Pena espiata sine titulo e reato permanente: la Cassazione fissa i paletti
L’istituto della pena espiata sine titulo rappresenta un fondamentale principio di giustizia, volto a garantire che nessuno sconti un giorno di detenzione in più del dovuto. Tuttavia, la sua applicazione può presentare complesse questioni giuridiche, specialmente quando si interseca con la natura dei reati commessi. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un’importante precisazione sui limiti di questo beneficio in relazione ai reati permanenti, come quelli associativi.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso di un condannato avverso un’ordinanza della Corte di Appello. Quest’ultima aveva respinto la sua richiesta di ricalcolare un ordine di esecuzione pena. In sostanza, a seguito del riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati, era emerso che il soggetto aveva scontato una frazione di pena sine titulo, ovvero senza un valido fondamento giuridico.
Il problema, tuttavia, risiedeva nella tempistica: la porzione di detenzione indebita era stata sofferta prima che cessasse la permanenza del reato più grave per cui era stato condannato, un reato di tipo associativo. La Corte di Appello aveva quindi applicato il limite previsto dall’art. 657, comma 4, del codice di procedura penale, negando la possibilità di detrarre quel periodo dalla pena residua.
La Decisione della Cassazione sulla pena espiata sine titulo
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno confermato la piena correttezza giuridica della decisione della Corte di Appello, ribadendo un principio di diritto già consolidato in giurisprudenza.
La Suprema Corte ha sottolineato che la decisione impugnata ha fatto una corretta applicazione dei principi enunciati in precedenti pronunce. Il fulcro della questione non è se vi sia stata una detenzione sine titulo, ma se questa possa essere ‘recuperata’ in un contesto di reato permanente.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte si basa su una logica giuridica precisa. L’istituto della pena espiata sine titulo non può trovare applicazione per i reati permanenti quando la permanenza della condotta criminosa è cessata dopo il periodo di detenzione sofferto senza titolo. Nel caso di specie, il reato associativo era ancora in corso mentre il condannato scontava la frazione di pena poi risultata indebita. Di conseguenza, quella detenzione non può essere scomputata dalla pena relativa a un reato che, in quel momento, si stava ancora consumando.
Questa interpretazione mira a evitare che il beneficio della detrazione possa essere applicato a periodi in cui l’attività criminale era ancora attiva, creando una distorsione nel sistema sanzionatorio. La cessazione della permanenza del reato diventa, quindi, il momento temporale dirimente per valutare l’applicabilità dell’istituto.
Conclusioni
La pronuncia della Cassazione riafferma un principio cruciale nell’esecuzione penale: la natura del reato incide profondamente sulla gestione della pena. Per i reati permanenti, il momento in cui la condotta illecita cessa è determinante per l’applicazione di benefici come quello della detrazione per pena espiata sine titulo. La decisione consolida un orientamento che lega strettamente il calcolo della pena alla cronologia dei fatti, garantendo coerenza e rigore nell’applicazione della legge. Per il ricorrente, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo il rigetto delle sue istanze, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando non si applica il principio della pena espiata senza titolo?
Secondo la sentenza, questo principio non è applicabile ai reati permanenti quando la frazione di pena scontata senza titolo è stata sofferta in un periodo precedente alla cessazione della condotta criminosa permanente.
Perché la data di cessazione di un reato permanente è così importante in questi casi?
La data di cessazione è cruciale perché segna il momento in cui il reato si considera concluso. Se la detenzione senza titolo avviene mentre il reato è ancora in corso, essa non può essere detratta dalla pena relativa a quel reato, poiché la condotta illecita era ancora attiva in quel periodo.
Qual è stata la conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5611 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5611 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 17/03/1956
avverso l’ordinanza del 29/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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IN FATTO E IN DIRITTO
Con ordinanza emessa in data 29 marzo 2023 (dep. il 18 settembre 2024) la Corte di Appello di Catania, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto domanda introdotta da COGNOME COGNOME tesa ad ottenere la rivalutazione del contenuto di un ordine di esecuzione emesso dal Procuratore Generale in data 22 marzo 2021. In particolare si evidenzia che la frazione di pena scontat sine titulo (in ragione del riconoscimento della continuazione avvenuto con ordinanza del 3 giugno 2020) risulta essere antecedente alla cessazione dell permanenza del reato associativo, accertato con la decisione relativa al rea più grave. Opera, pertanto, il limite di cui all’art.657 comma 4 cod.proc.pe
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione – nelle forme di legge –COGNOME NOME deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla ritenuta applicabilità dell’art.657 comma cod.proc.pen.
E’ stata depositata memoria difensiva con cui si insiste per la ammissibil del ricorso.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi manifestamente infondati.
Ed invero, la decisione impugnata fa corretta applicazione dei principi di diritto volte enunciati da questa Corte di legittimità (v. Sez. I n. 6072 del 24.5.201 272102) secondo cui l’istituto delle pene espiate senza titolo non è applicabil reati permanenti quando (come nel caso di specie) la permanenza sia cessata dopo la frazione di espiazione senza titolo.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilit al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. pro pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente