al condannato di accedere a percorsi di rieducazione alternativi al carcere. La pena rimane ‘eseguibile’, ma la sua modalità concreta di espiazione (carcere o misura alternativa) è in attesa di definizione. La Corte ha sottolineato che questa situazione è ben diversa dai casi in cui l’esecuzione è sospesa per motivi che incidono sulla legittimità stessa della condanna (es. ricorso per revisione).

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione si basa sull’interpretazione della legge sui passaporti (L. n. 1185/1967). L’articolo 3, lettera d), di tale legge stabilisce che non possono ottenere il passaporto ‘coloro che debbano espiare una pena restrittiva della libertà personale’.

Secondo la Cassazione, il condannato nel caso di specie rientra pienamente in questa categoria. La sua pena è definitiva e deve essere espiata. La sospensione temporanea non cancella questo obbligo, ma ne differisce solo l’inizio concreto in attesa della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Pertanto, la condizione ostativa prevista dalla legge sui passaporti è pienamente integrata. La Corte ha concluso che il cittadino condannato con sentenza definitiva a una pena detentiva non può ottenere o mantenere un documento valido per l’espatrio fino alla completa espiazione della pena.

Conclusioni

La sentenza 22512/2024 della Corte di Cassazione stabilisce un principio chiaro e rigoroso: la sospensione dell’ordine di esecuzione finalizzata alla richiesta di misure alternative non incide sull’esecutività della pena. Di conseguenza, il condannato non può ottenere il nulla osta al mantenimento del passaporto, in quanto la sua condizione giuridica è quella di un soggetto che ‘deve espiare’ una pena detentiva. Questa decisione rafforza l’idea che l’esecuzione della pena è un processo che inizia con la definitività della sentenza e che le garanzie procedurali, come la sospensione, non annullano gli effetti sostanziali della condanna, inclusi quelli che limitano la libertà di espatrio.

Una condanna la cui esecuzione è sospesa per chiedere misure alternative impedisce di ottenere il passaporto?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che tale sospensione è puramente temporanea e funzionale. La sentenza resta pienamente esecutiva e il condannato è considerato una persona che ‘deve espiare una pena’, condizione che per legge impedisce il rilascio o il mantenimento del passaporto.

Quando inizia la fase di esecuzione di una sentenza penale?
La fase esecutiva inizia formalmente quando la sentenza diventa definitiva (passaggio in giudicato). L’emissione dell’ordine di esecuzione da parte del Pubblico Ministero è l’atto concreto che dà avvio a questa fase, anche se l’esecuzione stessa viene contestualmente sospesa.

La sospensione dell’esecuzione rende la pena ‘non eseguibile’?
No. Secondo la Suprema Corte, la sospensione prevista dall’art. 656, comma 5, c.p.p. non intacca l’eseguibilità del titolo. Si tratta solo di un differimento temporaneo dell’inizio della carcerazione per consentire la valutazione di misure alternative, ma la pena rimane un obbligo giuridico da adempiere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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