Pena Detentiva e Misure Alternative: La Decisione della Cassazione
L’accesso alle misure alternative alla detenzione, come la detenzione domiciliare, è subordinato a precisi limiti di pena. Ma come si calcola la pena detentiva residua quando un condannato deve scontare pene di diversa natura, come la reclusione e l’arresto? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto cruciale, stabilendo un principio fondamentale per il calcolo corretto.
Il Caso: Richiesta di Detenzione Domiciliare e il Calcolo della Pena
Un condannato si è rivolto alla Corte di Cassazione dopo che il Tribunale di Sorveglianza aveva dichiarato inammissibile la sua richiesta di detenzione domiciliare. Il Tribunale, pur concedendo la semilibertà, aveva ritenuto che la pena da scontare (due anni, un mese e cinque giorni di reclusione e quattro mesi di arresto) superasse il limite massimo previsto dalla legge per la detenzione domiciliare.
Il ricorrente, tramite il suo difensore, ha sostenuto che il Tribunale avesse commesso un errore. Infatti, la Procura della Repubblica competente aveva ricalcolato la pena residua, a seguito di un periodo di custodia cautelare sofferto senza titolo, riducendola a un anno, otto mesi e cinque giorni di reclusione e quattro mesi di arresto. Secondo il ricorrente, tale pena rientrava nei limiti di legge.
Il concetto di Pena Detentiva e il suo calcolo
La Corte di Cassazione, pur riconoscendo l’errore materiale nel calcolo effettuato in prima istanza dal Tribunale di Sorveglianza, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione del termine pena detentiva, così come utilizzato dall’articolo 47-ter, comma 1-bis, dell’Ordinamento Penitenziario.
I giudici hanno chiarito che la norma, per stabilire il limite di due anni per l’accesso alla detenzione domiciliare, non fa riferimento alla sola pena della reclusione, ma a una generica ‘pena detentiva’. Questo significa che, ai fini del calcolo, devono essere sommate tutte le pene che privano della libertà personale, includendo quindi sia la reclusione sia l’arresto.
L’Errore di Calcolo e l’Irrilevanza ai Fini della Decisione
Applicando questo principio, la Corte ha proceduto a sommare la pena residua correttamente calcolata dalla Procura: un anno, otto mesi e cinque giorni di reclusione più quattro mesi di arresto. Il totale ammonta a due anni e cinque giorni. Questa durata, seppur di poco, supera il limite massimo di due anni stabilito dalla legge per la concessione della detenzione domiciliare.
Di conseguenza, la violazione di legge lamentata dal ricorrente è stata ritenuta ‘manifestamente inesistente’. Sebbene il Tribunale di Sorveglianza fosse partito da un presupposto numerico errato, la sua conclusione – ovvero l’inammissibilità della richiesta di detenzione domiciliare – era giuridicamente corretta. La decisione finale non sarebbe cambiata neppure utilizzando il calcolo corretto.
Le motivazioni
La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione letterale e sistematica della norma. L’articolo 47-ter dell’Ordinamento Penitenziario utilizza specificamente il termine ‘pena detentiva’ per il limite di ammissibilità della misura, a differenza di altri commi che si riferiscono esplicitamente alla sola ‘reclusione’. Questa scelta legislativa indica la volontà di includere nel computo ogni tipo di pena che comporti la privazione della libertà. Sommare reclusione e arresto è quindi l’unica interpretazione corretta per determinare se un condannato rientri o meno nel limite dei due anni. La decisione del Tribunale, sebbene basata su una quantificazione errata, ha raggiunto un risultato conforme alla legge, rendendo il ricorso privo di fondamento.
Le conclusioni
La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel valutare l’ammissibilità della detenzione domiciliare, è necessario sommare tutte le pene detentive, senza distinzione tra reclusione e arresto. Anche un errore di calcolo da parte del giudice di merito non invalida la decisione se il risultato finale, basato sul calcolo corretto, rimane giuridicamente fondato.
Ai fini della concessione della detenzione domiciliare, come si calcola la ‘pena detentiva’ totale?
La ‘pena detentiva’ si calcola sommando tutte le pene che privano della libertà personale. Secondo la Corte, è necessario cumulare sia la pena della reclusione sia quella dell’arresto per verificare il rispetto del limite massimo di due anni previsto dalla legge.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile nonostante il Tribunale di Sorveglianza avesse sbagliato il calcolo della pena residua?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, anche utilizzando il calcolo corretto della pena residua (un anno, otto mesi, cinque giorni di reclusione più quattro mesi di arresto), la somma totale superava comunque il limite di due anni. Pertanto, la decisione del Tribunale di negare la detenzione domiciliare era giuridicamente corretta nel suo esito finale, rendendo la presunta violazione di legge ‘manifestamente inesistente’.
Cosa succede quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile e si ritiene che sia stato proposto senza la necessaria diligenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver attivato inutilmente il sistema giudiziario.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9081 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9081 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BISCEGLIE il 21/10/1981
avverso l’ordinanza del 01/10/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di Bari
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO –
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 01 ottobre 2024 con cui il Tribunale di sorveglianza di Bari gli ha concesso la misura alternativa della semilibertà per l’espiazione di una pena, nell’atto indicata come pari a due anni, un mese e cinque giorni di reclusione e a quattro mesi di arresto, ha dichiarato inammissibile la misura alternativa della detenzione domiciliare, e ha respinto la richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, per avere il ricorrente dimostrato l’incapacità di affrontare la propria condizione di dipendenza e per la sua pericolosità sociale, deducibile dai precedenti penali e dai procedimenti pendenti per gravi delitti commessi in tempi recenti;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e la illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata, avendo il Tribunale di sorveglianza dichiarato l’inammissibilità della richiesta di detenzione domiciliare perché la pena da espiare superava il limite stabilito dall’art. 47 – ter, comma 1 -bis, Ord. pen., senza tenere conto del decreto emesso in data 27/09/2024 dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani che, all’esito di un giudizio di fungibilità di un periodo di custodia cautelare sofferta senza titolo, ricalcolava detta pena in un anno, otto mesi e cinque giorni di reclusione e quattro mesi di arresto;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile perché, pur segnalando correttamente la presenza di un errore nell’indicazione della pena ancora da espiare, deduce una violazione di legge manifestamente inesistente, dal momento che la pena detentiva da espiare, come determinata nel provvedimento di esecuzione emesso dal pubblico ministero in data 27/09/2024, supera il limite di due anni, dovendo tenersi conto non solo della pena della reclusione ma anche di quella dell’arresto dal momento che l’art. 47 -ter, comma 1 – bis, Ord. pen. fa riferimento non alla pena della reclusione, come ai commi precedenti, ma ad una «pena detentiva» non superiore a due anni;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, non sussistendo l’indicato vizio dell’ordinanza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibile la richiesta di concessione della detenzione domiciliare, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza
versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente