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Pena illegale: Cassazione annulla per nuovo calcolo

Con la sentenza n. 52109/2019, la Corte di Cassazione, Sez. 6 Penale, ha stabilito che una condanna per spaccio è affetta da pena illegale se basata su una norma poi dichiarata incostituzionale. Nel caso di specie, la pena minima era stata ridotta da 8 a 6 anni. La Corte ha annullato la sentenza con rinvio per la rideterminazione della pena, pur confermando la responsabilità penale e rigettando il motivo sul ‘fatto di lieve entità’.

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Pubblicato il 11 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Pena illegale: La Cassazione annulla la condanna per un nuovo calcolo

Quando una legge usata per condannare una persona viene dichiarata incostituzionale, cosa succede alla pena già inflitta? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 52109 del 2019, affronta il delicato tema della pena illegale, affermando un principio cruciale: se la ‘cornice edittale’ di riferimento cambia, il giudice deve ricalcolare la pena, anche se quella inflitta rientra già nei nuovi limiti. Si tratta di una garanzia fondamentale per l’imputato, che ha diritto a una pena calibrata su parametri legali e costituzionalmente validi.

I fatti di causa: lo spaccio organizzato e la condanna

Tre individui venivano condannati in primo e secondo grado per concorso in spaccio continuato di sostanze stupefacenti, nello specifico cocaina e marijuana. La Corte d’Appello di Roma aveva confermato la pena a quattro anni di reclusione e 12.000 euro di multa, tenendo conto delle attenuanti generiche e dello sconto per il rito abbreviato.

Il reato contestato era quello previsto dall’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/90, che all’epoca dei fatti prevedeva una pena minima di otto anni di reclusione per le cosiddette ‘droghe pesanti’.

I motivi del ricorso in Cassazione

Gli imputati ricorrevano in Cassazione per motivi diversi ma convergenti su un punto essenziale:

1. Uno degli imputati lamentava il mancato riconoscimento dell’ipotesi di ‘fatto di lieve entità’ (art. 73, comma 5), sostenendo che i giudici di merito avessero valutato solo la quantità e la tipologia della droga, ignorando altre circostanze.
2. Tutti gli imputati sollevavano la questione della pena illegale. Sostenevano che la loro condanna si basasse su una pena minima (otto anni) che, successivamente alla sentenza d’appello, era stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 40 del 2019. Quest’ultima aveva ridotto il minimo edittale da otto a sei anni di reclusione.

La decisione della Suprema Corte e il concetto di pena illegale

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente i ricorsi, offrendo importanti chiarimenti su entrambi i punti sollevati.

Il rigetto del motivo sulla ‘lieve entità’

La Corte ha ritenuto infondato il primo motivo. Ha ribadito che per escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di gravità. Nel caso specifico, oltre alla non trascurabile quantità di stupefacente (273 dosi di cocaina e 92 di marijuana), i giudici hanno correttamente valorizzato le modalità organizzate dello spaccio: una rete di persone con ruoli distinti, vedette per eludere i controlli, nascondigli e feritoie per lo scambio droga-denaro. Tali elementi indicavano una professionalità e un’offensività incompatibili con la lieve entità.

L’accoglimento del motivo sulla pena illegale

Il cuore della sentenza risiede nell’accoglimento del secondo motivo. La Cassazione ha confermato che la sentenza impugnata era viziata perché il giudice aveva determinato la pena partendo da una ‘cornice edittale’ (minimo 8 anni) successivamente dichiarata incostituzionale.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che la determinazione della pena è un’operazione complessa in cui il giudice esercita la propria discrezionalità all’interno dei limiti fissati dal legislatore. Se questi limiti vengono modificati perché incostituzionali, l’intero processo di commisurazione della pena risulta viziato alla radice. Non è sufficiente che la pena concretamente inflitta (quattro anni) sia inferiore al nuovo minimo legale (sei anni, che diventano quattro con le attenuanti). Il punto è che il potere discrezionale del giudice è stato esercitato partendo da un presupposto normativo errato. Citando un precedente delle Sezioni Unite (sent. ‘Jazouli’ n. 33040/2015), la Corte ha stabilito che la pena è ‘illegale’ quando si basa su una norma dichiarata incostituzionale. Di conseguenza, il giudice del rinvio dovrà procedere a una nuova valutazione, calibrando la sanzione sulla base della cornice edittale corretta (da sei anni in su), garantendo così che la discrezionalità giudiziale sia esercitata su basi legittime.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza limitatamente alla quantificazione della pena, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello di Roma per la rideterminazione. Ha invece dichiarato irrevocabile l’accertamento della responsabilità penale degli imputati. Questa pronuncia ribadisce un principio di garanzia fondamentale: la pena deve essere non solo giusta nel suo ammontare finale, ma anche ‘legale’ nel procedimento con cui viene determinata. Una modifica della legge di riferimento da parte della Corte Costituzionale impone sempre una nuova valutazione da parte del giudice di merito.

Quando una pena può essere considerata ‘illegale’?
Una pena è considerata ‘illegale’ quando il giudice la determina basandosi su una cornice di pena (minima e massima) prevista da una legge che, in un momento successivo, viene dichiarata incostituzionale. Questo vizio sussiste anche se la pena concretamente inflitta rientra nei nuovi limiti, perché il potere discrezionale del giudice è stato esercitato su una base normativa errata.

Perché la Cassazione ha negato la qualifica di ‘fatto di lieve entità’ allo spaccio?
Perché, oltre alla quantità non trascurabile di droga, le modalità dello spaccio erano particolarmente organizzate e complesse. La presenza di più persone con ruoli distinti, vedette, nascondigli e l’uso di feritoie per lo scambio indicavano un’offensività e una capacità criminale incompatibili con la definizione di ‘lieve entità’, per la cui esclusione è sufficiente anche un solo indice di gravità.

Cosa succede dopo l’annullamento della sentenza per pena illegale?
La sentenza viene annullata solo per quanto riguarda la determinazione della pena. Il caso torna alla Corte d’Appello, che dovrà ricalcolare la sanzione usando la cornice edittale corretta (in questo caso, con un minimo di 6 anni invece di 8). La dichiarazione di colpevolezza, invece, diventa definitiva e non può più essere messa in discussione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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