Pena Illegale o Illegittima? La Cassazione Chiarisce i Rimedi Processuali
Quando una sentenza di condanna è sbagliata, quali sono gli strumenti per correggerla? Non tutti gli errori sono uguali e, soprattutto, non tutti possono essere fatti valere in qualsiasi momento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla fondamentale distinzione tra pena illegale e pena semplicemente illegittima, sottolineando l’importanza di scegliere la via processuale corretta per non vedere respinte le proprie ragioni.
Il caso analizzato riguarda un imputato che, dopo un patteggiamento, si è visto convertire la pena detentiva in lavori di pubblica utilità per un reato che, all’epoca, non lo prevedeva. Anziché impugnare subito la sentenza, ha atteso la fase esecutiva, ma la sua richiesta è stata respinta. Vediamo perché.
I Fatti del Caso: un Patteggiamento Contestato
Un imputato, accusato del reato di cui all’art. 646 c.p., concordava con il Pubblico Ministero una pena di un anno di reclusione e 600 euro di multa. Questa pena veniva poi convertita dal Tribunale in un anno e due giorni di lavori di pubblica utilità.
Successivamente, in sede di esecuzione, l’imputato presentava un’istanza al Giudice, sostenendo che l’accordo originario prevedesse la sospensione condizionale della pena, subordinata allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità, e non una conversione diretta della pena detentiva. A sostegno della sua tesi, deduceva l’illegalità della conversione operata, poiché la legge non la consentiva per quel tipo di reato al momento della sentenza. Chiedeva quindi di rideterminare la pena, concedendogli la sospensione condizionale.
La Decisione del Giudice dell’Esecuzione
Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta, ritenendola inammissibile per due motivi principali:
1. Dagli atti processuali, in particolare dal verbale d’udienza, non emergeva alcuna richiesta di sospensione condizionale; anzi, tale opzione risultava cancellata, mentre era stata aggiunta a mano la richiesta di conversione in lavori di pubblica utilità.
2. Qualsiasi doglianza sulla correttezza della pena applicata, sulla sua quantificazione o sulle modalità di sostituzione, avrebbe dovuto essere sollevata attraverso i mezzi di impugnazione ordinari contro la sentenza di patteggiamento, non tramite un incidente di esecuzione. Il Tribunale ha specificato che non si trattava di una pena illegale, ma al massimo illegittima, poiché il genere di pena (detentiva) era corretto, e la conversione rappresentava solo una diversa modalità esecutiva.
Il Ricorso in Cassazione e il concetto di pena illegale
Contro l’ordinanza del Tribunale, la difesa dell’imputato proponeva ricorso in Cassazione. L’argomento centrale era che la pena applicata fosse a tutti gli effetti una pena illegale, in quanto frutto di una conversione non permessa dalla legge. Tale illegalità, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere rilevata e rimossa d’ufficio dal Giudice dell’esecuzione, indipendentemente dall’omessa impugnazione della sentenza originaria.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando in toto la decisione del Tribunale. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale della procedura penale: la distinzione tra vizi che rendono la pena “illegale” e vizi che la rendono meramente “illegittima”.
Una pena è illegale solo quando non è prevista dalla legge per quella fattispecie di reato (es. ergastolo per un furto) o quando supera i limiti massimi edittali. Solo in questi casi, l’errore è talmente grave da poter essere corretto in qualsiasi momento, anche in sede esecutiva.
In tutti gli altri casi di errore nell’applicazione o quantificazione della pena, si parla di pena “illegittima”. Questi errori devono essere contestati attraverso i canali ordinari di impugnazione (appello o ricorso per cassazione) nei termini perentori stabiliti dalla legge. Se non si impugna la sentenza, questa diventa definitiva e l’errore, per quanto sussistente, non può più essere sanato.
Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato che l’osservazione del Tribunale era “dirimente”: il ricorrente avrebbe dovuto contestare la modalità di conversione della pena impugnando la sentenza di patteggiamento, e non lo ha fatto. Il suo ricorso in Cassazione, inoltre, non si confrontava adeguatamente con questa motivazione centrale, limitandosi a insistere sul concetto di illegalità della pena, già correttamente escluso dal primo giudice.
Le Conclusioni: l’Importanza dei Termini di Impugnazione
La sentenza rafforza un caposaldo del nostro sistema processuale: la stabilità delle decisioni giudiziarie. Se ogni errore potesse essere contestato all’infinito, non si arriverebbe mai a una conclusione certa. Per questo, la legge prevede strumenti e termini precisi per far valere le proprie ragioni. La qualificazione di una pena come illegale è un’eccezione, riservata ai vizi più gravi e macroscopici. Per tutte le altre irregolarità, la via maestra è quella dell’impugnazione. Chi lascia scadere i termini, perde la possibilità di far correggere l’errore.
Qual è la differenza tra pena illegale e pena illegittima secondo la Cassazione?
Una pena è illegale quando non è prevista dalla legge per quel reato o supera i limiti massimi, e può essere corretta in ogni momento. Una pena è illegittima quando, pur essendo prevista, è applicata in modo errato; tale errore deve essere contestato impugnando la sentenza nei termini di legge, altrimenti viene sanato.
È possibile contestare un errore in una sentenza di patteggiamento durante la fase di esecuzione della pena?
No, non è possibile se l’errore non configura una pena illegale in senso stretto. Secondo la sentenza, qualsiasi vizio relativo alla specie, alla quantificazione o alla modalità di sostituzione della pena concordata deve essere fatto valere con l’impugnazione della sentenza di patteggiamento, non con un successivo incidente di esecuzione.
Cosa succede se un imputato non impugna una sentenza che ritiene errata?
Se la sentenza non viene impugnata nei termini previsti dalla legge, diventa definitiva. Di conseguenza, eventuali errori che non rendono la pena ‘illegale’ non possono più essere corretti, e la richiesta di modifica in sede esecutiva verrà dichiarata inammissibile.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33649 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33649 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a LA SPEZIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/02/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; lette/~e le conclusioni del PG
Letta la requisitoria del dott. NOME COGNOME, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con cui è stato chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Roma, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta, avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, volta ad ottene rideterminazione della pena concordata tra le parti ex art. 444 cod. proc. pen. (di anni uno reclusione ed euro 600,00 di multa, convertita in un anno e due giorni di lavoro di pubbli utilità) con la sentenza del Tribunale di Roma in data 26 novembre 2019, deducendo l’illegalità della pena applicata dallo stesso Tribunale in composizione monocratica mediante la conversione operata per una fattispecie di reato (di cui all’art. 646 cod. pen.) che prevedeva alla data di emissione della pronuncia la sostituzione della pena detentiva con lo svolgimento di lavori di pubblica utilità.
Rileva detto Tribunale che l’istante ha dedotto che l’accordo presentato al Giudice avrebbe avuto ad oggetto la concessione della sospensione condizionale della pena subordinata allo svolgimento dei lavori di pubblica utilità ex art. 165 cod. pen., ma tale richiesta non sare stata correttamente verbalizzata e l’accordo sarebbe stato accolto e ratificato dal Giudice c l’applicazione della pena detentiva sopra indicata convertita in lavori di pubblica utilità; ha pertanto chiesto la rideterminazione della pena applicata di anni uno di reclusione ed eur 600,00 di multa con concessione della sospensione condizionale della pena subordinata allo svolgimento di lavori di pubblica utilità ex art. 165 cod. pen. documentando la disponibilità svolgimento di lavori presso la RAGIONE_SOCIALE“.
Ritiene inammissibile la richiesta, sia in quanto la richiesta di concessione de sospensione condizionale della pena subordinata ex art. 165 cod. pen. allo svolgimento di lavori di pubblica utilità non risultava in alcun modo verbalizzata nell’accordo presentat Giudice, né immediatamente dedotta dal difensore presente all’udienza del 26 novembre 2019 alla lettura del dispositivo, né successivamente dedotta con gli ordinari mezzi di impugnazione con la conseguenza dell’inammissibilità di tale richiesta in sede di giudizio di esecuzione; si quanto non può comunque parlarsi di pena illegale, ma illegittima, non rappresentando la pena sostitutiva un genus autonomo e diverso dalle pene detentive, costituendo una diversa specificazione della pena detentiva principale, alla quale solo bisogna guardare per verificare s sia stata applicata in violazione della specie e dei limiti edittali individuati dal legislator
Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME, deducendo violazione dell’art. 670, comma 1, cod. proc. pen.
Rileva la difesa di avere fatto presente al Giudice dell’esecuzione che per il reato di cui condanna non era prevista la conversione disposta in sede di applicazione della pena, neppure richiesta dalla parte che si era limitata a chiedere la concessione della sospension
condizionale della pena subordinata ai lavori di pubblica utilità, istanza non verbalizza Lamenta che pertanto la pena è illegale, e non illegittima, in quanto frutto di una conversio non consentita, determinante altresì un trattamento sanzioNOMErio gravoso in quanto non adeguatamente quantificata (considerato che ogni giorno lavorativo sarebbe di sei ore giornaliere al massimo), e, come tale, avrebbe dovuto essere rimossa d’ufficio dal Giudice dell’esecuzione.
Il difensore, alla luce di tali censure, insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnat
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Invero, dal verbale dell’udienza nella quale risulta verbalizzato l’accordo tra le parti pena, allegato altresì al ricorso, risulta depennata la richiesta di subordinare la pena concessione della sospensione condizionale della pena, benché risulti anche una x nella casella relativa a tale richiesta. Sembra, poi, dirimere dubbi sul fatto che la richiesta di concess della sospensione condizionale della pena sia stata espunta dal verbale e che l’imputato abbia optato per la conversione della pena piuttosto che per la sospensione condizionale della pena, la successiva aggiunta a penna “chiede la conversione della pena in lavori di pubblica utilità”.
Comunque correttamente il Tribunale a quo, oltre ad escludere l’illegalità della pena applicata (sottolineando che ad essa bisogna guardare e non a quella sostitutiva) e a rilevar che la richiesta di sospensione condizionale della pena non risulta verbalizzata nell’accord presentato al Giudice della cognizione e che non risulta svolto alcun rilievo alla lettura dispositivo da parte del difensore, sottolinea come ogni rilievo, e ciò vale anche per lamentata inadeguatezza della quantificazione, reiterata in questa sede, andava dedotto con il ricorso contro la sentenza e non poteva essere oggetto di incidente di esecuzione.
Di contro il ricorso, che non si confronta con tale dirimente osservazione dell’ordinanz impugnata e che insiste su rilievi con i quali detta ordinanza risulta essersi confrontata argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici, manifesta la sua infondatezza.
Al rigetto consegue, ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna di COGNOME pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 6 giugno 2024.